Cos’era una fullonica romana. Chi ci lavorava e come. Un’impresa di 2000 anni fa scoperta nella Città eterna

Con il termine “fullonica” si designa sia l’arte che l’officina dei fulloni, i lavoratori che nell’antichità si occupavano di lavare, smacchiare e preparare le vesti. Una sorta di lavanderia, quindi. La toga, in particolare, richiedeva l’intervento dei fulloni, spiegando così la grande diffusione di questa professione. Non era cos’ facile, lavarla in casa e soprattutto piegarla e stirarla. Così molti si rivolgevano alle lavanderie o fulloniche, che erano piuttosto diffuse e che producevano un buon reddito. I collegi – cioè associazioni professionali – di fulloni sono infatti ricordati in numerose città dell’Impero Romano: Roma, Ariccia, Pompei, Spoleto, Cartagine, Mitilene. Il primo di questi collegi sarebbe stato fondato da Numa Pompilio. Tuttavia, l’arte fullonica era conosciuta e praticata anche dai Greci; Nicias di Megara, citato da Plinio, sarebbe stato il fondatore di questa arte. Un’epigrafe attica del IV secolo (C.I.A., II, 3, 1327) menziona un gruppo di 12 fulloni, e un passaggio di Ippocrate (De diaeta I, 14) fornisce dettagli sulle operazioni che le stoffe subivano nelle mani dei fulloni. Ulteriori informazioni ci provengono dagli scrittori romani; ma la fonte più rilevante per la conoscenza di questa arte è Pompei, dove le fulloniche sono numerose.

Oggi si è svolta a Roma, presso Castel Sant’Angelo, la conferenza stampa riguardante i recenti ritrovamenti archeologici nel cantiere della nuova Piazza Pia. Al centro dell’interesse la fullonica trovata durante gli scavi. All’evento hanno partecipato il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il Sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri, Mons. Rino Fisichella, la Soprintendente Speciale di Roma Daniela Porro e l’Amministratore Delegato di Anas Aldo Isi.

Il Ministro Sangiuliano ha sottolineato l’importanza di trovare un equilibrio tra la tutela del patrimonio storico e la modernizzazione urbana, dichiarando: “È fondamentale salvaguardare la nostra storia e trovare con ragionevolezza e buon senso un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela e l’esigenza di modernizzazione del tessuto urbano”.

Il Sindaco Gualtieri ha evidenziato il valore dei ritrovamenti, affermando: “Piazza Pia ne uscirà ulteriormente arricchita. Questo è davvero un caso emblematico di come la collaborazione istituzionale e la giusta visione del significato della tutela e della valorizzazione dei nostri beni culturali possa portare a una soluzione doppiamente positiva: grazie al cantiere abbiamo scoperto questa bellissima fullonica e gli altri ritrovamenti, che riusciremo a rendere conoscibili e a valorizzare ma, allo stesso tempo, riusciremo anche a realizzare nei tempi previsti il sottopasso”.

Mons. Fisichella ha espresso commozione per la scoperta, affermando: “Devo dire che quando mi hanno informato mandandomi la foto della scoperta ho provato commozione, perché il Giubileo, come sono solito dire, è un evento di popolo e la scoperta di una lavanderia mi ha riportato indietro nel tempo. Questa parte di Roma sarà di nuovo resa visibile a tutti, e come cittadino non posso che esprimere un senso di profonda gratitudine”.

La Soprintendente Porro ha spiegato l’importanza della tutela dei reperti, dichiarando: “L’archeologia di emergenza per la realizzazione del sottopasso di piazza Pia deve in ogni caso tutelare ritrovamenti e scoperte. In questo caso la conservazione dei reperti attraverso la loro delocalizzazione deve portare anche a una valorizzazione: la Soprintendenza ha proposto di ricollocarli a Castel Sant’Angelo, in antico il sepolcro di Adriano costruito negli Horti di Domitia”.

Aldo Isi ha concluso sottolineando la necessità di collaborazione tra le istituzioni, affermando: “L’incontro di oggi è importante perché testimonia quanto sia indispensabile la sinergia e la massima collaborazione tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti per poter raggiungere l’obiettivo, anche valorizzando gli importanti rinvenimenti archeologici per i quali abbiamo messo a disposizione le nostre aree per la dislocazione temporanea”.

Il progetto di riqualificazione e pedonalizzazione di Piazza Pia, finanziato con 79,5 milioni di euro del Giubileo, unirà l’area di Castel Sant’Angelo a Via della Conciliazione e alla Basilica di San Pietro, garantendo sicurezza ai pedoni e fluidificazione del traffico veicolare grazie alla creazione di un sottovia. I lavori, eseguiti da Anas in convenzione con Roma Capitale, dovrebbero concludersi entro dicembre 2024. Le indagini archeologiche hanno rivelato nuove scoperte, portando alla luce paesaggi urbani e storie finora sconosciute della Capitale, inclusi resti di residenze imperiali suburbane che si affacciavano scenograficamente sul Tevere”.

Come funzionava la fullonica

La maggiore fullonica scoperta finora a Roma è quella di M. Vesonio Primo, dove si possono ancora vedere in situ le vasche per il lavaggio; un’altra importante è quella di L. Veranio Ipseo. Da quest’ultima provengono le note pitture con scene realistiche, ora al Museo di Napoli, che raffigurano l’attività quotidiana di una fullonica.

Tra le rappresentazioni, vi è un operaio che, stando con i piedi in una vasca, esegue dei movimenti cadenzati, i “saltus fullonii”. Nella vasca erano riposti i panni da lavare, immersi in acqua mescolata a sostanze alcaline e depuranti: il nitrum, la creta fullonica, l’orina. In un altro quadro è rappresentato un lavoratore che passa una pesante spazzola su un panno sospeso a una verga; questa operazione era chiamata “pectere”.

Un altro operaio è rappresentato mentre porta via una gabbia di vimini (viminea cavea), sulla quale i panni venivano stesi per impregnarsi dei vapori dello zolfo (sulfure suffire). Un altro quadro mostra il pressoio (prelum), una sorta di ferro da stiro, dove i panni venivano messi dopo essere stati inumiditi con uno spruzzo d’acqua fatto uscire dalla bocca. Un pressoio fullonico, meravigliosamente conservato, è stato trovato a Ercolano. La sede dei fulloni a Pompei era situata in un sontuoso edificio sul Foro donato dalla sacerdotessa Eumachia.

I fulloni avevano una particolare devozione per la civetta, l’animale sacro di Minerva, protettrice del lavoro: ne troviamo il ricordo in iscrizioni e in un dipinto affine per il soggetto a quello di Simo, che raffigurò l’officina di un fullone durante le Quinquatrus (Plin., Nat. Hist., XXXV, 143), in cui è rappresentata una processione di fulloni che portano in giro una civetta.

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Redazione
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