Gli uomini sono inutili e imperfetti, la conferenza di Telmo Pievani a Rinascimento culturale,
In sintesi. La perfezione non ha senso. Lo dicono i padri fondatori della scienza Charles Darwin, Galileo Galilei e molti altri.
Secondo la teoria evoluzionistica è nelle vulnerabilità e nelle differenze individuali che possiamo trovare il motore del cambiamento e del progresso che ci ha permesso di sopravvivere come specie umana fino ad oggi.
L’evoluzione è un artigiano che, con fantasia e creatività, si arrangia con quello che ha.
Telmo Pievani – filosofo italiano specializzato in evoluzione – scrive che sono proprio i difetti di un sistema a permettere la sua evoluzione stessa. Di sicuro è accaduto così con genoma umano e cervello, strutture complesse quanto imperfette, ma capaci di trovare in continuazione risposte adeguate ai propri errori.
Sono stati proprio gli errori nella duplicazione del DNA delle cellule a permettere l’evoluzione: senza di essi non ci sarebbe alcuna mutazione. Anomalie anatomiche, corazze obsolete o ali non più utilizzate, come quelle dei pinguini, il coccige che un tempo era la coda: la vita non avanza pianificando ma sbagliando e riprovando. Dalla stabilità non nasce niente, l’instabilità è fertile e generatrice.
Perché noi siamo il risultato di una serie di imperfezioni che hanno avuto successo, sono proprio le strutture imperfette a farci capire in che modo funziona l’evoluzione: non come un ingegnere che ottimizza sistematicamente le proprie invenzioni, ma come un artigiano che fa quel che può con il materiale a disposizione, trasformandolo con fantasia, arrangiandosi e rimaneggiandolo di continuo, a ogni generazione, ingloba ciò che non ha funzionato e prova nuovi stratagemmi e meccanismi adattivi.
Tutta la storia naturale che ci ha condotto fin qui è un catalogo di imperfezioni che hanno funzionato tanto che oggi siamo la potentissima specie che domina il pianeta.
L’homo sapiens è una specie recente che occupa una piccola nicchia ecologica, con un cervello complesso e risultato di mille stratificazioni, dunque sempre indeciso tra immediatezza e lungimiranza per ragioni ataviche che oggi sono superate dalla tecnologia, ma ancora presenti nella nostra parte più primitiva.
Dobbiamo però, appunto, tornare a vederci come una parte del ciclo naturale, soggetti anche noi alle sue leggi, in un ecosistema che rischiamo di distruggere finendo così per estinguere anche noi stessi.
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