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Giuseppe Bernardino Bison, celebrato paesaggista, decoratore e disegnatore friulano vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, ha qualcosa a che fare con Brescia. Nella nostra città egli, ragazzo, ebbe i primi approcci con la pittura, ed i primi maestri.
Giuseppe nasce nel 1762 a Palmanova. Presto la famiglia – i genitori erano gente umile, addetta alla lavorazione della lana – si trasferisce all’ombra del Cidneo, a Brescia. E’ Giovanni Rossi, che nella vecchiaia di Bison sarà legato a lui da una profonda amicizia, a tramandarne i ricordi di quegli anni lontani. “Tenerello ancora – racconta -, cominciò a spiegare la propria inclinazione alle belle arti negli schizzi che faceva sulle pareti di casa e ch’erano altrettanti germogli de’ preziosi frutti che indi a non molto avrebbe dato”.
Forse perché stanchi di dover ripulire l’intonaco dei muri dalle performance di questo writer ante-litteram, o forse – preferiamo pensare – perché desiderosi di assecondare le propensioni del loro figliolo, i coniugi Bison decidono di affidare lo stesso alle mani di due insegnanti, Girolamo Romani e Saverio Gandini, che gli trasmettono i primi rudimenti di “disegno” e “prospettiva”.
Chi erano, i maestri bresciani di Giuseppe? Di Gandini, sappiamo pochissimo. Si trattava di un quadraturista, che nel 1773 collaborò con Pietro Scalvini nella decorazione delle pareti e del soffitto del salone di palazzo Fenaroli.
Qualche notizia in più abbiamo a proposito di Romani (o Romano). A lui gli storici attribuiscono due tele a soggetto sacro, I santi Faustino e Giovita inginocchiati davanti alla Vergine, per la chiesa di San Faustino, ed un Presepio per la chiesa di Sant’Orsola. Assai abile nelle tecniche di restauro, fu chiamato ad intervenire su opere di Paolo Veronese e Luca Mombello. La sua attività fu proseguita dal figlio Giovanni, il quale pure alternò il proprio impegno di pittore con quello di restauratore.
Tutto qui, o quasi. Quel che è certo, è che l’apprendistato di Bison presso i due ha una durata limitata. La famiglia del futuro grande artista, infatti, deve chiudere in fretta la propria parentesi bresciana per emigrare a Venezia.
Nella città della Laguna Giuseppe incontra altri, e probabilmente più qualificati, maestri, che contribuiscono a fargli compiere il decisivo salto di qualità. Ben presto, la sua fama comincia a diffondersi: a Ferrara, Padova, Treviso.
Come scrive Fabrizio Magani, è però a Trieste che egli, “in seguito ad alcuni lavori realizzati a palazzo Carciotti e a palazzo della Borsa, raggiunse una posizione che non tardò a tradursi anche in un notevole successo di mercato. Un mercato che mostrava apprezzamento per i suoi paesaggi ed i capricci, dove Bison metteva a frutto le indubbie doti di scenografo esercitandosi in una quantità di temi diversi”.
Meno felice sarà l’esperienza milanese. Nel capoluogo lombardo l’artista trascorre gli ultimi anni di vita, abdicando alle più impegnative imprese decorative – per le quali era stato addirittura paragonato a Tiepolo – in favore di opere di piccolo formato, ma senza ritrovare i consensi della sua stagione d’oro. Muore nel 1844.