Nato tra il 1540 e il 1542, Scipione Pulzone è probabilmente avviato alla pittura dal padre; la sua prima formazione letteraria e artistica avviene a Gaeta, sua città natale, risentendo anche degli orientamenti della cultura artistica napoletana. Intorno al 1562 è a Roma e nel 1567 è registrato presso l’Accademia di San Luca. Nel 1572 è chiamato a Napoli per la prima volta, su invito di don Juan de Austria, figlio naturale del re Filippo II d’Asburgo e comandante in capo della flotta cristiana a Lepanto; l’anno successivo, di nuovo a Roma, è accolto nella cerchia dei Colonna, introdottovi da Marcantonio II, già suo committente, al ritorno dalla vittoria riportata sui turchi a Lepanto. Dipinge ritratti e quadri di soggetto sacro per le più influenti famiglie dell’Urbe e negli anni Ottanta inizia la serie delle commissioni pubbliche. Nel 1584 è a Firenze, attivo come ritrattista presso la famiglia granducale, e in seguito ancora a Napoli; nel 1587 per San Domenico a Gaeta dipinge l’Annunciazione, attualmente conservata a Capodimonte. Le opere della maturità artistica di Pulzone sono rappresentate da una serie di dipinti di soggetto religioso (Assunzione di San Silvestro al Quirinale, Sacra Famiglia Borghese, Madonna della Divina Provvidenza, Crocifissione della Vallicella e, ultima pala firmata, l’Assunta di Santa Caterina dei Funari), e da quadri che ne testimoniano l’inesausta, perfezionata, vena ritrattistica. Muore a Roma nel 1598. Il suo primo biografo, Raffaello Borghini, nel 1584 ne scrisse un profilo che registra con enfasi il consenso entusiasta dell’ambiente granducale di Firenze per le capacità figurative fuori del comune espresse da Pulzone specialmente come ritrattista: « È Scipione da Gaeta molto eccellente nel fare i ritratti di naturale, e talmente sono da lui condotti che paion vivi. Laonde gli è bisognato ritrarre tutti i Signori principali di Roma, e tutte le belle donne, che lunga cosa sarebbe a raccontare tutti i suoi ritratti; ma basti dire particolarmente, che egli ha ritratto Papa Gregorio XIII, il Cardinal Farnese, il Cardinal Granvela, il cardinale Ferdinando Medici e il Sig. Don Giovanni d’Austria […]. Et in somma nel far ritratti è tenuto Scipione da tutti meraviglioso». Borghini estende l’elogio anche alle opere di carattere religioso, «[…] ancora non meno vale nel fare historie et altre pitture», fra le quali si sofferma in particolare sulla Vergine «gloriosa fra Angeli» della chiesa dei Cappuccini di Roma, della quale non trascura il «ritratto di natura» del giovine figlio del Marchese di Riano, il Cristo sulla via del Calvario di Marcantonio Colonna e «molte altre fra mano, che si aspettano come cose bellissime». Un’importante mostra ne mise in luce la pittura, in sei distinte sezioni. La prima era dedicata agli esordi e comprende quattro dipinti d’età giovanile: Ritratto di Giovan Battista Giordani, Ritratto di dama, il ritratto a mezzo busto del Cardinale Giovanni Ricci di Montepulciano, da Palazzo Barberini, Roma, e il ritratto a tre quarti di figura del Cardinale Giovanni Ricci di Montepulciano, da Palazzo Massimo alle Colonne, Roma. A seguire, la sezione, dedicata alle opere realizzate su commissione dei Medici e ai ritratti di alcune gentildonne, propone una selezione di opere che rappresentano al meglio il genere pittorico nel quale Scipione diede prove che gli valsero il riconoscimento da parte delle più esigenti cerchie dell’élite sociale del tempo. Vi figurano il Ritratto di Donna Faustina Orsini Mattei, figlia di Pierfrancesco Orsini, signore di Bomarzo, sposa di Fulvio Mattei, morta a 37 anni nel 1594, della collezione della Fondazione Cavallini Sgarbi, il Ritratto di gentildonna già identificata con Lucrezia Cenci, il Ritratto di gentildonna recentemente rinvenuto da Xavier Salomon in Collezione privata, il Ritratto di Bianca Cappello (Kunsthistorisches Museum, Vienna), il Ritratto di giovane dama verosimilmente identificabile con Cristina di Lorena in sembianze giovanili (Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze), il Ritratto di giovane dama (Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Palazzo Pitti, Firenze), e i ritratti della coppia granducale, Ferdinando de’ Medici e la moglie, Chréstienne de Lorraine, nota in Italia come Cristina di Lorena (Galleria degli Uffizi, Firenze). La terza sezione, la nuova icona, e la quarta, dedicata alla produzione di arte sacra, qualificarono Pulzone come apprezzato interprete dei princìpi ideali ed estetici della Controriforma. L’ampia selezione di opere proveniva sia dal territorio laziale (Caprarola, Priverno, Ronciglione) che da raccolte museali italiane e straniere e da collezioni private. La nuova icona, inaugurata da Pulzone, rappresenta la tipologia di icona devozionale di grande successo tanto da aver stimolato una numerosa serie di repliche e copie. Si tratta di un insieme di dipinti – in diversi casi restaurati per l’occasione espositiva – mai apparsi in pubblico, tra cui spicca il recente ritrovamento di Cristo sulla via del Calvario, già destinata al viceré di Sicilia Marcantonio II Colonna e ritenuto perduto dal XVII secolo. Le sale del Museo Diocesano ospitano inoltre la Deposizione realizzata per la cappella della Passione del Gesù e oggi al Metropolitan Museum of Art, la Crocifissione della cappella Caetani della nuova chiesa degli Oratoriani a Roma, Santa Maria in Vallicella, la Salomè con la testa di Giovanni Battista proveniente da Collezione privata, la Madonna degli angeli con san Francesco e santa Chiara dalla chiesa dei Cappuccini di Milazzo, L’Immacolata con angeli, i santi Andrea, Chiara, Francesco e Caterina d’Alessandria e Andrea Cesi, figlio della duchessa di Ceri dall’altare maggiore della chiesa dell’Immacolata di Ronciglione (Viterbo), la Sacra Famiglia dalla Galleria Borghese da cui provengono anche la Madonna della rosa e la Beata Vergine tradizionalmente attribuita a Pulzone ma ora definitivamente assegnata a Marcello Venusti e, ancora, la Santa Prassede dal Museo de la Colegiata di Castrojeriz (Burgos), la Santa Chiara in prestito dal Real Collegio de Corpus Christi di Valencia, il Salvator Mundi dalla cattedrale di San Pietro a Mantova. Da agosto sarà in mostra anche l’Annunciazione del Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli, dipinta da Pulzone per la chiesa di Sant’Angelo in Planciano di Gaeta e dal XIX secolo trasferita nella città partenopea. La quinta sezione riguardava la committenza della famiglia Colonna dalla quale è giunta la più convinta adesione alla mostra, concretizzata dal prestito di tre fra le opere più strettamente collegate alle glorie familiari dei primi committenti di Scipione Pulzone.
Questa sezione comprendeva il ritratto di Martino V Colonna, commissionatogli nel 1574 al pari della Maddalena penitente, per l’altare di Marcantonio II in San Giovanni in Laterano, prime prove pubbliche romane di Pulzone alle quali il recente restauro ha restituito la smagliante cromia originaria; il Cristo sulla via del Calvario oggi sul mercato antiquario (dove è stata identificata da Antonio Vannugli due anni or sono), dipinta per il viceré di Sicilia Marco Antonio Colonna. Proprio alla generosa partecipazione e collaborazione di don Prospero Colonna si deve la presenza in mostra di due ritratti provenienti dalla Galleria Colonna: il Ritratto di Marcantonio II Colonna a figura intera, il più alto e programmatico esempio della ritrattistica laica di rappresentanza di Scipione ( in cui non soltanto gli attributi come il toson d’oro, ma tutta l’impostazione testimoniava immediatamente il rango e la posizione politica dell’effigiato quale fedele vassallo del re di Spagna, di Napoli e di Sicilia ) e il Ritratto a mezzo busto, versione in cui il condottiero indossa il berrettone di velluto nero che aveva portato molti anni prima, il 4 dicembre 1571, giorno dell’ingresso trionfale a Roma di ritorno dalla vittoria di Lepanto. Questa sezione della mostra ruotava proprio intorno allo Stendardo di Lepanto, realizzato da Girolamo Siciolante da Sermoneta, consegnato poi all’ammiraglio Marcantonio Colonna da Gregorio XIII in occasione della celebrazione della vittoria di Lepanto e affidato alla città di Gaeta in custodia perpetua, oggi conservato nel Museo Diocesano. Infine nella sesta sezione, dedicata ai ritratti di papi e cardinali, si è evidenziata la fama conquistata da Scipione, e mantenuta per gli ultimi tre decenni del XVI secolo, secondo la quale egli era il più bravo e ammirato pittore di ritratti, tanto da ricevere la commissione delle immagini ufficiali di quattro pontefici: Pio V Ghislieri, Gregorio XIII Boncompagni, Sisto V Peretti e, limitatamente alla prima metà del suo pontificato, Clemente VIII Aldobrandini. Apre la sezione il Ritratto del Cardinale Antoine Perrenot de Granvelle, figura centrale della politica asburgica europea del Cinquecento, in mostra nella versione conservata a Besançon, vero emblema della tipologia cinquecentesca di questo genere; gli si affiancano il Ritratto di Gregorio XIII Boncompagni proveniente da Villa Sora a Frascati, il Ritratto di Pio V Ghislieri da Palazzo Colonna, il Ritratto del cardinale Michele Bonelli noto come Cardinale Alessandrino, già nella raccolta del Museo Diocesano di Gaeta, il Ritratto del cardinale Enrico Caetani – nell’insolito formato a figura intera stante, evidentemente inteso quale prototipo di una galleria di “ritratti di famiglia” secondo un uso dinastico all’epoca – in prestito dalla sede della Fondazione Roffredo Caetani di Ninfa, il Ritratto del cardinale Alessandro Farnese da Palazzo Barberini e il Ritratto del cardinale Giacomo Savelli della Galleria Corsini, che contende al Granvelle la finissima restituzione fisionomica e l’acuta e sensibile interpretazione psicologica del personaggio
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Pulzone, il divino ritrattista amato da Caravaggio. Le opere, le quotazioni internazionali
Nella galleria della marchesa di Caravaggio esistevano ritratti del maestro centro-italico che era considerato un big della pittura internazionale per l'eleganza con la quale realizzava volti e abiti. A Gaeta, per la prima volta, una mostra ne raccoglie i capolavori dimenticati. Nato tra il 1540 e il 1542, Scipione Pulzone è probabilmente avviato alla pittura dal padre; la sua prima formazione letteraria e artistica avviene a Gaeta, sua città natale, risentendo anche degli orientamenti della cultura artistica napoletana. Intorno al 1562 è a Roma e nel 1567 è registrato presso l’Accademia di San Luca.