“Proseguite per questa galleria romana”. Cosa sono quei fori trovati ora? Come funzionavano? Il servizio era gratuito? Chi pagava? Rispondono gli archeologi

Hanno aperto qui, durante lavori stradali. Si può scendere. Suscita sempre sorpresa e incanto quando una torcia mostra il ventre di una città romana. L’approccio tecnologico era avanzato. Le cognizioni tecniche applicate erano sorprendenti. Ma tutto doveva procedere perfettamente. Così, mentre osserviamo questo luogo, pensiamo che la fragilità di un sistema sta, paradossalmente, nella sua potenza organizzativa. Elementi di disgregazione dell’organizzazione umana possono portare all’azzeramento.

Nel contesto di un progetto di ammodernamento della rete stradale e infrastrutturale, gli archeologi dell’Institut national de recherches archéologiques préventives (Inrap) stanno lavorando nel cuore storico di Limoges, presso la rue du Pont Saint-Martial, l’impasse des Teinturiers e place Blanqui. Questo progetto ha permesso di approfondire la conoscenza del quartiere, evidenziando i cambiamenti avvenuti nel tempo a partire dall’Antichità. La rue du Pont Saint-Martial, che segue per 275 metri il tracciato dell’antico cardo maximus della città romana di Augustoritum, si è rivelata un’importante finestra di studio per l’evoluzione urbana di questa area.

Fondata dai Romani nel I secolo a.C., Augustoritum deve il suo nome al termine gallico ritu, che significa “guado”, e a un omaggio all’imperatore Augusto. Situata lungo la Vienne, la città divenne un nodo cruciale di comunicazione e commercio nella provincia della Gallia Aquitanica. La sua rete stradale era strutturata attorno al cardo maximus e al decumanus maximus, mentre le infrastrutture idriche, come l’acquedotto recentemente studiato, garantivano il rifornimento alle abitazioni e agli edifici pubblici.

Galleria dell’acquedotto romano di Pont Saint-Martial a Limoges © A. Belleli, Inrap

La domus delle “Nones di Marte”

Tra i ritrovamenti principali figura la monumentale domus delle “Nones di Marte”, costruita lungo il cardo maximus. Questa dimora, con un’estensione di oltre 3.783 m² e almeno 28 stanze, presenta un ampio peristilio ornato da un bacino centrale e un portico che circonda un viridarium. Scavi precedenti, condotti nel 1982 durante i lavori di ristrutturazione del Centro di selezione militare, avevano permesso di analizzarne la parte orientale. Ora, nuovi ritrovamenti compiuti dall’Inrap arricchiscono la comprensione dell’intero complesso. Le Nones di Marte fanno riferimento a un giorno specifico nel calendario romano, che si usava per indicare le date. Nel sistema romano, ogni mese era suddiviso in tre momenti principali: Calende, None e Idi. Le None cadevano generalmente il 5º o il 7º giorno del mese, a seconda della durata di quest’ultimo. Nel mese di Marzo, le None cadevano il 7º giorno.

La domus non è l’unico elemento significativo di questa zona della città: il quartiere ospitava infatti diverse strutture pubbliche monumentali, come un teatro, un foro e altre residenze aristocratiche. Queste scoperte sottolineano la centralità del quartiere, situato in prossimità del ponte sulla Vienne.

L’aquedotto romano: un reticolo sotterraneo

Un altro protagonista di questa indagine è l’acquedotto romano, noto già in passato ma ora osservato con maggiore dettaglio lungo la parte inferiore della rue du Pont Saint-Martial. La sua presenza è attestata in documenti storici, come una mappa della città del 1883, e i recenti lavori hanno rivelato numerosi pozzi di aerazione. Questi ritrovamenti hanno ampliato la comprensione del complesso sistema idrico sotterraneo che alimentava la città.

Funzionamento di un acquedotto romano

Gli acquedotti romani erano opere ingegneristiche straordinarie progettate per trasportare l’acqua da sorgenti naturali, spesso situate a chilometri di distanza, fino alle città, garantendo un flusso costante grazie alla gravità. Questi sistemi sfruttavano pendenze minime e regolari, ponti, gallerie e sifoni per superare ostacoli naturali.


Elementi chiave di un acquedotto

  1. Sorgente e captazione
    L’acqua veniva prelevata da sorgenti, fiumi o laghi attraverso opere di captazione come bacini e cisterne, progettate per filtrare impurità e mantenere il flusso costante.
  2. Condotte principali (specus)
    L’acqua scorreva in canali (spesso sotterranei per proteggerli) costruiti in pietra, calcestruzzo o terracotta. I canali potevano essere:
    • Sotterranei, per protezione e isolamento termico.
    • Elevati su arcate, come nel caso del Pont du Gard, per superare valli e depressioni.
    • Sifoni inversi, per attraversare vallate senza dover costruire ponti molto alti.
  3. Pozzetti di aerazione e ispezione
    • Pozzetti di aerazione: collocati lungo le tratte sotterranee, servivano a ventilare il sistema e a prevenire il ristagno dell’acqua, ma in particolar modo erano fondamentali perché consentivano la circolazione del liquido e permettevano di equalizzare la pressione.
    • Pozzetti d’ispezione: aperture periodiche che consentivano ai tecnici di accedere alle condotte per manutenzione o pulizia.
  4. Serbatoi e distribuzione
    Dall’acquedotto principale l’acqua arrivava a grandi serbatoi centrali (castella aquae) situati nei punti alti della città. Da lì, l’acqua veniva distribuita attraverso una rete di tubazioni a:
    • Fontane pubbliche.
    • Edifici privati (domus).
    • Stabilimenti pubblici, come terme e latrine.

Distribuzione dell’acqua nelle case

  1. Tubi di piombo (fistulae)
    L’acqua veniva convogliata attraverso tubi di piombo (fistulae), un materiale malleabile e durevole. I tubi potevano essere collegati alle abitazioni private per fornire acqua corrente.
  2. Rubinetti e valvole
    • I romani svilupparono rubinetti in bronzo per controllare il flusso d’acqua.
    • Le valvole a vite e a leva regolavano l’erogazione in base alla pressione del flusso.
  3. Cisterna domestica
    Ogni domus benestante disponeva spesso di una cisterna privata, che serviva da serbatoio d’acqua in caso di interruzioni nel servizio.
  4. Utilizzo dell’acqua
    • Bagni privati: le case più ricche avevano stanze con vasche e bagni alimentati dall’acquedotto.
    • Fontane domestiche: installate nei peristili o nei giardini, erano segno di lusso.
    • Latrine private: alcune domus disponevano di sistemi di scarico collegati alle fognature.

Innovazioni e manutenzione

I romani erano consapevoli dell’importanza della manutenzione:

  • Le condotte venivano pulite regolarmente per evitare incrostazioni di calcare.
  • I pozzetti d’ispezione erano facilmente accessibili per le squadre di operai specializzati.
  • La legge romana regolava l’uso dell’acqua pubblica e privata, vietando gli allacciamenti abusivi.

Impatto sociale e culturale

Gli acquedotti romani non solo garantivano igiene e benessere, ma erano anche simboli di potere e civilizzazione. L’efficienza del sistema permetteva a città come Roma di sostenere centinaia di migliaia di abitanti, rendendo l’acqua accessibile sia ai ricchi che alla popolazione comune attraverso fontane e bagni pubblici.

Sì, nell’antica Roma l’acqua degli acquedotti poteva essere pagata dai privati, ma con modalità che riflettevano la complessità sociale ed economica dell’epoca.


Distribuzione gratuita per uso pubblico

  • Fontane e fonti pubbliche: L’acqua era considerata un bene pubblico essenziale e veniva fornita gratuitamente alla popolazione attraverso fontane pubbliche (lacus), terme e latrine. Questo servizio era finanziato dallo Stato e faceva parte del welfare urbano dell’Impero.
  • Le grandi opere idrauliche erano spesso costruite e mantenute grazie ai fondi pubblici o alle donazioni di benefattori, come gli imperatori o le élite locali, che guadagnavano prestigio per il loro contributo al benessere civico.

Pagamento per gli usi privati

L’uso privato dell’acqua, ad esempio per alimentare una domus, una villa o un’industria (come tintorie, mulini o bagni privati), era soggetto a pagamento. Ecco come funzionava:

  1. Permessi ufficiali (concessio aquae)
    I privati dovevano ottenere un permesso dall’amministrazione romana per collegarsi alla rete idrica pubblica. Questo permesso era spesso rilasciato dietro pagamento di una tassa.
  2. Tassa di concessione
    La tassa variava in base:
    • Alla quantità di acqua richiesta.
    • Alla posizione geografica dell’immobile.
    • Alla destinazione d’uso (domestica o industriale).
  3. Controllo e gestione
    • L’erogazione era regolata da fistulae (tubi di piombo) di diversa larghezza, che determinavano la quantità d’acqua fornita.
    • I curatores aquarum (amministratori dell’acqua) controllavano gli allacciamenti e combattevano gli usi illeciti, come i prelievi abusivi o i collegamenti non autorizzati.

Evasione e furti d’acqua

L’uso illegale dell’acqua era diffuso. Alcuni privati, soprattutto ricchi, effettuavano collegamenti abusivi alla rete idrica per evitare le tasse. Questi comportamenti erano puniti severamente dalla legge romana.


Esclusività e lusso dell’acqua privata

  • Avere un collegamento privato all’acquedotto era un segno di prestigio riservato alle classi più abbienti.
  • Le case più lussuose disponevano di fontane decorative, piscine e bagni privati alimentati dall’acqua pubblica, il cui costo era sostenuto dai proprietari.

Conclusione

L’acqua era quindi gratuita per gli usi pubblici, ma diventava un bene pagato per scopi privati. Questo sistema rifletteva l’efficienza dell’amministrazione romana, che garantiva l’accesso universale all’acqua pubblica e, al contempo, permetteva a chi poteva permetterselo di godere di servizi esclusivi a pagamento.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa