Un turista americano è stato arrestato per un violento atto di vandalismo nel Museo di Israele a Gerusalemme, durante il quale ha distrutto antiche statue romane di inestimabile valore. L’incidente, avvenuto il 6 ottobre 2023, ha scosso non solo il mondo dell’arte e della cultura, ma anche le autorità israeliane, che hanno iniziato a interrogarsi sulla sicurezza delle loro preziose collezioni.
Il sospetto, identificato dalla polizia israeliana come un uomo di 40 anni di nazionalità americana ed ebraica, ha affermato di aver distrutto le statue in quanto le considerava “idolatriche e contrarie alla Torah”. Tuttavia, la difesa dell’uomo ha sollevato un’argomentazione sorprendente: sostiene di soffrire della “sindrome di Gerusalemme”, una condizione psichiatrica presunta in cui una persona in visita a Gerusalemme è sopraffatta da emozioni e delusioni a tema religioso.
La sindrome di Gerusalemme è caratterizzata da un disorientamento cognitivo che colpisce i visitatori devoti quando si trovano nella città santa, al centro dei sistemi di fede cristiana, ebraica e musulmana. Si crede che questa condizione faccia sì che le persone abbiano deliri, che comprendono anche quelli di sentirsi figure bibliche o di vivere eventi descritti nelle sacre scritture.
L’avvocato difensore dell’uomo, Nick Kaufman, ha negato che il suo cliente abbia distrutto le opere d’arte a causa del fanatismo religioso. Invece, sostiene che la sindrome di Gerusalemme abbia influenzato le azioni del suo cliente. Tuttavia, va notato che i tribunali raramente accettano come scusa condizioni psichiatriche per liberare criminali palesi. Per certi aspetti, il raptus – per quanto condannabile – è comprensibile, nella sua genesi psicologica. L’uomo ha visto l’impero romano come causa lontana, ma tuttora attiva, nel divenire storico, della sofferenza del popolo ebraico e della diaspora. Quel lontano evento è visto come dispersione di un popolo, che affrontò persecuzioni, in tutta Europa, culminate con gli immani crimini perpetrati nei campi di concentramento.
L’incidente ha sollevato domande sulla sindrome di Gerusalemme come possibile spiegazione per altri episodi di violenza e vandalismo avvenuti in luoghi religiosi e culturali della città.
Un elemento interessante della storia è che l’accusato non è stato ancora sottoposto a una valutazione psichiatrica ufficiale, ma il suo avvocato ha già indicato la sindrome di Gerusalemme come la causa delle sue azioni. È importante notare che questa sindrome non è una diagnosi ufficialmente riconosciuta e viene vista da alcuni come una spiegazione controversa a comportamenti distruttivi.
Essa però appartiene, in modo evidente, a una famiglia di disturbi che possono essere collegati al turbamento grave che le opere d’arte e gli ambienti storici sono in grado di provocare in alcuni viaggiatori, come avviene nell’ambito della riconosciuta dalla Sindrome di Stendhal, una sorta di parossistico attacco di panico che può colpire i visitatori di fronte a contesti storico-architettonici di grande rilievo – lo stesso grave malessere di cui soffrì lo scrittore Stendhal, a Firenze – od opere d’arte.
Una delle statue distrutte dall’uomo raffigurava Atena, la dea della saggezza nella mitologia greca antica. Sebbene Atena stessa non sia specificamente offensiva per gli ebrei ortodossi, il problema sta nell’adorazione o venerazione di divinità al di fuori della loro tradizione, il che contraddice le loro convinzioni fondamentali, poiché l’ebraismo è una religione strettamente monoteista.
L’atto vandalico, sebbene attribuito dalla difesa alla sindrome di Gerusalemme, è stato paragonato all’iconoclastia, una pratica che ha radici storiche anche nell’Islam.
Il Museo di Israele ha condannato l’atto vandalico come “preoccupante e insolito”, mentre il governo israeliano ha attribuito l’azione all’ “iconoclastia ebraica in obbedienza ai primi divieti contro l’idolatria”, sottolineando che non è stata la sindrome di Gerusalemme a motivare l’atto. L’incidente rimane un esempio controverso di come le credenze religiose e le condizioni psicologiche possano influenzare il comportamento e le azioni umane, sollevando interrogativi su come gestire tali situazioni complesse in futuro.