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Una grande gonna bianca e morbida come una nuvola, un busto imponente e scuri boccoli mori. Così Manet dipinge Jeanne Duval, ballerina e attrice francese di origine haitiana, amante del suo grande amico Charles Baudelaire. Il poeta la incontra nel 1842. Una storia d’amore tempestosa che, tra alti e bassi, segna i successivi vent’anni della vita e le poesie del poema maledetto. Lei c’è in ogni luogo, in ogni pensiero, in ogni figura femminile. Lei appare anche in alcuni ritratti, disegnati a penna, come quello che appare qui sotto.
Le scrive il poeta: “Lasciami respirare a lungo, a lungo, l’odore dei tuoi capelli. Affondarvi tutta la faccia, come un assetato nell’acqua di una sorgente, e agitarli con la mano come un fazzoletto odoroso, per scuotere dei ricordi nell’aria. Se tu sapessi tutto quello che vedo! tutto quello che sento! tutto quello che intendo nei tuoi capelli!
La mia anima viaggia sul profumo come l’anima degli altri viaggia sulla musica. I tuoi capelli contengono tutto un sogno, pieno di vele e di alberature: contengono grandi mari, i cui monsoni mi portano verso climi incantevoli, dove lo spazio è più bello e più profondo, dove l’atmosfera è profumata dai frutti. dalle foglie e dalla pelle umana.
Nell’oceano della tua capigliatura, intravedo un porto brulicante di canti malinconici, di uomini vigorosi di ogni nazione e di navi di ogni forma, che intagliano le loro architetture fini e complicate su un cielo immenso dove si abbandona il calore eterno. Nelle carezze della tua capigliatura, io ritrovo i languori delle lunghe ore passate su un divano, nella camera di una bella nave, cullate dal rollio impercettibile del porto, tra i vasi da fiori e gli orcioli che rinfrescano.
Nell’ardente focolare della tua capigliatura, respiro l’odore del tabacco, confuso a quello dell’oppio e dello zucchero: nella notte della tua capigliatura, vedo risplendere l’infinito dell’azzurro tropicale; sulle rive lanuginose della tua capigliatura, mi inebrio degli odori combinati del catrame, del muschio e dell’olio di cocco. Lasciami mordere a lungo le tue trecce pesanti e nere.
Quando mordicchio i tuoi capelli elastici e ribelli, mi sembra di mangiare dei ricordi”.
Non si sa la data del suo arrivo a Parigi, nè, esattamente il luogo da cui proveniva. Si dice che fosse di Haiti. Aveva un volto occidentale, ma molto olivastro. Era particolarmente alta. Non si conosceva nemmeno il suo cognome, che mutava di volta in volta. Durante un ricovero ospedaliero, disse di essere nata a Santo Domingo, ma non si sa se questa testimonianza sia attendibile perchè certamente imbrogliò dichiarando, ad esempio, nella stessa circostanza, un’età inferiore a quella che aveva realmente. Baudelaire era attratto dalla fusione genetica tra l’occidente francese, che sembrava riemergere da Jeanne, e i geni lontani di un antenato di colore. Era attratto dal mistero. Dall’unione tra caratteri primordiali, misteriosi e selvatici, e qualcosa di familiare e di domestico.
Nel 1838-1839, ricoprì ruoli minori nel teatro della Porte Saint-Antoine, sotto il nome d’arte di Berthe. Incontrò il fotografo Nadar, ne diventò l’amante. Il suo incontro con Baudelaire avvenne tra aprile e maggio 1842, nel Faubourg Montmartre, durante una festa. Baudelaire vide che alcuni ubriachi importunavano pesantemente la giovane donna. Così intervenne, offrendo il braccio alla ragazza, che poi accompagnò a casa.
Fu l’inizio di un lungo rapporto, contrassegnato da molti anni di convivenza, da separazioni, da rotture – che parevano irreversibili – e da riconciliazioni.
Nel 1845, Baudelaire scrisse al suo notaio una lettera: “Quando Jeanne vi darà questa missiva, io sarò morto. Lei, nel momento in cui scrivo, non conosce i miei propositi. Tranne la parte riservata a mia madre, la signorina dovrebbe ereditare tutto ciò che ho lasciato . ” . Questo tentativo di suicidio si tradusse in un graffio. Ma più tardi, nel 1852: “Jeanne è diventata un ostacolo non solo per la mia felicità (…) ma per il miglioramento della mia mente . […] Ho lacrime di vergogna e di rabbia negli occhi mentre scrivo questo; ed in verità sono lieto che non ci siano armi in casa mia”.
Si lasciano, ma la separazione è lungi dall’essere definitiva. Nel mese di dicembre del 1855, Baudelaire vive con lei nel quartiere del Boulevard du Temple, 18 rue d’Angouleme 23 .
Nuova pausa nel settembre 1856: “Il mio legame con Jeanne è rotto. Questo distacco, questa lotta è durata una quindicina di giorni. […] So che sempre rimpiangerò quella donna”. Eppure il legame tormentato e irrinunciabile proseguirà almeno fino al 1861. Poi silenzio. Si dice che lei sia morta di sifilide nel 1842, poco più che quarantenne. Ma la notizia sarà smentita dal suo vecchio amante, Nadar, che dirà di averla vista claudicante, sulle stampelle, nel 1870.