La mostra intitolata “F. Schena – G. Bergomi – G. Olini – trilogia d’artisti incantati”, che si inaugurerà venerdì 6 dicembre 2024 alle ore 18:00 nella suggestiva cornice della cascina La Casina Residenza di campagna, in via Soncini, 6, a Pievedizio, in provincia di Brescia (Telefono: 335 520 2430) è un’occasione unica per immergersi nell’universo creativo di tre artisti bresciani e per confrontarsi con gli ultimi cantori della civiltà contadina. Fausto Schena, Giacomo Bergomi e Giacomo Olini condivisero non solo la sensibilità artistica, ma anche una profonda consapevolezza del cambiamento epocale che attraversava il loro tempo: la fine della civiltà contadina, un mondo millenario che si dissolveva sotto i loro occhi.
La mostra è curata – con grande intelligenza – da Gian Mario Andrico e da Tonino Zana. I due studiosi interverranno alla presentazione del 6 dicembre, con il collega Maurizio Bernardelli Curuz e con il fondatore de La Casina, l’industriale Gianpietro Franchini, inquadrando storicamente e artisticamente i contenuti espositivi.
L’ingresso è libero e gratuito per tutti, tanto al momento del taglio del nastro e del rinfresco, che alla visita della mostra.
L’appuntamento culturale voluto da Franchini prosegue sulla linea di una mostra precedente dedicata alla visione della campagna tra Cinquecento e Settecento-Ottocento. Dal massimo trionfo dell’orizzonte agreste – nella mostra di primavera – al suo declino novecentesco.
Attraverso fotografie e dipinti, i visitatori potranno esplorare le opere di questi tre maestri che, con poetica urgenza, documentarono l’ultimo respiro di una realtà che sembrava eterna. La mostra, curata con passione, si propone di celebrare la loro capacità di lasciarsi incantare dalla bellezza del mondo e di testimoniare con arte e amore ciò che stava irrimediabilmente svanendo.
Fausto Schena: il fotografo del quotidiano perduto
Nato nel cuore di Brescia nel 1895, Fausto Schena iniziò a fotografare negli anni Venti del Novecento. Operaio di giorno e poeta dell’immagine nel tempo libero, percorreva a piedi o accompagnato da amici i sentieri della provincia bresciana, armato di una macchina fotografica che divenne la sua compagna inseparabile.
Schena non cercava l’eccezionale, bensì il quotidiano: le strade polverose, i volti segnati dal lavoro, le feste di paese, i campi arati al tramonto. Ogni suo scatto è un frammento di un mondo in trasformazione, dove la modernità stava cancellando i ritmi antichi della vita rurale. Con il suo “incantato stupore”, come amava definirlo, immortalò l’essenza di una realtà che si stava sgretolando, trasformando in poesia visiva ciò che molti consideravano ordinario.
La sua testimonianza è preziosa non solo per la qualità estetica delle sue fotografie, ma anche per il loro valore storico: un archivio vivente del passaggio da una società contadina a una industriale, raccontato con sensibilità unica.
Giacomo Olini: il pittore delle stagioni e delle fatiche rurali
Giacomo Olini, nato nel 1918 e vissuto nella povertà più austera, dedicò la sua vita interamente alla pittura. Cresciuto tra difficoltà materiali e affettive, trovò nella pittura un linguaggio universale per esprimere la sua anima e il suo legame profondo con la terra.
Allievo di Vittorio Trainini, Olini trasformò le lezioni apprese nella bottega del maestro in un percorso artistico personale. Con cassetta di colori e tela al collo, si immergeva nella vita rurale, osservando e dipingendo con devozione i gesti antichi dei contadini: l’aratura, la mietitura, il lavoro nelle stalle. I suoi dipinti non erano solo raffigurazioni realistiche, ma veri e propri canti d’amore per la semplicità e la dignità della vita contadina.
Attraverso la sua arte, Olini restituiva un mondo che si stava spegnendo, facendolo vivere per sempre nelle sue tele. I suoi colori, intensi e vibranti, catturano l’anima di un’epoca che, pur nella sua durezza, aveva una sua armonia quasi sacrale.
Giacomo Bergomi: radici nella terra, visioni poetiche del mondo
Giacomo Bergomi, nato nel 1923 a Barco di Orzinuovi, fu un artista radicato profondamente nel mondo contadino da cui proveniva. Formatosi a Brescia sotto la guida di Emilio Pasini, lasciò presto la scuola accademica per seguire la sua ispirazione, legata ai paesaggi e alle persone della Bassa bresciana.
Le sue opere, che spaziano dalla pittura alla scultura, sono intrise di un lirismo potente e struggente.
Bergomi non si limitò a documentare il mondo rurale, ma lo trasfigurò, trasformandolo in un universo poetico dove le fatiche e le gioie quotidiane diventano metafore universali. Dai campi lombardi alla Puglia, dalla Grecia all’America Latina, Bergomi portò con sé le sue radici contadine, reinterpretandole con un linguaggio universale che parlava di umanità, sacrificio e bellezza.
Il tramonto della civiltà contadina in Italia: tra storia e memoria
La civiltà contadina, che per millenni aveva plasmato il paesaggio, la cultura e i ritmi di vita in Italia, ha vissuto un tramonto irreversibile nel corso del Novecento. L’industrializzazione, l’urbanizzazione e i profondi cambiamenti sociali ed economici portarono alla progressiva scomparsa di un modo di vivere basato sull’autosufficienza, sulla comunità e su un rapporto simbiotico con la natura.
Gli anni del dopoguerra furono il momento di svolta: la meccanizzazione dell’agricoltura, la migrazione verso le città e il boom economico svuotarono le campagne, portando alla perdita di tradizioni, saperi e valori che avevano definito l’identità italiana per generazioni. La civiltà contadina non era solo un sistema economico, ma un modo di essere, radicato nella lentezza dei cicli naturali e nell’armonia con il territorio.
Artisti come Schena, Olini e Bergomi compresero l’unicità e l’importanza di documentare questo mondo prima che svanisse. Le loro opere, per quanto diverse nei mezzi espressivi, convergono nel celebrare la dignità del lavoro rurale, la bellezza dei paesaggi e la profondità delle relazioni umane che caratterizzavano la vita contadina. In un’epoca di globalizzazione e omologazione culturale, il loro lavoro rimane un monito e un invito a ricordare le nostre radici.
La mostra di Pievedizio offre l’opportunità di riflettere su un passato che ci appartiene e che, pur essendo lontano, continua a influenzare la nostra identità. Un tributo agli “artisti incantati” e al mondo che seppero raccontare con così tanta poesia e verità.