Sicilia. Recuperato a 80 metri un altro rostro della battaglia delle Egadi affondato nel 241 a.C. Come funzionava

ANTICA ROMA – SICILIA – Il mare che bagna le isole Egadi, un tempo scenario di una delle battaglie più decisive della storia antica, continua a svelare i suoi tesori sommersi.

In queste ore, nel corso di una campagna di ricerche subacquee coordinata dalla Soprintendenza del mare, è stato recuperato un altro importante reperto archeologico: un rostro in bronzo, che giaceva sul fondo del mare a una profondità di circa 80 metri. Questo ritrovamento, avvenuto nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana, arricchisce ulteriormente il patrimonio storico legato alla Battaglia delle Egadi, combattuta nel 241 a.C. durante la Prima Guerra Punica.

L’arcipelago delle Egadi dista circa 7 chilometri dalla costa siciliana.

Nel 241 a. C., nella battaglia finale della quale, in fondo al mare, sono rimasti importanti vestigia, le navi romane, al comando di Gaio Lutazio Catulo, sbaragliarono la flotta cartaginese.

Il recupero del rostro è stato possibile grazie all’intervento dei subacquei altofondalisti della Society for Documentation of Submerged Sites (Sdss), che si sono avvalsi del supporto della nave oceanografica “Hercules”. Questa nave, dotata di strumentazioni avanzate, ha già contribuito negli anni passati alla scoperta e al recupero di numerosi altri reperti legati a questo cruciale evento storico. Il rostro, appena recuperato, è stato trasferito presso il laboratorio di primo intervento situato nell’ex Stabilimento Florio di Favignana, dove è attualmente sottoposto alle analisi degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Il rostro e le sue caratteristiche

Il rostro appena recuperato presenta delle caratteristiche che lo rendono simile agli altri trovati in precedenza. Nella parte anteriore, si può osservare una decorazione in rilievo raffigurante un elmo del tipo Montefortino, ornato nella parte superiore con tre piume.

L’elmo di Montefortino era un elmo militare di origine celtica, adottato successivamente dai romani, in uso dal 300 a.C. al I secolo a.C. Prende il nome dalla località di Montefortino, nelle Marche, dove fu rinvenuto in una tomba celtica. Questo elmo subì continue modifiche nel tempo, ma ricorda vagamente il casco utilizzato oggi in equitazione. L’arma sarebbe pertanto romana.

Tuttavia, a causa delle numerose concrezioni marine che ricoprono il rostro, non è ancora possibile verificare la presenza di eventuali iscrizioni.

Le ricerche subacquee in quest’area sono state condotte per circa vent’anni da un team formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla RPM Nautical Foundation degli Stati Uniti e dalla Sdss, unendo competenze e tecnologie all’avanguardia per svelare i segreti nascosti nelle profondità marine.

Con questo ultimo ritrovamento, il numero totale di rostri recuperati dai primi anni Duemila sale a 27. Questi rostri, micidiali armi di distruzione, erano montati sulla prua delle navi da guerra e utilizzati per speronare e affondare le imbarcazioni nemiche. Oltre ai rostri, nelle acque attorno alle Egadi sono stati rinvenuti anche altri reperti di grande valore storico, tra cui circa 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, due spade, alcune monete e un notevole numero di anfore. Questi ritrovamenti confermano l’importanza strategica e storica della Battaglia delle Egadi, che segnò la fine della Prima Guerra Punica e la definitiva sconfitta di Cartagine ad opera della Repubblica Romana.

Le Isole Egadi: un patrimonio storico e naturale

Le isole Egadi, situate al largo della costa occidentale della Sicilia, sono un piccolo arcipelago composto principalmente da tre isole: Favignana, Levanzo e Marettimo. Queste isole non sono solo celebri per le loro bellezze naturali, ma anche per il loro ricco patrimonio storico e archeologico. La loro posizione strategica nel Mar Mediterraneo le ha rese, nel corso dei secoli, teatro di importanti eventi storici, tra cui la celebre Battaglia delle Egadi. Quest’ultima, combattuta nelle acque a nord-ovest di Levanzo il 10 marzo del 241 a.C., fu lo scontro decisivo che pose fine alla Prima Guerra Punica, decretando la vittoria di Roma su Cartagine.

Le acque circostanti queste isole, oggi parte di una riserva naturale marina, continuano a restituire testimonianze di quell’epoca lontana, arricchendo il patrimonio culturale e storico dell’intera area. La riserva marina delle Egadi, infatti, non solo tutela un ecosistema unico, ma è anche un’importante area di studio per archeologi e storici, che grazie alle moderne tecnologie possono esplorare e studiare i fondali marini alla ricerca di antichi reperti.

Origine del nome e scopo del rostro

Un nome aggressivo, condiviso con il becco dei rapaci. Questo nome, per analogie di forma applicato a diversi oggetti, venne dato anche a quello sperone che si trovava sulla prora delle antiche navi da guerra e che serviva per allontanare o perforare e sventrare le navi nemiche.

Struttura della nave e adattamento al montaggio

Tutta la parte anteriore della nave (ruota di prua, chiglia, ecc.), nella sua costruzione, veniva subordinata alla necessità di portare questa potente arma offensiva. La costruzione prevedeva notevoli rinforzi, nel punto di collocazione di questa arma per evitare che, nello scontro, esso rinculasse, danneggiando la nave su cui era montato.

Composizione e funzione dell’ordigno

Il rostro di bronzo non era isolato, ma spesso era accompagnato da altri due di minori dimensioni: il primo doveva produrre nella nave avversaria lo squarcio che le punte minori avrebbero poi ingrandito. Esso non solo arrecava danni irreparabili all’imbarcazione colpita, ma consentiva di appaiare le navi per disporre ai soldati di effettuare un rapido assalto, saltando sull’imbarcazione nemica. L’ordigno “saldava” temporaneamente le due navi consentendo arrembaggi senza difficoltà insite nel beccheggio e nel rollio di due legni appaiati.

La testa di cinghiale

Lo sperone maggiore assumeva talvolta la forma di una testa di cinghiale, mentre il gruppo dei tre speroni, veduto di profilo, aveva quasi l’aspetto di un tridente.

Il rostro agiva sopra il pelo dell’acqua, ma poteva anche funzionare sott’acqua se si caricava in special modo la prua.

Rischi nell’uso

L’uso di quest’arma non era scevro di pericoli, ché talora, incuneandosi nella nave avversaria, l’ordigno poteva danneggiare seriamente anche quella che lo portava. Avvenuto l’assalto, la fiancata della nave veniva presa a mazzate per consentire la liberazione dell'”artiglio” e la ripresa della navigazione.

Diffusione e simbolismo dell’arma

Fu in uso così nella marina greca, come in quella italica. Sovente esso fu considerato un trofeo navale, e infatti, come bottino di guerra, i rostri delle navi prese agli Anziati dai Romani furono applicati al suggesto da cui parlavano gli oratori nel Comizio, e che da essi ebbe infatti il nome.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa