Scoperta tomba di un guerriero del VII secolo. Fu sepolto con cavallo, spada, armatura, arco e frecce. Chi era quell’uomo

Gli archeologi hanno isolato la tomba e prelevato l'intero blocco del terreno in cui il guerriero fu sepolto per procedere a un accurato e scavo chirurgico in laboratorio

Scoperte archeologiche

di Redazione
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Ebes, 03 febbraio 2024 – Una sontuosa tomba di un guerriero àvaro, sepolto sotto il proprio cavallo e dotato di un corredo composto da un’armatura lamellare, una lunga spada, arco e frecce, è stata trovata dagli archeologi ungheresi durante alcuni lavori nei pressi della città di Ebes, un Comune di circa 5mila abitanti, situato nell’Ungheria orientale.

Il ritrovamento della tomba è stato presentato nelle ore scorse dagli archeologi del Déri Múzeum di Derecske – cittadina capoluogo di distretto – alla presenza del sindaco di quest’ultima. Il guerriero, secondo una prima valutazione dei materiali e delle modalità di sepoltura, sarebbe vissuto nella prima metà del VII secolo d. C. Gli archeologi hanno isolato la tomba e prelevato l’intero blocco del terreno in cui il guerriero fu sepolto per procedere a un accurato e scavo chirurgico in laboratorio.

Il terreno in cui era posta la tomba è stato prelevato in blocco e inserito in una cassa di legno @ Foto Dèri Muzéum

Chi erano gli Àvari? Furono un’alleanza di gruppi nomadi eurasiatici le cui origini rimangono oscure, attivi durante la Tarda Antichità e l’Alto Medioevo. Sono noti principalmente per le loro incursioni e le devastazioni causate nelle guerre con i bizantini, avvenute tra il 568 e il 626. Le analisi del Dna compiute su alcune tombe avare hanno consentito di stabilire che le persone sepolte – dotate di occhi e di capelli scuri – avessero probabilmente origini turco-mongole. Si può ritenere che queste popolazioni avessero, come i longobardi, formato un’élite guerriera che consentiva sia la conquista di nuovi territori che il servizio a pagamento per altri popoli. Ciò grazie, soprattutto, all’abilità nell’uso del cavallo e all’uso della staffa d’equitazione, inventata in India attorno al II secolo d.C. (forse anche prima) e introdotta in Europa, appunto, degli Avari, il popolo della steppa che occupò l’attuale Ungheria al tempo in cui essa fu abbandonata dai Longobardi. La staffa consentiva di migliorare le performance dei cavalli e la stabilità del cavaliere, offrendogli un appoggio per cavalcare in piedi e un punto di appoggio, in tensione, per il corpo che consentiva il miglioramento della precisione nel tiro delle frecce e il combattimento con la spada.

 

In sintesi si può affermare che queste popolazioni nomadi acquistarono potenza in seguito alla disgregazione dell’Impero romano e, successivamente a devastanti conquiste, divennero stabili. Per governare, gli Avari stabilirono un khaganato che abbracciava il bacino carpatico e vaste porzioni di Europa centrale e orientale, comprese Ungheria, Austria, Cechia, Slovacchia, Slovenia interna, parti di Polonia, Romania, Moldavia, Croazia interna, Serbia, Bosnia-Erzegovina interna e Bulgaria. Benché i primi riferimenti agli Avari risalgano alla metà del V secolo, quelli insediatisi in Pannonia e Dacia entrarono nel panorama storico solo nella metà del VI secolo, fuggendo dalle steppe pontico-caspiche sotto il dominio dei Göktürk. Secondo fonti contemporanee, gli Avari costituirono una classe dominante ma numericamente limitata nei loro domini. Dopo un periodo di crisi, le campagne di conquista dell’impero carolingio contro gli Avari portarono alla definitiva sconfitta del loro khaganato negli anni ‘790, causando la perdita del potere politico all’inizio dell’IX secolo e, poco dopo, della loro identità culturale.

Gli studiosi propongono che esistesse una società avara altamente strutturata e gerarchica, con interazioni complesse con altri gruppi “barbari”. Il khagan era la figura fondamentale, circondato da una ristretta cerchia aristocratica nomade. Le sepolture eccezionalmente ricche ritrovate confermano che il potere era limitato ai khagan e a una classe affiatata di “guerrieri d’élite” Oltre ai cumuli di monete d’oro che accompagnavano le sepolture, gli uomini venivano spesso sepolti con simboli che mostrassero il rango raggiunto in vita, ad esempio grazie a cinture decorate, armi, staffe simili a quelle trovate in Asia centrale, nonché al loro cavallo, come è avvenuto per il guerriero recentemente trovato in Ungheria.

L’armatura lamellare, come quella trovata nella tomba appena scoperta, era composta da centinaia di piastre rettangolari intrecciate, come quella mostrata – nella foto, qui sotto – dall’archeologa ala sindaco del capoluogo di distretto, nel corso della conferenza stampa di presentazione della scoperta.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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