[U]na ricerca svolta nelle pieghe della realtà quotidiana nel punto in cui, a causa di un’impercettibile lacerazione di una lastra, la quale altro non offrirebbe che situazioni ripetitive e consumate, emerge l’ala candida del Senso, che produce un volo di idee ricco di suggestioni.
E’ proprio sul tavolato mal connesso di una dimensione feriale che Nicola Biondani attende ciò che appare come manifestazione di una sovra-realtà che, pur nutrendosi e incarnandosi nel visibile – com’è peculiarità di chi percorre con raffinatezza le terre della figurazione -, assume le caratteristiche di un’epifania, una manifestazione rivelata, attraverso un volto araldico intriso dei cieli della metafisica e una postura non scontata che conduce colui che guarda in una dimensione nuova, fortemente simbolica.
“Le sue opere sono frutto di un modellato veloce ed ispirato – scrive Ottavio Borghi – che gli consente con intuizione istantanea di focalizzare i valori dell’indispensabile ricerca psicologica sul personaggio. Ogni esecuzione racchiude in sé un significato simbolico che porta più lontano delle fattezze fisiche, suggerendo, anche nella più completa verosimiglianza, la distinzione tra forma esteriore e la forma pura; tra l’opera compiuta e la sua genesi creativa. (…) Opere che danno la misura dell’equilibrio tra la forma ed una sua interpretazione mitologico-glorificante.
Oppure, in modo più dinamico, l’adattamento della stessa forma a suggerire atteggiamenti che, spogliandola di ogni monumentalità, spaziando con tante sfumature intermedie dal tragico al comico, e passando talvolta attraverso una fine ironia, diano testimonianza della mutevolezza del carattere umano e delle sue reazioni ai tanti fatti contingenti”.
“E’ interessante – nota Luca Cremonesi – quanto afferma Paul Virilio: ‘La vera arte contemporanea non è rivoluzionaria ma solo rivelatrice’. Guardiamo all’opera di Nicola Biondani. La frenesia dei tempi contemporanei (e non solo quella dei tempi moderni) ci porta a vivere un paradosso che Virilio ha ben argomentato. Riassumo: in realtà, anziché vedere tutto e meglio, l’epoca contemporanea ci acceca. Anche in questo caso, ci fermiamo a riflettere, perché i paradossi non sono giochi di parole, ma voci profonde del senso. Si diventa sordi se si è continuamente esposti al rumore; si diventa ciechi se costretti a (s)forzare continuamente la vista. (…) Il classico non ha paura di affermare qualcosa, perché non teme la potenza della domanda e la creazione di senso. Il classico è un ‘semplice’ creatore e costruttore di senso”. “Ecco quindi che dalla superficie del soggetto – aggiunge il pittore Vittorio Bustaffa, esaminando le opere di Biondani – si viene condotti alla sua profondità, nel luogo dove l’artista chiede e chiede a se stesso. Eppure le figure mantengono sempre un loro particolare carattere di leggerezza, nonostante questi tagli che le modellano, che le sezionano, che le lasciano talvolta nel non finito, nell’impossibilità della risposta. Le figure paiono sempre essere immerse in un senso d’estraniamento mai destabilizzante per l’osservatore”. Nicola Biondani ha recentemente esposto ad Entroterra, l’importante associazione culturale per la promozione della figurazione contemporanea, diretta da Giuliana Mazzola, con sede a Milano (www.entroterra.it).
L’artista ha lo studio a Mantova,
in via C. Cocastelli 28, tel. 340-2201936, nicola.biondani@virgilio.it, www.nicolabiondani.com