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Poco si conosce del rapporto reale che Matisse instaura con le proprie modelle. Ma ciò, diremmo, appartiene alla sfera privata. Invece quello che si trasfonde sempre nella pittura del maestro francese è la necessità di un contatto visivo ravvicinato con una giovane donna che posasse per lui. Al di là di quanto maliziosamente si può ipotizzare, la presenza femminile era indispensabile per vivificare il quadro, proprio da parte di un pittore che aveva l’ambizione – spesso raggiunta – di trasferire a chi guardasse i dipinti un senso di gioia pacata e, al tempo stesso, uno slancio vitale. Gli episodi che la Chiesa tese a mettere a tacere riguardano il presunto amore platonico tra Matisse e Monique, una modella bruna, vigorosa, che si sarebbe occupata di lui prima come infermiera-fisioterapista, poi posando per il maestro come modella. Monique Bourgeois, era nata nel 1921 e sarebbe morta nel 2005, a Bidart.
A Louis Aragon che gli chiedeva un parere sulla modella, Matisse aveva risposto inequivocabilmente: “E’ la fonte della mia energia”. Nel 1942, la 21enne Monique, che aveva perso il padre e aveva problemi polmonari, giunse da Matisse a Vence. Venne assunta come infermiera e contribuì a riportare Matisse, più che settantenne, alla vita, dopo una grave malattia, dalla quale era stato costretto all’infermità. L’artista non mancò di sottolineare quel volto che si avvicinava al suo, sprofondato tra i cuscini, per poter alzare un po’ il malato affinchè non restasse troppo tempo in una posizione sdraiata. Il pittore non dimenticava quell’invito inconsapevole alla vita che giungeva dalla ragazza con la “splendida massa di capelli” e con le sue braccia. Tra i due dovette svilupparsi una sorta di legame molto profondo, probabilmente platonico, qualcosa che poteva somigliare un reciproco scambio di gentilezze, quasi un flirt.
All’improvviso, Monique decise di abbandonare la casa di Matisse (1943)e di farsi suora. Pur non essendo praticante e non credendo a una divinità umanizzata e umanizzabile, l’artista vedeva panteisticamente il sacro e lo spirituale disseminato nel mondo. Fu così che, dopo un presumibile sconcerto, accettò con gioia di assecondare l’idea di Monique – entrata nel frattempo nell’ordine domenicano, con il nome di Jacques Marie -.
Si videro spesso – il convento era vicino alla casa del pittore e progettarono una cappella per il convento delle suore, che l’artista realizzò in ogni sua parte. A causa dell’intensificarsi dei pettegolezzi, suscitati anche dalla stampa internazionale, i vertici domenicani consigliarono vivamente alla suora di non frequentare il pittore. Iniziata nel 1948, l’impegnativa impresa fu completata nel 1952. La Chapelle du Rosaire fu considerata da Matisse il proprio capolavoro. Ogni parte dell’edificio sacro fu da lui progettato o decorato: le vetrate, le panche, gli stalli, i vetri, le ceramiche i paramenti liturgici.
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