Svelato in un nuovo studio il mistero del pozzo sacrificale romano nel bosco. Perché mischiati ossi ed ossa? Perché tanti cagnolini, là in fondo? E perché colorarono l’osso virile di un cane? Le risposte degli studiosi

Misteriosi pozzi, in una vecchia cava romana dismessa. Il villaggio era giù, verso la strada. Un nastro di case, là in fondo. Il luogo dei pozzi sacrificali doveva essere solitario e inquietante. Nebbie, piante e pietre. Lune e guaiti di cane. Qui, nei pozzi, uomini e donne gettarono i corpi di animali sacrificati e non macellati – tra i quali cani, puledri, pecore/capre, maialini, ermellini, rane ecc – e ossa umane, appartenenti a 21 di persone di ogni età, neonati e bambini compresi. Per intenderci: non sono ossi di animali che restano dopo la consumazione della carne, come cibo; ma bestiole posate dopo il sacrificio. 282 animali, in uno dei pozzi, in cui sono rappresentati tutti i principali animali domestici, con la maggior parte dell’assemblaggio (70,1%) composta da cani, soprattutto di piccola taglia. Tra ossi ed ossa c’erano anche vasi di ceramica, monete, una pedina da gioco, una spilla e un fuso a spirale. Un solo scheletro umano quasi completo – appartenente a una donna – è stato lì scoperto e, con i resti umani disarticolati, suggerisce che la scarnificazione fosse praticata nella zona a quel tempo. Un coltello con manico in osso è stato anche recuperato sopra lo scheletro. Ma cosa c’era, qui?

Una vista degli scavi del pozzo rituale nel sito di Nescot nel Surrey, Inghilterra @ Foto Pre-Construct Archaeology

Non c’era un tempio, attorno Solo polvere delle dismesse cave di lastre di calcare e vecchi pozzi. Alberi, pozzi, nebbia. Tra i reperti portati alla luce anche un osso “maschile” di cane – che ne costituisce la virilità – che fu colorato di ocra e poi gettato nel pozzo. E’ evidente che tutto faceva parte di un rito, probabilmente collettivo, legato alla fertilità.

Nei giorni scorsi sono stati pubblicati da Oxford Journal of Archaeology i risultati di uno studio condotto dalla bioarcheologa Ellen Green dell’Università di Reading sui materiali ritrovati nei pozzi romani di Nescot, nel Comune di Ewell, in Inghilterra. Green ha identificato un baculum di cane, tra ossa umane e animali risalenti a 2.000 anni fa, recuperate da un pozzo profondo 3 metri e 90 centimetri. Utilizzando la fluorescenza a raggi X, ha scoperto che l’osso 8nella foto qui sotto) era stato ricoperto di ocra rossa.



“Sebbene sia impossibile conoscere con certezza le ragioni dietro la deposizione di circa 300 esseri umani e animali all’interno del pozzo di cava – che era in disuso, come tale da circa mezzo secolo prima delle deposizioni – le prove supportano un collegamento con le idee di abbondanza, nuova vita e ciclo agricolo” scrive Ellen Green.

Nel bosco, guardando verso il villaggio

Ewell, il più vicino centro abitato di quell’epoca, era lì, giù nel vallone. Una storica cittadina – oggi ha circa 40mila abitanti – situata a circa 21 chilometri a sud-ovest di Londra. Le origini di Ewell risalgono, appunto, all’epoca romana, quando era conosciuta come un insediamento lungo la strada romana Stane Street, che collegava Londra a Chichester.

“Sembra che l’insediamento antico di Ewell non avesse la regolare planimetria romana a griglia, ma fosse uno sviluppo a nastro lungo entrambi i lati della strada, probabilmente costituito da appezzamenti di terreno rivolti verso la strada con fondamenta di edifici cementate, pavimenti in lastre di calcare, pavimenti in ciottoli e focolari nelle aree di lavoro. – spiega Frank Pemberton, Ufficiale di archeologia dell’Eehas   –  Si pensa anche che la strada romana (realizzata dopo la conquista romana, tra il 43 e il 50 d.C., ndr) potesse aver deviato verso Ewell, in direzione delle sorgenti di Hogsmill, fornendo acqua ai viaggiatori e all’insediamento, ma anche per consentire la deposizione di offerte religiose votive nelle sorgenti, come testimoniato dalle monete e dalle spille rinvenute nei letti delle fonti”.

“Ewell nel periodo romano era un piccolo insediamento lungo la strada, quindi è possibile che gli eventi deposizionali nel pozzo di Nescot servissero a uno scopo per una popolazione più ampia nella zona. – afferma Ellen Green – Nessun tempio è stato attestato a Ewell; tuttavia, sono stati effettuati pochissimi scavi moderni all’interno della città e l’insediamento lungo la strada non è ben compreso. Il gran numero di pozzi nella zona ha portato a una teoria secondo cui il nucleo romano era un centro religioso, nonostante la mancanza di templi. È molto probabile che la cava 1 – quella dei pozzi sacrificali, ndr – rappresentasse il luogo di convergenza per una festa o per un rituale comunitario, piuttosto che un rituale privato, data la portata della deposizione. Il numero di animali presenti e le prove di conservazione e interazione con i resti indicano tutti che la cava di Nescot era sia insolita che importante nel panorama rituale dell’Inghilterra meridionale”.

La nostra ipotesi. Sacrifici alla “stregonesca” dea Ecate

Ecate, una delle divinità più enigmatiche del pantheon romano, trae le sue origini dalla mitologia greca, dove era venerata come dea della magia, della stregoneria, dei fantasmi e dei crocevia. Nel mondo romano, il suo culto si arricchì di nuovi significati, fondendosi con tradizioni locali e assumendo una dimensione sincretica. La figura di Ecate era complessa, spesso rappresentata con tre corpi o tre teste, a simboleggiare la sua presenza simultanea nei mondi dei vivi, dei morti e degli dei.

Ecate e il culto dei crocevia

Uno degli aspetti più noti di Ecate nel mondo romano è il suo legame con i crocevia, luoghi carichi di significato simbolico. I crocevia erano considerati punti di passaggio tra mondi diversi e spesso sede di riti magici. Le offerte ad Ecate, chiamate hecatombei, erano lasciate nei crocevia per placare la dea e per garantirsi protezione durante i viaggi. Queste offerte includevano cibo, miele e piccoli animali, spesso sacrificati nei momenti di luna nuova. Sarebbe interessante capire se, nei pressi della cava romana delle campagne di Ewell, esistesse un’interconnessione stradale, a quadrivio. Quel che è certo è il fatto che il villaggio romano che diede vita alla futura città di Ewell doveva la propria esistenza alla presenza della strada. E’ probabile che l’insediamento fosse stato prescritto dai romani come area di servizio stradale. Ecate era una dea molto collegata alle strade.

Ecate e la sua connessione con i cani

Ecate era fortemente associata ai cani, che erano considerati i suoi animali sacri. Nel caso del pozzo inglese, circa il 70 per cento dei resti sono riportabili a cani, soprattutto di piccola taglia. I cani, noti per il loro ululato notturno, erano visti come guardiani delle soglie e degli ingressi, simbolicamente legati alla protezione delle case e dei viaggiatori. Il loro ululato, soprattutto di notte, era interpretato come un segno della presenza di Ecate. In molte raffigurazioni, la dea è accompagnata da cani che ne sottolineano l’aspetto oscuro e protettivo, spesso connesso al mondo degli spiriti e dei defunti.

I corvi: messaggeri di Ecate

I corvi, altri animali associati a Ecate, erano visti come messaggeri tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Nella cultura romana, i corvi erano simboli di profezia e conoscenza occulta, e il loro collegamento con Ecate ne rafforzava il ruolo di intermediaria tra i due regni. La presenza di corvi nei riti dedicati a Ecate sottolineava la sua capacità di vedere oltre il mondo visibile, un tratto che la rendeva una divinità particolarmente temuta e rispettata.

Ecate e il suo ruolo nei confronti dei bambini

Ecate aveva un ruolo peculiare nei confronti dei bambini, specialmente quelli deceduti prematuramente. Si credeva che la dea fosse una protettrice delle anime dei neonati morti, accompagnandole nell’aldilà e proteggendole dagli spiriti maligni. Questa funzione di custode delle anime infantili si rifletteva nei riti funebri e nelle preghiere rivolte a Ecate per garantire un passaggio sicuro ai piccoli defunti.

Aspetti magici e culto misterico

Il culto di Ecate era intrinsecamente legato alla magia e alla stregoneria. Era invocata nei riti magici per la sua conoscenza delle erbe e dei veleni, nonché per il suo potere di scacciare gli spiriti maligni. I praticanti della magia si rivolgevano a lei per ottenere protezione o per influenzare gli eventi con incantesimi. Ecate era spesso venerata in contesti misterici, dove solo gli iniziati potevano comprendere appieno il significato dei riti a lei dedicati.

Notte di Ecate: rituali e celebrazioni. Prove in Britannia

La notte era il momento prediletto per celebrare Ecate, considerata la regina delle ombre e dei misteri notturni. I rituali si svolgevano in ambienti isolati, spesso nei crocevia o nei pressi delle tombe, dove i devoti accendevano fiaccole per invocare la dea. La luce delle fiaccole simboleggiava la guida di Ecate attraverso le tenebre, proteggendo i vivi dagli spiriti vaganti.

Le prove del culto di Ecate nella Britannia romana, sebbene non abbondanti, includono alcuni ritrovamenti specifici che suggeriscono la presenza di questa divinità. Ecco i dettagli di alcuni di questi ritrovamenti:

La statua trimorfa di Ecate alla colonna, conservata al British museum di Londra
  1. Stele di Colchester (Camulodunum): Una stele funeraria, datata al II secolo d.C., trovata a Colchester, menziona Ecate insieme ad altre divinità romane e celtiche. Questa iscrizione è significativa perché dimostra che Ecate era riconosciuta e venerata, almeno in certi contesti sincretici.
  2. Rappresentazioni di Ecate trimorfa: Sono stati trovati alcuni rilievi e statue in Britannia che raffigurano una figura con tre corpi o tre teste, una tipica iconografia di Ecate. Un esempio significativo è una statuetta in bronzo trovata a Londra, che mostra una figura femminile con tre teste, identificata come Ecate Trimorfa, associata agli incroci e alle soglie. Una statua di Ecate in pietra è conservata al British museum.
  3. Tempio di Bath: Sebbene il tempio principale a Bath fosse dedicato a Sulis Minerva, un’iscrizione trovata nell’area del santuario menziona una figura associata a Ecate. Questo suggerisce che il culto della dea fosse conosciuto e forse praticato in modo sincretico insieme ad altre divinità locali e romane.
  4. Altari votivi: Alcuni altari votivi dedicati a Ecate o con iscrizioni che fanno riferimento a divinità legate alla stregoneria e alla magia sono stati trovati in varie parti della Britannia. Questi altari indicano che i devoti invocavano Ecate per la protezione o per favori legati al suo ruolo di custode delle soglie e delle transizioni.

Questi ritrovamenti suggeriscono che, pur non essendo un culto dominante, Ecate era presente nella religiosità della Britannia romana, probabilmente attraverso influenze sincretiche con le tradizioni locali e altre divinità romane.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa