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Lucian Freud (1922-2011), come si sa era nipote di Sigmund, e come il padre della psicanalisi era, naturalmente, ebreo: per questo, dopo che Hitler salì al potere in Germania, la famiglia Freud si trasferì in Inghilterra, dove, il futuro artista nel 1939 ottenne la cittadinanza inglese. Oggi è considerato uno dei più significativi pittori dell’era contemporanea. I ritratti e i nudi erano la sua specialità: tra i soggetti scelti nel corso della sua carriera vanno ricordati gli amici, i familiari, le amanti e i bambini, temi che gli hanno permesso comunque di creare quadri sempre e puramente autobiografici. Egli si concentrò sul “paesaggio umano”, cogliendo impietosamente, da un punto di vista influenzato certamente dall’esistenzialismo, il lato oscuro, il dolore, il Nulla. Così, come Bacon, egli fu uno dei principali interpreti dell’immagine che l’uomo contemporaneo ha di se stesso, in una visione chiaramente anti-umanistica e anti-Rinascimentale.
“Tutto è ritratto” ha affermato Lucian Freud (Berlino 1922 – Londra, 2011); ed infatti egli, pur partendo dal tema del paesaggio e della natura morta – e ciò, a dire il vero, senza contraddizioni con la sua poetica -, ha abbracciato con fervore il motivo del ritratto. E sebbene si dica che l’artista non sia mai stato particolarmente interessato agli scritti del celeberrimo nonno, Sigmund Freud, egli ha sempre instaurato un rapporto molto forte con i propri modelli, sottoponendoli a numerose sedute e creando un reale, e a volte totalizzante, coinvolgimento.
Del resto lui stesso disse: “E’ quello che c’è nella testa delle persone che è importante per me”. Anche per questa ragione Freud preferì non usare modelli professionisti, ma piuttosto scegliere i soggetti tra chi apparteneva al proprio “paesaggio esistenziale” in direzione dell’affermazione secondo la quale “Il soggetto è autobiografico”. Ecco allora, lo ribadiamo, familiari, amanti, amici, figli, cani. Questi soggetti sono dunque reali, spesso colti nella verità totale della loro nudità. Ciò che conta non sono i loro nomi, ma le personalità ed il rapporto che si instaura durante le sedute con l’artista intento ad immortalarli. Non è quindi un caso che moltissimi ritratti, nel titolo, siano privi di un nome perché il pittore ha scelto di apporre un preciso codice identificativo soltanto relativamente ai dipinti nei quali sono effigiate persone celebri: da John Minton a Frank Auerbach, da Francis Wyndham a Francis Bacon.
E proprio quest’ultimo, incontrato per la prima volta nel 1944, esercitò una profonda influenza su Freud che di lui disse “La sua opera mi impressionava, ma la sua personalità mi avvinceva”. Benché i due fossero per alcuni aspetti molto distanti, una caratteristica li accomunò sempre: entrambi erano infatti incredibilmente ossessionati da sé, e ciò li spinse a dar vita a numerosissimi autoritratti. Autoritratti realizzati da Freud con grande difficoltà ed impegno, perché il pittore doveva, oggi come ieri, sforzarsi di dipingere se stesso come se fosse un’altra persona, estraniato da sé.
Sembra trasparire uno sguardo interrogativo sul volto di colui che, per il momento, sta mantenendo quanto precedentemente affermato: “Voglio dipingere me stesso fino al giorno della mia morte”. Celebre è il ritratto che Lucian Freud donò alla Regina Elisabetta II. Nel Duemila la sovrana gli aveva chiesto di ritrarla, così come nei secoli passati, grandissimi pittori avevano ritratto i suoi predecessori (Enrico VIII è stato immortalato da Holbein, Carlo V da Tiziano, Carlo I da Van Dyck). E così Freud fu costretto a derogare dall’abitudine, secondo la quale realizzava i propri ritratti sempre nell’atelier, e si recò a St. James’s Palace tra il maggio del 2000 e il dicembre del 2001. Il piccolo ritratto fu regalato dal pittore alla Regina, alla quale chiese espressamente di indossare, durante le sedute di posa, la corona di diamanti.
Quando il quadro fu reso pubblico, alcuni critici rimasero stupiti nel costatare che, persino per immortalare la sovrana, Freud non avesse rinunciato al suo usuale, e spesso provocatorio, stile. Per l’occasione, “The Sun” paragonò l’effigie della Regina Elisabetta, impietosamente, a quella di un “travestito”.
Ma Freud dipinse spesso più che le celebrità (anche se ha fatto non poco parlare di sé il ritratto della modella Kate Moss nuda e in stato di gravidanza, aggiudicato all’asta per un valore di 5,8 milioni di euro), le persone che lo circondavano. A tal proposito sono numerosi i ritratti della madre dell’artista realizzati in seguito alla morte del marito, avvenuta nel 1970. La donna, infatti, a causa del lutto aveva tentato il suicidio, ed il figlio aveva preso l’abitudine di portarla nel suo appartamento e di farla posare per i dipinti. Un appuntamento che si ripeté per una quindicina d’anni, colta mentre legge o giace sul letto abbandonata ad un lento declino.
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