Ristrutturano casa. Fanno un buco in cantina. Ecco una porta. E’ un mausoleo romano. In un’urna ossa e 5 litri di vino

I lavori di ristrutturazione al numero civico 53 di via Sevilla hanno portato alla luce il pozzo di accesso a un recinto sotterraneo. L'ispezione preliminare ha confermato che si trattava della camera di un mausoleo romano non saccheggiato che aveva subito poche modifiche da quando era stato costruito.

E’ stata davvero una grande sorpresa, durante lavori di ristrutturazione, per una famiglia spagnola. Un buco ed ecco apparire, nel sottosuolo un mausoleo romano di 2000 anni fa, intatto.

Questa tomba, datata agli inizi del I secolo d.C., contiene otto nicchie funerarie, sei delle quali ospitano urne cinerarie con resti cremati e vari oggetti utilizzati durante rituali funebri romani.

Le otto nicchie sepolcrali della tomba presentano urne realizzate in pietra calcarea, arenaria, vetro e piombo. Ciascuna urna porta i resti ossei cremati di un singolo individuo. Due delle urne recano iscrizioni con i nomi dei defunti: Hispanae e Senicio.

La nicchia 8 è ciò che distingue questa scoperta dalle altre. All’interno di una scatola ovale di piombo con un coperchio a cupola piatta c’è un’urna in vetro con manici a forma di M. Al suo interno si sono conservati cinque litri di un liquido rossastro. Vino, confermano le indagini di laboratorio.. Il defunto è stato cremato. I suoi resti ossei sono stati raccolti e inseriti nel contenitore, poi riempito dal liquido.

“Il ritrovamento di un’urna per ceneri di circa 2000 anni, contenente un liquido rossastro, è stato piuttosto eccezionale e inaspettato. – dicono gli studiosi che hanno analizzato la sostanza, pubblicando, in queste ore gli esiti dello studio sul Journal of Archaeological Science: Reports – Uno studio archeochimico del liquido ha permesso di ritenerlo il più antico vino antico conservato allo stato liquido. Nel corso dell’indagine abbiamo utilizzato la spettrometria di massa al plasma accoppiata induttivamente (ICP-MS) per determinare gli elementi chimici nei sali minerali del vino e la cromatografia liquida-spettrometria di massa ad alte prestazioni (HPLC-MS) per identificare i polifenoli contenuti. Il profilo dei sali minerali e, soprattutto, la rilevazione e quantificazione di alcuni polifenoli tipici, hanno permesso di identificare il liquido come vino bianco”.

“Il vino si è rivelato molto simile ai vini di qui, dell’Andalusia: Montilla-Moriles; vini tipo sherry di Jerez e manzanilla di Sanlúcar”, ha affermato José Rafael Ruiz Arrebola, chimico organico dell’Università di Córdoba che ha condotto l’analisi del vino .Lo Sherry (in spagnolo Jerez) è un tipo di vino liquoroso della Spagna, la cui zona di produzione, in origine, era costituita dai dintorni della città di Jerez de la Frontera, in Andalusia. Un vino profumato, originariamente dolce, a gradazione piuttosto elevata, nonostante, a quei tempi, non si usasse ancor l’acquavite per bloccarlo al momento del suo massimo sviluppo.

Carmona, città nel cui territorio è stato scoperto il mausoleo romano, è un comune spagnolo di 28mila abitanti situato nella comunità autonoma dell’Andalusia, in provincia di Siviglia. La cittadina, di aspetto moresco, è posta nella fertile pianura del Guadalquivir, su un cocuzzolo a 428 metri di altitudine.

Nel 206 a.C., Carmona fu occupata dai Romani e divenne un importante centro della provincia Betica, una delle tre province in cui i Romani suddivisero l’intera Spagna. Il comune aveva il titolo di municipium, il che significava che poteva battere moneta. Inoltre, durante il periodo romano, Carmona rafforzò le sue mura con una cinta muraria che fu descritta come poderosa da Cesare nel “De Bello Civili”.

I Romani hanno lasciato molte testimonianze della loro presenza, soprattutto attraverso l’enorme necropoli. Nella struttura urbana della cittadina è ancora riconoscibile la caratteristica disposizione romana con il cardo, che si identifica con la strada che unisce la Porta di Siviglia alla Porta di Cordova.

“Sebbene gran parte dell’antica necropoli di Carmo si trovi all’interno del complesso archeologico di Carmona, il cimitero romano era più grande, quindi non è insolito scoprire complessi sepolcrali durante gli scavi di edifici per lavori di costruzione nell’area. – dicono gli studiosi – I lavori di ristrutturazione al numero civico 53 di via Sevilla hanno portato alla luce il pozzo di accesso a un recinto sotterraneo. L’ispezione preliminare ha confermato che si trattava della camera di un mausoleo romano non saccheggiato che aveva subito poche modifiche da quando era stato costruito. La camera era sormontata da una volta ben conservata di pietre voussoir e decorata con motivi geometrici dipinti. Nelle pareti erano ricavate otto nicchie: sei contenevano urne per ceneri e oggetti funerari, tra cui una ciotola in mosaico di vetro in perfette condizioni”.

“Il pozzo di accesso, rettangolare e di 1,03 m× 0,98 m, era scavato nella roccia e rialzato con un anello bugnato che raggiungeva in sommità il livello del suolo – proseguono gli studiosi – Nella parete settentrionale era aperta la porta di accesso alla struttura, alta 1 metro e 80 terminante a forma di arco semicircolare. La porta era collegata alla camera da un camminamento di 1,46 m di lunghezza x 0,70 m di larghezza, anch’esso scavato nella roccia e destinato a rafforzare la zona a partire dalla quale era eretto un monumento sepolcrale che usciva dal terreno, forse una torre”.

“Anche la camera era rettangolare (3,29 m di lunghezza x 1,73 m di larghezza) e il soffitto era una volta con una luce massima di 2,41 m. – dicono gli studiosi – Le pareti occidentale e orientale contenevano quattro nicchie ciascuna. Tutte le superfici all’interno della camera erano rivestite; il pavimento e le pareti in cocciopesto , la volta in calce rossastra. I rivestimenti erano decorati con una serie di motivi geometrici apparentemente lasciati al grezzo ma rimasti in buono stato fino al soffitto. La volta era dipinta con linee intrecciate di rosso e ocra che formavano una griglia contenente spazi interni vuoti. La sommità della parete settentrionale era decorata da un unico motivo lobulato in rosso, solo parzialmente conservato. A differenza del pozzo e del camminamento, che erano scavati nella roccia, la presenza di scheggiature ha suggerito che le pareti della camera fossero costruite con conci e la volta fosse realizzata con grandi conci di pietra alcoriza (una varietà locale di arenaria) impilati a secco. Questo metodo di costruzione deve aver richiesto lo scavo preventivo di una grande fossa a cielo aperto per erigere la struttura sepolcrale”.

“Due delle otto nicchie rinvenute nella camera erano vuote dicono gli studiosi – mentre le altre sei contenevano un’urna ciascuna. L’urna trovata in L-3 era una scatola di pietra calcarea mentre quelle in L-4, L-5 e L-6 erano scolpite nell’arenaria locale. Le urne in L-7 e L-8 erano realizzate in vetro ed erano alloggiate in teche di piombo. Tutte le urne contenevano resti ossei cremati di un singolo individuo (una femmina in L-3, L-5 e L-7 e un maschio in L-4, L-6 e L-8). Le urne in L-4, L-5 e L-6 erano parzialmente rivestite con uno strato di gesso e il gesso nelle prime due veniva utilizzato per scolpire i nomi dei defunti: Hispanae e Senicio“.

All’esterno, il contenitore di piombo. Dentro, il notevole vaso di vetro azzurrino nel quale erano conservati parti di ossa combuste affondate nel vino. Foto: Juan Manuel Román

Le immagini e i dati della scoperta, riportati nel Journal of Archaeological Science: Reports, offrono una visione dettagliata del contesto della tomba e dell’urna. Prima di questa scoperta, il vino più antico conservato allo stato liquido era la bottiglia di vino Spira, scavata da una tomba romana vicino alla città tedesca di Spira nel 1867 e datata circa al 325 d.C.

FONTE: Journal of Archaeological Science Reports

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