Gli Inca erano noti per praticare offerte umane agli dei, tra cui l’offerta di bambini in sacrificio chiamata Capacocha. Questo rituale veniva eseguito in momenti cruciali della vita del popolo, come per prevenire o fermare un disastro naturale. La scelta dei bambini era un momento fondamentale poiché venivano selezionati per la loro purezza, perfezione e bellezza. Il fenomeno pare che riguardasse soprattutto le ragazze.
Parte di esse veniva offerta allo Stato – probabilmente da élite locali che abitavano in aree periferiche, rispetto al centro dell’impero – affinché diventassero sacerdotesse o concubine dell’imperatore e che elevassero così – ulteriormente – il rango della famiglia di origine. Ma all’interno di questi gruppi venivano scelte anche le vittime sacrificali. Non si può escludere che l’offerta equivalesse a una sorta di matrimonio mistico con il vulcano o con la natura e che forse venissero scelte quelle considerate migliori. La fine, in molti casi, avveniva per assideramento.
Cosa raccontano i suoi capelli
Uno studio approfondito, pubblicato in queste ore su Journal of Archaeological Science: Reports – relativo al numero di novembre 2024 – prende in esame la mummia di una bambina di 12 anni che fu scelta per l’estremo sacrificio. La mummia di Quehuar, rinvenuta sul monte Quehuar nelle Ande argentine, è datata a circa 500 anni fa, ovvero risalente all’epoca Incaica. Si ritiene che la mummia facesse parte di un rituale di sacrificio umano, noto come capac cocha, un’istituzione religiosa inca che prevedeva, appunto, il sacrificio di bambini e adolescenti per placare le divinità o come offerta di ringraziamento.
La datazione della mummia di Quehuar, effettuata utilizzando il metodo del carbonio-14 e altri studi archeologici e antropologici, aveva già permesso di collocarla nel XVI secolo d.C., intorno al periodo dell’Impero Inca che precedette l’arrivo degli spagnoli in Sud America.
La nuova indagine si è basata sulla geochimica degli isotopi, che è in grado – tra gli altri dati – di ricostruire la vita biologica e le località in cui le persone sono cresciute e si sono spostate. Importanti informazioni fornite dagli isotopi consentono di stabilire le diete seguite e ciò è particolarmente importante per capire se il sacrificio fosse preceduto da un regime particolare.
“Abbiamo campionato una ciocca di capelli e un frammento di costola per determinare la dieta e l’origine geografica della bambina”. dicono gli studiosi.
Il risultato induce a pensare che la ragazzina fosse stata offerta da una comunità non lontana geograficamente dal luogo del sacrificio. E che probabilmente questi doni umani, che potevano diventare estremi, fossero spesso segno di devozione estrema – finalizzato al riconoscimento di un’alleanza di fedeltà e di sottomissione – di comunità regionalmente periferiche, pur se appartenenti all’Impero Inca. Un dato antropologico sul quale meditare anche in funzione di archetipi presenti nell’umanità sulla modulazione di una forma che potrebbe essere definita come “sudditanza compartecipe”.
La scelta dei bambini e delle bambine
“I ragazzi fino all’età di 10 anni e le ragazze fino all’età di 15 anni venivano selezionati in tutto l’Impero Inca dalle autorità religiose o offerti dai loro genitori – spiegano gli autori dello studio – Le giovani donne venivano spesso selezionate tra le acllas , una parola che significa “scelte”, e venivano selezionate per le loro qualità. Le acllas erano solitamente destinate a ruoli quali sacerdotesse, concubine dell’imperatore e collaboratrici alla produzione di artigianato all’interno dell’Impero Inca. In alcuni casi, alcune di loro venivano offerte in sacrificio. Il processo di selezione dei ragazzi è meno documentato”.
“Dopo che i bambini venivano scelti, andavano in pellegrinaggio da Cusco alle montagne sacre chiamate huacas, accompagnati da sacerdoti e talvolta da membri dell’autorità religiosa o della famiglia. – proseguono i ricercatori – Una volta raggiunta la cima delle montagne, i bambini, già esausti per il viaggio, l’altitudine e il freddo, morivano o venivano abbandonati. Di conseguenza, l’aria fredda e secca ad alta quota mummificò naturalmente i loro resti. Le mummie scoperte da Johan Reinhard nel 1999 sul vulcano Llullaillaco – 6130 metri di altitudine – al confine tra Cile e Argentina sono tra le mummie meglio conservate fino ad oggi. L’obiettivo dello studio di cui sono stati pubblicati gli esiti è stato quello di determinare l’origine geografica di una ragazzina sacrificata, seguendone le variazioni dietetiche e superando così i limiti degli scritti dei coloni spagnoli che descrivevano questo rituale.
“La geochimica degli isotopi – spiegano gli autori – consente la ricostruzione oggettiva delle diete passate, con un occhio completamente neutrale. Il contributo specifico delle analisi isotopiche in archeologia è sottolineato dalla loro capacità di ricostruire le diete passate e i modelli di mobilità con elevata precisione”.
L’indagine voleva anche stabilire se i bambini presentati durante una Capacocha fossero stati sottoposti a una dieta particolare o ritualizzata in preparazione al sacrificio. Inoltre si voleva conoscere la mobilità dei bambini, capendo se avessero viaggiato per lunghe distanze, prima di arrivare al luogo del sacrificio o se giungessero da aree non distanti.
Non veniva da lontano. Arrivò l’estate
La tomba in cui era stata collocata la bambina era in una struttura sepolcrale ampia a un’altitudine di 6.100 metri slm, molto vicino alla cima. Qui, nonostante i danni provocati dai tombaroli a causa dell’uso di dinamite e del saccheggio, gli archeologi hanno trovato, accanto alla mummia, resti di ceramiche Inca, una statuetta femminile, tessuti e un osso sacrificale di camelide.
“L’analisi del DNA ha rivelato che la mummia era quella di una bambina e l’analisi radiografica delle ossa ha permesso di determinare la sua età: circa 12 anni al momento dell’offerta – sostengono gli studiosi.
L’analisi multi-isotopica degli incrementi di capelli della mummia Inca del vulcano Quehuar, Argentina, ha rivelato innanzitutto che la bambina probabilmente non si è mossa per lunghe distanze. I dati dei capelli hanno permesso agli studiosi di determinare che la stagione della morte è da collocare probabilmente all’inizio della stagione delle piogge (estate).
“La composizione degli isotopi di ossigeno del fosfato di apatite ossea ci ha aiutato a determinare l’origine della bambina negli altopiani andini o nelle valli dell’Impero Inca, a un’altitudine di oltre 2.500 metri slm, probabilmente nei bacini di Loa o San Pedro de Atacama in Cile, o nella Quebrada Huamahuaca in Argentina. – affermano gli studiosi – Oltre all’origine geografica della bambina e alla mobilità limitata, questi risultati suggeriscono che le élite locali potrebbero essere state responsabili della fornitura di bambini per il rituale Capacocha . Ciò indica un processo più decentralizzato, in cui i gruppi regionali hanno svolto un ruolo significativo nelle pratiche religiose statali, rafforzando i loro legami con l’autorità centrale Inca”.
Altri valori indicano che essa seguì una dieta composta da piante e carne. Il consumo di alghe potrebbe essere stato parte della dieta prima dell’offerta, in particolare durante la stagione delle piogge (estate). Le alghe dovevano giungere dalle zone marine e pertanto potrebbero appartenere a una sorta di dieta purificatrice, in vista del viaggio estremo? “Lo studio – concludono i ricercatori – suggerisce che potrebbe aver consumato alghe circa un anno prima della morte, prima di tornare a una dieta basata sugli alimenti della terraferma per gli ultimi sei mesi di vita. Ciò indica che il consumo di alghe potrebbe essere stagionale”.
Eve Poulallion, Violeta A. Killian Galván, et al., The Inca child of the Quehuar volcano: Stable isotopes clue to geographic origin and seasonal diet, with putative seaweed consumption. Journal of Archaeological Science: Reports, Volume 59, November 2024, 104784. doi.org/10.1016/j.jasrep.2024.104784