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“Uscirà di sotto terra chi con ispaventevoli grida stordirà i circostanti vicini, e col suo fiato farà morire li omini e ruinare le città e castella”. La fine del mondo è prossima: ogni cosa sarà travolta dalla forza inarrestabile della natura e per l’uomo non ci sarà possibilità di salvezza. Il pianeta verrà avvolto dalle tenebre e si lacererà; dai crateri emergeranno fiere violente che dissemineranno il terrore: “Vedrassi voltare la terra sotto sopra, e riguardare li opposti emisperii e scoprire le spelonche a ferocissimi animali”.
Gli uomini sopravvissuti, in preda alla follia, daranno in pasto alle belve le ultime, scarse risorse alimentari: “Butteranno li omini fuori dalle lor proprie case quelle vettovaglie, le quali eran dedicate a sostentare la lor vita”. Sparirà ogni certezza, ogni valore, ogni sentimento, il caos regnerà sovrano, in uno stato di guerriglia permanente: “Le province si mischieranno insieme con gran revoluzione”, e “saranno molti, che si moveran l’uno contro l’altro, tenendo in mano il tagliente ferro”.
E’ l’Apocalisse di Leonardo. 171 profezie che descrivono con un linguaggio oscuro e solenne la fine del mondo. Travolto da forze brutali e inarrestabili, l’uomo diverrà una creatura spietata, selvaggia, dominata dagli istinti più animaleschi, capace di commettere crimini atroci contro i propri simili. Sono immagini cruente, terrificanti, addirittura disgustose, che potrebbero costituire la trama riuscitissima di un film dell’horror.
“Molti si faran casa delle budelle e abiteranno nelle lor proprie”; “Vedrassi il cibo degli animali passar dentro alle lor pelli per ogni parte salvo che per la bocca e penetrare dall’opposita parte insino alla piana terra”. Quello profetizzato da Leonardo è un mondo orripilante, straziato, minacciato da bestie feroci e zombie, che sottraggono all’uomo le proprie ricchezze e lo trascinano nell’oscurità: “Corpi senz’anima per se medesimi si moveranno, e porteran con seco innumerabile generazione di morti, togliendo le ricchezze a’ circunstanti viventi”; “Vedrassi i morti portare i vivi in diverse parti”. Persi i beni e gli affetti, persino l’uso della ragione, l’uomo si lascerà andare ad azioni empie ed immorali, scagliandosi senza alcuna pietà anche contro i propri cari: “Vedrassi i padri donare le loro figliole alla lussuria delli omini e premiarli e abbandonare ogni passata guardia”; “Molti fien quegli che scorticando la madre li arrovesceranno la sua pelle addosso”. Questo scempio non risparmierà neppure le creature innocenti: i neonati saranno strappati dalle braccia delle proprie madri, “gittati in terra e poi lacerati”. Nascerà una nuova Babilonia, in cui sarà impossibile ogni forma di comunicazione e comprensione: “Verrà a tale la generazione umana che non si intenderà il parlare l’uno dell’altro”; “Vedrassi i padri e le madri far molto più giovamento ai figliastri che ai loro veri figlioli”.
La natura stessa sarà vittima della terribile rivoluzione: la terra si inaridirà, le acque si ritireranno, il fuoco avvolgerà e devasterà ogni cosa, i venti convertiranno il proprio corso, le rocce diverranno cenere… “Vederà i maggiori alberi delle selve esser portati fuori de venti dall’oriente all’occidente”; “Vedrassi le piante rimanere senza foglie e i fiumi fermare i propri corsi”. Gli animali saranno impegnati in un’infinita ed estenuante lotta per la sopravvivenza: “Vedrassi la spezie leonina colle ugliate branche aprire la terra, e nelle fatte spelonche seppellire sé insieme cogli altri animali a sé sottoposti”; “Vedrassi serpe combattere colli uccelli”; “Tutti gli strolaga (i galli) saran castrati”… Queste agghiaccianti espressioni oracolari sembrano trovare un efficace supporto visivo in alcuni disegni raffiguranti catastrofi naturali, attraverso i quali Leonardo intendeva rendere visibile l’azione degli elementi sul paesaggio. Destano terrifico sbigottimento soprattutto gli studi sulle stratificazioni rocciose orizzontali: sembra che siano prossime a crollare, esplodere, sbriciolarsi in seguito alla fuoriuscita di una vena d’acqua. Tutto è avvolto da dense nubi e turbini: violenti uragani si abbattono su piccoli centri abitati e li travolgono in un marasma indistinto. Leonardo rappresenta tempeste e maree smisurate, veementi, che spazzano via inesorabilmente cavalieri, alberi, fortificazioni, in un dinamismo che non trova precedenti nella storia dell’arte, e che sembra anticipare l’immagine “in movimento” cinematografica. Le raffigurazioni sono volutamente confuse: ogni vita, ogni città viene distrutta da nuvole burrascose, cicloni inarrestabili, bufere e diluvi.
Alla luce di tali considerazioni, risulta spontaneo accostare queste profezie, rese nella duplice forma di epigrafi e disegni, a quelle di Pico della Mirandola o di Marsilio Ficino, i quali, vantando un presunto dono profetico, prefigurarono immani catastrofi che si sarebbero abbattute sulla Terra a punizione degli innumerevoli peccati dell’umanità. Difficile tuttavia credere ad un Leonardo “apocalittico”, allucinato, vaneggiatore, pervaso da un forte nichilismo; si è soliti pensare a lui come ad un uomo di scienza, metodico, giudizioso, che intrattiene un rapporto positivo con la natura, e riesce con la sua arte a tramutare qualsiasi cosa – si tratti di Madonne, nobili dame, anatomie di muscoli, piante o animali – in bellezza eterna. In nome di questo Leonardo, anticipatore di molti aspetti della scienza e della tecnologia moderne, molti studiosi hanno interpretato le profezie raccolte nel Codice Atlantico come un gioco, un divertissement destinato agli ambienti aristocratici della corte sforzesca. E non a torto: nel foglio 370 r.a, come premessa alla profezia della fossa, si legge la seguente didascalia: “Dilla in forma di frenesia o farnetico, d’insania di cervello”. Essa chiarisce in modo inequivocabile le intenzioni dell’autore: suscitare nel colto e raffinato uditorio, mediante l’arte della recitazione, meraviglia e disorientamento, così che risultasse ancora più arduo indovinare il significato celato dietro queste oscure e terrificanti premonizioni. Se il movente ironico e sarcastico è presente nella maggior parte dei brani, tuttavia non mancano momenti di pensosa riflessione, in cui la grave solennità del dettato corrisponde alla visione che gli viene suggerita dalle osservazioni scientifiche e dalla capacità fantastica di trasferire nell’immagine il suo sbigottimento dinanzi agli spettacoli naturali studiati con tanta applicazione.