di Redazione
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Nel cuore dell’antica città di Stratonikeia è stata scoperta una statua di grande importanza. Apparterrebbe a un gruppo perduto, che si ritiene sia l’archetipo, poi ampiamente replicato e rivisto, delle muse danzanti. Ne ha dato notizia, nelle ore scorse, il Ministero turco della cultura. Secondo gli archeologi turchi questa sarebbe l’opera dello scultore Philiskos o Filisco, dalla quale sarebbero derivate altre sculture, in epoca romana. Quindi il primo modello. Le ricerche sul terreno continuano, nella speranza di trovare altre statue che dovevano comporre l’elegante insieme. Sappiamo bene, comunque, che, nel passato,- in Italia, fino all’Ottocento – le statue antiche mutile e i marmi venivano “cotti” per produrre calce.
Il Ministero della Cultura e del Turismo ha emesso una dichiarazione ufficiale confermando che questa statua, scoperta durante i recenti scavi nella cittadina di Eskihisar, nel distretto di Yatagan, provincia di Mugla, è il solo esemplare autentico risalente al periodo ellenistico. Ciò significa che saremmo di fronte al ritrovamento di un vero archetipo scultoreo.
Il Prof. Dr. Ramazan Özgan, che ha condotto lo studio, ha dichiarato: “Questa statua, di cui esistono solo repliche di epoca romana in diverse parti del mondo, sarà esposta nel Museo di Muğla dopo la sua scoperta a Stratonikeia”.
Stratonikeia, con i suoi imponenti 7 km quadrati di marmo, è una delle città costruite in pietra più grandi del mondo. Situata nella regione dell’Antica Caria, questa città-stato vanta due grandi santuari dedicati a Ecate e Zeus, che testimoniano la ricchezza culturale e religiosa dell’epoca.
Le “Muse Danzanti” sono storicamente legate alla mitologia come figlie dell’unione divina tra Zeus e Mnemosyne. Secondo la tradizione, Philiskos o Filisco, scultore del II secolo a.C., sarebbe stato l’artefice originale di quest’opera, mentre numerose riproduzioni romane della statua si diffusero successivamente in Anatolia e Grecia, per poi giungere a Roma e in ogni angolo dell’Impero.
Filisco di Rodi, scultore greco attivo nella prima metà del II secolo a.C., ha lasciato un’impronta duratura nell’arte antica per il suo realismo leggiadro e il suo virtuosismo. Secondo Plinio, le opere attribuite a Filisco adornavano il tempio di Apollo Sosiano a Roma, tra cui statue di Apollo, Latona, Artemide e le nove Muse. Appartenente a una delle famiglie di artisti operanti a Rodi durante l’epoca ellenistica, Filisco è considerato il probabile creatore dell’archetipo scultoreo rappresentante Apollo e le Muse.
Un gruppo scultoreo risalente al II secolo, oggi esposto nel museo archeologico di Istanbul (nell’immagine, qui sopra – e rinvenuto nelle “terme di Faustina” a Mileto, è derivato dall’archetipo di Filisco. Sebbene il gruppo originale risalga al periodo compreso tra il 179 e il 160 a.C., la presenza di un gruppo simile a questi, nel tempio di Apollo Sosiano a Roma, è attestata, oltre che dalle fonti storiche, da una testa femminile, caratterizzata da uno stile classicista e prassitelico.
Com’è possibile dire che la donna raffigurata fosse impegnata in una leggiadra danza? Il marmo è scolpito nell’accurata riproduzione delle masse corporee in movimento, seguendo il chiasmo, cioè la postura di tensione e rilassamento contrapposti degli arti. E ciò è bene visibile anche dalla fotografia, quanto la linea obliqua segnata dalle spalle.
L’iconografia delle Muse nel gruppo di Filisco ha goduto di notevole successo, dando origine a numerose repliche o derivazioni o riletture che decoravano le case romane. Le opere derivate si distinguono per il panneggio trasparente del mantello, evidenziando le forme della veste sottostante con un virtuosismo tipicamente rodio. Un esempio è la base circolare rinvenuta ad Alicarnasso, risalente al 120 a.C. circa.
Un altro contributo significativo all’iconografia di Filisco è il rilievo con l’apoteosi di Omero firmato dallo scultore Archelao di Priene, datato intorno al 130 a.C. Questo rilievo presenta una scena in cui le Muse sono ritratte accanto ad Apollo, Zeus e Mnemosine sul monte Elicona. Si ritiene che nel gruppo originale di Filisco, le figure fossero disposte su diversi registri, creando un ambiente paesistico e scenografico, come evidenziato, ad esempio, nel supplizio di Dirce.