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Trovano dopo 50 anni vaso, buco del deposito votivo e base dell’urna di alabastro egizio che fu trafugata da tombaroli a Ciampino


La Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Roma e la provincia Rieti ha mostrato per la prima volta al pubblico l’eccezionale urna in alabastro cotognino – realizzata in pietra egiziana, due millenni fa – rinvenuta a Ciampino in località Sassone-Castellano da tombaroli e documentata sul finire degli anni ‘70 del Novecento dall’archeologo Giovanni Maria De Rossi, che, nel descrivere un complesso funerario conservato “circa 80 m. a sinistra del Km. 3,300 della via dei Laghi”, pubblicava una chiara foto del reperto – dandolo già come disperso – e indicava con precisione la tomba da cui esso proveniva. La preziosa urna, infatti, era stata trafugata subito dopo la scoperta e se ne persero le tracce finché nel maggio 2021 non fu rinvenuta sul mercato antiquario dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Reparto Operativo. L’oggetto venne poi consegnato alla Soprintendenza territorialmente competente. Oggetto di studi e di verifiche, l’urna è stata al centro di un convegno e di una breve esposizione, dal 21 al 23 dicembre 2022 (ore 9-15) nel piano nobile di Palazzo Patrizi Clementi in via Cavalletti 2, Roma.

Nella presentazione, introdotta dal Soprintendente Lisa Lambusier, il funzionario archeologo Gabriella Serio ha illustrato nel dettaglio tutte le operazioni condotte e i nuovi e preziosi dati acquisiti sul campo.
Per l’occasione è stata invitata a partecipare Simona Perna, ricercatrice presso l’Istituto Catalano di archeologia Classica di Tarragona in Spagna, che da anni porta avanti ricerche specialistiche sulle urne di alabastro.
Ha chiuso l’evento l’attuale funzionario di zona Alessandro Betori con una panoramica sulla storia e sulla ricchezza del territorio di Ciampino nell’antichità.


Il sopralluogo congiunto, effettuato dal funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, Gabriella Serio, e dai Carabinieri del Comando TPC nel sito descritto dal De Rossi, ha riscontrato che l’area si trovava pressoché nelle medesime condizioni documentate dall’archeologo a eccezione di una vegetazione più fitta e infestante. È stato così possibile identificare il luogo esatto da cui doveva provenire il vaso: un foro circolare colmo di terra e foglie, presente all’interno di una nicchia scavata nella parete rocciosa.

A seguito di tale sopralluogo la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti ha deciso di approfondire le indagini e di tornare sul posto per effettuare lo svuotamento del foro, onde verificarne le effettive dimensioni, documentarle e porle a confronto con quelle dell’urna che vi si sarebbe dovuta incastrare. Tale operazione ha portato con grande sorpresa al ritrovamento del piede del vaso fortunosamente scampato al saccheggio.

L’importanza del rinvenimento, l’eccezionale stato conservativo e la rarità del reperto ha indotto poi la Soprintendenza a chiedere la collaborazione dell’Istituto Centrale per il Restauro, cui verrà consegnata l’urna con il piede recuperato, dopo una breve esposizione per il periodo natalizio nel piano nobile di Palazzo Patrizi Clementi.

Una volta terminato il restauro lo straordinario manufatto troverà la giusta valorizzazione presso una struttura museale nell’ambito territoriale di provenienza.