Quella ristrutturazione bloccata dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. Trovati materiali pronti da 2000 anni e appunti sullo stipite

"Nella casa IX, 10, 1 fervevano i lavori di ristrutturazione, in un angolo nell’atrio sono state ritrovate circa 300 tegole e vicino blocchetti di tufo utilizzati per riparare i danni del terremoto avvenuto negli anni precedenti - scrive il Parco archeologico di Pompei - Particolarmente interessanti sono i tanti numeri, parte incisi, parte a carboncino, tracciati sullo stipite accanto ai ritrovamenti, probabili conteggi del materiale o delle giornate di lavoro da parte delle maestranze".

“Nella casa IX, 10, 1 fervevano i lavori di ristrutturazione, in un angolo nell’atrio sono state ritrovate circa 300 tegole e vicino blocchetti di tufo utilizzati per riparare i danni del terremoto avvenuto negli anni precedenti – scrive il Parco archeologico di Pompei – Particolarmente interessanti sono i tanti numeri, parte incisi, parte a carboncino, tracciati sullo stipite accanto ai ritrovamenti, probabili conteggi del materiale o delle giornate di lavoro da parte delle maestranze”.

Lo stipite della porta, utilizzato come canovaccio del cantiere di ristrutturazione del 79 d. C. @ Parco archeologico di Pompei

Furono più di 70 i terremoti che interessarono la zona di Pompei, nel I secolo. Il sisma più dirompente si verificò il 5 febbraio 62, con il suo epicentro nella regione vesuviana, precisamente a Stabia, con una magnitudo stimata tra il V e il VI grado sulla scala Mercalli. Lucio Anneo Seneca descrisse anche l’evento, che causò notevoli danni a Pompei, Ercolano e Stabia. Questo sisma e i successivi movimenti della terra provocarono diversi danni a Pompei. Quando avvenne l’eruzione – nel 79 d.C. – erano ancora aperti diversi cantieri per restauri o ristrutturazioni, disposte in seguito a quegli eventi che sollecitarono anche interventi di rinnovamento edilizio.

Tegole del I secolo che erano pronte per l’installazione @ Parco archeologico di Pompei
Tegole romane e blocchetti coevi di tufo nel cantiere @ Parco archeologico di Pompei

Ma torniamo all’evento del 5 febbraio 62. Il terremoto ebbe il suo epicentro all’interno di una faglia sul versante meridionale del Vesuvio, nelle vicinanze della zona stabiana. Sebbene si sia ipotizzato un collegamento con la futura eruzione del Vesuvio del 79, questa supposizione non è mai stata confermata. La sua intensità fu valutata tra il V e il VI grado sulla scala Mercalli, verificandosi a una profondità di circa sei o sette chilometri. Scosse di assestamento si verificarono nei giorni successivi. Le città maggiormente danneggiate furono naturalmente quelle vicine all’epicentro, ovvero Pompei, Ercolano e Stabia, ma si registrarono danni anche a Napoli e Nocera. Gli scavi archeologici testimoniano numerosi crolli, tanto che al momento dell’eruzione del 79, vari edifici erano ancora inabitati o in fase di ristrutturazione, presentando segni di recenti interventi. Ad esempio, nella casa di Lucio Cecilio Giocondo furono ritrovati bassorilievi raffiguranti il Foro, Porta Vesuvio e il tempio di Giove, danneggiati durante il terremoto. Lucio Anneo Seneca menzionò il terremoto del 62 nel sesto libro delle Naturales quaestiones, dedicato agli eventi sismici:

“Ho appreso, eccellente Lucilio, che Pompei, la folla città della Campania situata tra le coste di Sorrento, Stabia, Ercolano e abbracciata da un golfo che si ritira dal mare, crollò a causa di un terremoto che causò danni nell’intera zona circostante… devastando la Campania con considerevoli rovine, mai al riparo da simili calamità, sebbene spesso minacciata. Nel libro si parla della morte di un gregge di seicento pecore a causa di gas asfissianti, mentre poco o nulla si sa sulle possibili vittime umane.”

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Maurizio Bernardelli Curuz
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