Stile intervista l’artista e scultrice Angela Corti
Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Nell’ambito dell’espressione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
Inizio la mia attività artistica negli anni novanta. Mi laureo all’Accademia di belle arti di Brera dove ho appreso le tecniche pittoriche, calcografiche e scultoree; vengo immediatamente attratta dai materiali, le forme plastiche e scelgo la scultura, con riferimenti espressivi, che rinviano tanto al concettuale che all’astratto informale. Ho scelto da subito la linea non figurativa, che mantengo tanto nell’incisione, quanto nella scultura.
Ci può raccontare imprinting visivi, immagini artisticamente ossessive, che hanno preceduto e assecondato la scelta di intraprendere la strada formativa per diventare artista?
La mia scelta di intraprendere l’attività artistica è stata fortemente influenzata dalla conoscenza, quand’ero ancora una bambina, del pittore Umberto Moschetti. Ho trascorso dai 4 ai 20 anni presso il suo studio/abitazione vicino alla casa della mia famiglia. Con lui ho appreso le tecniche classiche del disegno a sanguigna, carboncino e pittura a olio, nonché uno stile di vita.
Avevo 4 anni e ricordo come fosse ora, il grande dipinto “Dopo il temporale”, che Umberto stava spostando con altre persone, l’ho riprodotto su carta come una bambina sa fare, cogliendo i punti che più mi avevano impressionato e da quel momento ho iniziato con lui a fare piccoli disegni e a frequentare il suo studio.
Umberto Moschetti era un artista che contemplava la bellezza della Natura, ne ricercava le armonie, ne percepiva ogni vibrazione, ogni mutamento in una ricerca verso l’Assoluto.
La formazione vera e propria. Dove e su cosa ha particolarmente lavorato? Sono esistite, in quel periodo, infatuazioni espressive poi abbandonate? Come si sviluppa e si conclude – nel senso stretto dell’acquisizione dei mezzi espressivi – il periodo formativo?
Mi laureo all’Accademia di belle arti di Brera a Milano nel 2004. Frequento il corso di tecniche del marmo in Accademia e successivamente mi specializzo alla Scuola delle Arti e della Formazione Professionale Rodolfo Vantini di Botticino a Brescia. Parallelamente all’attività artistica, studio lingue straniere e costruisco la mia dimensione professionale che mi porta a viaggiare molto all’estero, conoscere nuove culture e diversi stili di vita.
Il primo approccio con l’arte non figurativa è stato influenzato dall’astrattismo informale e successivamente dall’arte cinetica degli anni 50-60. Queste espressioni artistiche le ho seguite da artista per qualche anno, poi abbandonate verso una ricerca personale che tutt’ora sto portando avanti. Sono però rimasta un’appassionata e collezionista di opere d’arte cinetica.
Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
Gli artisti che hanno inciso sulla mia produzione artistica sono senz’altro Lucio Fontana e il suo andare oltre la superficie del quadro, Hans Hartung con la sorprendente immediatezza nella dinamica del segno e Emilio Scanavino con quegli inconfondibili reticoli, nodi, legature, un’elaborata tessitura di segni.
In letteratura, Paul Verlaine, il cui tono, in molte delle sue poesie, combina spesso malinconia e chiaroscuro, con un’efficace semplicità.
Gli esordi come e dove sono avvenuti? Ci può descrivere le opere di quei giorni e far capire quanto e come le stesse – anche per opposizione – abbiano inciso sull’attuale produzione?
Gli esordi sono avvenuti negli anni ‘90, ancor prima di intraprendere gli studi accademici con le prime incisioni calcografiche ad acquaforte. Erano lastre di grandi dimensioni con soggetti astratti legati agli effetti cromatici chiaroscurali della natura.
Successivamente sono mutate le potenzialità, anche grazie alla conoscenza di nuovi materiali e tecniche e una maggiore maturazione espressiva, in una certa misura più sensibile alle riflessioni che venivano dal concettuale.
Dall’incisione con morsura ad acido, ho sentito il bisogno del segno diretto e deciso su metallo e dell’utilizzo di una carta lavorata a mano che stampata creasse un rilievo. E probabilmente è proprio il contrasto tra segno diretto e rugosità del supporto cartaceo, tra bianco e nero, a favorire il passaggio alla scultura, alle forme plastiche.
Quali sono stati gli elementi di svolta più importanti dall’esordio ad oggi. Possiamo suddividere e analizzare tecnicamente, espressivamente e stilisticamente ogni suo periodo?
L’elemento di svolta dall’esordio ad oggi è certamente l’aver definito uno stile ed una motivazione.
Tessere le pietre è gesto femminile per la sostanza e non è un gesto femminile per il supporto: un contrasto. La pietra è dura, resistente, rigida; e il filo è di rame, ottone, acciaio.
Cucire diviene un gesto opposto a quello di partenza: da un lato il gesto deciso, l’energia che si sprigiona e diviene rottura; dall’altro il gesto lento, lieve di un ricamo.
Ci sono persone, colleghi, collezionisti, galleristi o critici ai quali riconosce un ruolo fondamentale nella sua vita artistica? Perché?
Tutte le persone, amici, artisti, critici e galleristi, voglio con ricordare anche la Galleria Sincron in quanto la loro passione per l’arte è stata molto coinvolgente, con i quali mi confronto contribuiscono a stimolare in me nuove idee e sfide. Inoltre, visitare mostre d’arte in Italia e all’estero è per me fondamentale per la crescita artistica e culturale.
Materiali e tecniche. Ci può descrivere, analiticamente, come nasce una sua opera del periodo attuale, analizzandone ogni fase realizzativa, dall’idea alla conclusione?
Prima di approdare alla lavorazione della pietra, c’è un lungo periodo di ricerca, con semplici schizzi di inchiostro o pastello, di lapis o tempera.
La pietra grezza, semilavorata è sovente levigata nella parte esposta; ha una forma che io stessa scelgo, tra le mille forme possibili.
Della pietra sono attratta per i suoi segni, le venature, le variazioni cromatiche, l’alternanza di superfici lisce, rugose e cristalline. Le cave di Botticino diventano pertanto il luogo in cui ricerco i materiali. I blocchi grezzi vengono scolpiti e frammentati manualmente e con gli strumenti meccanici. Ottenuta la forma desiderata, i pezzi frammentati vengono riuniti alla scultura madre cucendoli con un filo metallico. Tutto ciò che si frange, pur conservando i segni della rottura, della frammentarietà, può avere nuova forma, nuova vita.
Progetti nell’ambito espressivo e tecnico?
Attualmente il progetto più ambizioso è la realizzazione di una grande scultura a Dubai.
“Il vento del deserto” è il tuo titolo. E’ una scultura che raccoglie in sé numerose simbologie. Il vento crea nel deserto rocce nude con forme acute e schegge taglienti, incise e lavorate dalle raffiche e dune di sabbia dette anche “sabbie che cantano” per il suono che il vento produce al suo passaggio. Le linee sinuose e grezze della scultura ricordano, da un lato la purezza della cresta delle dune, e nello stesso tempo, le rocce irregolari incise dal vento. Contrasti di linee e superfici. I fili metallici che tessono pietra, quasi a bloccare questo movimento, diventano a loro volta fili che vibrano, il sibilo del vento. Il progetto è curato da Pietro Franesi. Verrà prodotto un video dal filmmaker Umberto Ottaviani che documenterà in forma artistica questo progetto, con la musica “Il sogno di sabbia” composta e suonata dal musicista Rosolino Di Salvo.
Ha gallerie di riferimento? Dove possono essere acquistate le sue opere?
Non ho contratti in corso. Sono lieta di trattare direttamente con collezionisti e appassionati. Ritengo fondamentale trasmettere alla persona interessata la passione che mi ha spinto a creare un’opera, mostrarne l’originalità e il valore.
Orientativamente, quali sono le quotazioni o comunque i prezzi delle sue opere, indicando le commisurazioni?
Le opere sono di dimensioni, struttura architettonica e marmi diversi, dal marmo locale Botticino al Carrara, il valore per questo cambia.
A parte lei – che diamo come autore da acquisire – può indicarci il nome di colleghi di cui acquisterebbe le opere nel caso fosse un collezionista?
Ci sono vari artisti colleghi che meritano un’attenzione particolare e le cui opere sono ricche di contenuti, tra questi alcuni nomi che vorrei segnalare, anche perché io stessa posseggo alcune loro opere, sono Barbara Martini, Luciano Pea, Camilla Rossi, Marcello Gobbi e Marco Tancredi
Per informazioni:
Angela Corti
www.angelacorti.it