Le streghe vichinghe nelle tombe e nei reperti. Il potere della Vălva. Un corredo di amuleti, bacchetta magica e “droghe”

Era in grado di leggere ciò che gli altri nascondevano. E di prevedere il futuro, anche grazie a vibrazioni che erano un insieme di intelligenza razionale e di sensi sviluppati in acutezza

In pagina: fotografie del Museo danese di Copenaghen

Il collegamento con il mondo superno, la gestione delle premonizione, una sensibilità superiore – forse acuita da disturbi della personalità e da sostanze psicotrope – le metteva in grado di leggere il tessuto profondo della realtà, oltre la barriere delle evidenze. La magia, la premonizione, la medicina popolare furono soprattutto una peculiarità femminile. E ciò non è tanto – come ritiene una certa storiografia femminista – perché ascrivere queste capacità al mondo femminile consentiva, in alcuni casi, la condanna di donne. In verità è ben di più, quello che c’è in gioco.

La donna dimostrava di conoscere più approfonditamente i meccanismi della realtà. Era in grado di leggere, nella psiche, ciò che gli altri nascondevano. E di prevedere il futuro, anche grazie a vibrazioni che erano un insieme di intelligenza razionale e di sensi sviluppati in acutezza, in grado di raccogliere indizi e di proiettare le conseguenze dell’allineamento dei presupposti.

A queste figure non si sottraevano i vichinghi, che assegnavano a queste persone – e ciò si può ipotizzare tanto sulla base di corredi funerari, quanto nella testimonianza mitica della letteratura – un ruolo spesso centrale nella vita della comunità.

Proprio per esplorare il mondo notturno di queste donne, sia sotto il profilo storico-archeologico che mitografico e letterario, il Museo Nazionale danese di Copenaghen ha allestito al Teatro Reale una nuova, spettacolare mostra sulle donne forti dell’era vichinga. “The Viking Sorceress” è stata inaugurata il 27 giugno 2024.

“La Strega Vichinga” è una mostra diversa da qualsiasi altra nella storia del Museo Nazionale. Ciò è reso del tutto chiaro da Rane Willerslev e Kasper Holten, che hanno curato la mostra stessa. La loro visione è quella di unire nuove scoperte scientifiche, narrazione sensoriale e una magnifica scenografia in un’unica avventura incentrata sulla potente maga dei Vichinghi, la Vălva.

“Siamo abituati a pensare a cosa fossero i Vichinghi, ma raramente a chi fossero o cosa pensassero. In questa mostra, cerchiamo di riflettere su come i Vichinghi tentarono di comprendere il loro posto nel mondo, aiutati dai Vălva. Speriamo così di arrivare a comprendere il fatto che altre persone di altre epoche non vivevano e vedeva il mondo come noi. Si tratta di un’intuizione decisiva per poter navigare nel mondo come persone di oggi”, afferma il direttore del Museo Nazionale, Rane Willerslev.

“Ero entusiasta quando Rane me lo ha chiesto qualche anno fa, perché amo raccontare storie ed è stata una sfida entusiasmante farlo in questo contesto. Far sì che la donna forte dell’era vichinga, la Vălva, ci parli direttamente oggi è stata semplicemente una sfida pazzesca. Ed è stato un viaggio affascinante conoscere gli esperti del Museo Nazionale per provare a dar vita a questa figura attraverso gli effetti teatrali”, dice Kasper Holten, direttore teatrale del Teatro Reale e uno dei registi teatrali danesi più ricercati, che hanno lavorato in alcuni dei più grandi teatri di tutto il mondo.

Le donne forti dell’era vichinga
La Vălva era sia una leader femminile di culto che una figura mitologica ricorrente. E sebbene la maggior parte delle persone pensi ai maschi – e alle loro incursioni – quando pensa all’era vichinga, la Vălva era colei che possedeva poteri così grandi che persino il dio dei re, Odino stesso, aveva bisogno dell’aiuto e dei consigli di queste donne. Poiché Odino era il re degli Dei – ed è probabile che i sovrani reali si ispirassero alla figura divina – si può capire quanta importanza gli “ordinari sovrani” dessero a queste consigliere.

La mostra apre un universo in cui i visitatori possono conoscere le donne dell’era vichinga che ricoprivano il ruolo di Vălva, la loro funzione, le loro storie e la loro identità. Vălva era una donna influente e temuta, e la sua categoria giocava un ruolo sorprendentemente importante per le persone dell’era vichinga nei loro tentativi di comprendere il mondo che li circondava, così come il proprio destino. Anche Harald Bluetooth, che portò il cristianesimo in Danimarca, sembra che abbia consultato una Vălva. Queste maghe avevano, evidentemente, molto conoscenze della natura, probabilmente tramandate in modo segreto di generazione in generazione, attraverso forme di iniziazione. Ciò era pertanto in grado di creare una serie di bagagli pre-scientifici, che costituivano un substrato logico per proiezioni previsionali.

In questa mostra siamo invitati a conoscere la visione del mondo dei Vichinghi e a comprendere i loro pensieri su se stessi. Questi sono pensieri che altrimenti potremmo considerare riservati alle persone dei tempi moderni.

La fine del mondo
La mostra si apre con un viaggio, in cui i visitatori seguono le orme del potente dio Odino incontrando la Vălva, che ci parla direttamente.

La Vălva racconta a Odino, e a noi visitatori, la storia di Ragnarăk: questa è la storia di un mondo in cui gli esseri umani sono profondamente dipendenti dalla natura che li circonda. È una storia sulla paura di ciò che accadrebbe se si scatenasse il caos nel mondo – o se scatenassimo il caos dentro di noi.

Kasper Holten ha curato la mostra attraverso la scenografia di Steffen Aarfing. Insieme, i due hanno messo in scena produzioni operistiche in tutto il mondo, inclusa l’acclamata produzione dell’opera “Ragnarok” al Teatro Reale Danese. Marie Carsten Pedersen della Zetland è la drammaturga della mostra, mentre l’archeologo e curatore del museo Peter Pentz insieme alla curatrice della mostra Mette Boritz del Museo Nazionale costituiscono il team di specialisti dietro la mostra.

Elementi in evidenza: la maga vichinga

La mostra presenta una serie di elementi evidenziati che sono stati reinterpretati dagli studiosi.

Un pezzo del sorriso dei Vălva

Di tanto in tanto vengono fatti ritrovamenti archeologici che vanno ben oltre l’ordinario. Questo vale per l’insolita tomba di una donna dell’età vichinga che è stata trovata nella fortezza ad anello di Fyrkat vicino a Hobro. Tra le circa 30 tombe presenti qui, questa si distingue per i suoi misteriosi corredi funerari, tra cui un bastone di metallo e semi della pianta giusquiamo, che ha capacità di alterazione della mente. Nella Profezia della Strega Vichinga viene mostrato un pezzo della bocca di questa donna. I ricercatori del Museo Nazionale suppongono che fosse una Vălva di nomina regale al seguito dello stesso Harald Bluetooth.

L’amuleto della Vălva – Il crocifisso d’oro più pregiato del Nord
Un venerdì di marzo 2016, un danese ha fatto un’interessante scoperta in una chiesa di Fyn (Funen). È stato rinvenuto un piccolo ciondolo d’oro, di 4,1 cm di dimensione e a forma di uomo con le braccia distese come Cristo sulla croce. Il crocifisso è del X secolo. Gli studiosi ritengono che una Vălva possa averlo portato insieme ad altri amuleti.

Il lupo Fenris
Nella poesia “La profezia della veggente”, il lupo è una forza distruttiva nella rappresentazione di Ragnarăk.

In mostra è esposta una spettacolare spilla di altissima qualità artistica, che raffigura il Lupo Fenris con la mano di Tyr tra le fauci. Perse la mano quando il Lupo fu incatenato; ma quando arriverà Ragnarōk, Fenris scapperà libero e inghiottirà Odino stesso.

Il tesoro della Vălva
Poco più di 1000 anni fa, in un campo vicino a Lille Karleby in Sjælland (Zelanda), qualcuno seppellì un tesoro assolutamente unico: non assomiglia a nessun altro tesoro dell’epoca vichinga. Contiene 392 oggetti, tra cui coppe d’argento, una grande spilla dragtnål, un anello da braccio in argento e una grande spilla in bronzo.

Ma la parte insolita di questo ritrovamento sono i 53 amuleti, 300 perle di vetro, ambra, cristallo di rocca e una catena d’argento intrecciata.

Ciò ha portato gli studiosi a chiedersi se questo tesoro forse appartenesse a una Vălva e avesse qualche funzione rituale.

La mostra è sostenuta da: A.P. Møller e la moglie Chastine Mc-Kinney Fondazione Møllers per Almene Formaal, Fondazione Augustinus

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Redazione
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