di Roberto Manescalchi
Abbiamo esaminato la tavoletta in collezione privata (Fot.1) che proviene da asta pubblica. Come ben si evince dal catalogo d’asta reperito online (Fot. 2) la stessa è stata battuta come copia da Piero della Francesca.
Che si tratti di opera da un modello pierfrancescano nessun dubbio in quanto lo stesso soggetto è stato affrescato per ben due volte ad opera di Piero e dei suoi aiuti nel ciclo ‘Storie della Vera Croce’ nella cappella dei Bacci nell’abside della chiesa di San Francesco in Arezzo. Più precisamente nel secondo registro della parete, a destra di chi guarda. Una prima volta nella scena dell’adorazione del ‘Sacro Legno’ e una seconda volta nell’adiacente incontro della ’Regina di Saba con Re Salomone’ (Fot. 3 – i due soggetti sono evidenziati in riquadri ingranditi -).
La critica (Eugenio Battisti 1971) pone in risalto, pur evidenziando l’uso del medesimo cartone – ribaltato nella scena dell’incontro della Regina di Saba con Re Salomone-, un evidente squilibrio formale tra la prima immagine (Fot.4) e la seconda immagine (Fot. 5) stilizzate graficamente e rispettivamente da G.Joppolo e M.Gamm.
Nella stilizzazione in Fot. 4 si evidenzia un marcato squilibrio del velo sulla parte destra rispetto alla linea di mezzeria della composizione. Quanto sopra farebbe presupporre la completa autografia dell’opera (Fot. 4) da parte di Piero e l’intervento di un aiuto, probabilmente Giovanni da Piamonte (Fot. 5).
L’allievo fu certamente meno dotato e sensibile a quella che era ricerca di proporzione, al tempo non completamente scontata per tutti, in bottega. Tuttavia indubitabilmente, l’intero ciclo fu da Piero licenziato e a lui deve essere sicuramente ricondotto e ascritto. Premesso che finito di completare il ciclo la logica, che è scienza esatta, presuppone la rimozione dei ponteggi usati per poter affrescare le pareti del coro onde ben visualizzare e presentare il ciclo ai contemporanei. La cronologia del cantiere e i documenti repertati sulla fabbrica da Giuseppe Centauro (1989) farebbero presupporre l’impossibilità, in assenza di cartone dello stesso Piero, dell’esecuzione tarda di una copia perfetta stante l’altezza – circa otto metri dal suolo – delle figure affrescate. Le due teste sono poste più o meno in corrispondenza della linea che abbiamo contrassegnato con la lettera B nell’assonometria dell’edificio (Carla Corsi Miraglia1989; Fot.6) e con lettera A abbiamo contrassegnato la porta che da accesso alla sagrestia e che è alta circa due metri.
L’altezza impedisce, per ovvi motivi, la presa parallela dell’immagine con un prospettografo e, in assenza di ponteggi, la possibilità di un calco diretto. la zona absidale della chiesa di San Francesco in Arezzo fu incatenata intorno alla fine del Settecento (a giudicare dal tipo di catena) e comunque in conseguenza del fulmine caduto esattamente nel 1784. Eventuali ponteggi furono quindi posti in essere e rimossi prima della nascita e dell’operare di importanti falsari ottocenteschi tra cui, tra tutti, Angiolino Tricca ed Elia Volpi. Una foto storica di fine Ottocento (Fot.7) ci mostra la catena passare davanti all’affresco proprio all’altezza dei due ritratti (uno dritto ed uno rovescio) della figura di nostro interesse.
Gli affreschi furono restaurati una prima volta a partire dal 1911. in quell’anno venne dato mandato al restauratore Domenico Fiscali di condurre un sopralluogo di valutazione dello stato di degrado degli affreschi e dei possibili rimedi. Il restauro ebbe compimento nel 1916 e proprio in quell’anno vennero rimosse anche le catene davanti all’affresco. In questo periodo avrebbe, in teoria, potuto ancora operare, sfruttando i ponteggi allestiti per l’occasione, Elia Volpi, morto nel 1938, ma lo riteniamo assolutamente improbabile stante la vicenda della vendita dell’Ercole all’Isabella Gardener Museum di Boston, di pochi anni prima, che lo vide coinvolto ed in qualche modo contrapposto alle autorità fiorentine preposte alla salvaguardia e tutela (Roberto Manescalchi 2012).
In Fot. 8 è stata posta in evidenza la perfetta coincidenza della ripartizione grafica della costruzione del volto degli affreschi pierfrancescani e della tavoletta oggetto di studio.
In Fot. 9 a sx il testo pittorico pierfrancescano e a dx la nostra tavoletta. Al centro per trasparenza la sovrapposizione tra i due testi pittorici. La perfetta sovrapposizione tra le due figure muliebri denota, a nostro avviso, l’indubitabile provenienza dal medesimo cartone (si consideri anche la quasi certa impossibilità di copia del testo pittorico pierfrancescano già documentata.
In Fot. 10 rappresentazione grafica in proiezione ortogonale complessa dall’autografo pierfrancescano del ‘De Perspectiva Pingendi’). Dopo aver preso a campione la testa rappresentata sul piano verticale a dx nella foto, ne abbiamo accoppiato meta con metà dipinto in Fot.11.
Leggerissime e comunque assolutamente giustificabili incongruenze sono dovute ad effetti di graficismo. Il disegno a corredo del manoscritto è 5/6 volte più piccolo del dipinto e nelle operazioni di ingrandimento minuscole discrepanze si accentuano notevolmente. Inoltre la testa grafica è perfettamente orizzontale mentre la testa dipinta è leggermente ruotata per conferire al dipinto medesimo più profondità di campo. In Fot. 12 la testa in costruzione scorciata sempre dal ‘De perspectiva …’ e in Fot. 13 la medesima ribaltata orizzontalmente e da noi elaborata graficamente per il confronto con il testo pittorico Fot. 14.
La coincidenza tra teoria e pratica, malgrado il solito errore di graficismo, è a nostro avviso impressionante. A proposito di stilemi ci basta in questo caso evidenziarne uno. Stiamo parlando del particolare anatomico dell’orecchio. Lo stesso orecchio abnorme rispetto alla testa compare e si intuisce simile, anche se parzialmente celato dalla capigliatura e o manomesso da improvvidi restauri in molteplici teste di Piero e finanche in quelle disegnate a corredo del suo trattato già menzionato. Nella fattispecie in Fot. 15 abbiamo proposto in sequenza: a sx l’orecchio della dama dipinta nella tavoletta oggetto di studio, al centro quello della medesima affrescata in San Francesco ad Arezzo e a destra quello del suo presunto autoritratto ( Fot. 16), sempre affrescato in San Francesco ad Arezzo. Si tratta di una sventola fuori del comune.
Già per un certo tipo di mano (Roberto Manescalchi 2021),avevamo ipotizzato una caratteristica riconducibile ad anatomia familiare e dipinta a memoria.
https://stilearte.it/var/www/vhosts/stilearte.ithttpdocs/le-parti-combaciano-ecco-lannunciazione-una-ritrovata-opera-di-piero-della-francesca/
Ora, stante il presunto autoritratto l’orecchio sarebbe addirittura il suo e nessun falsario avrebbe potuto riproporlo similmente. Il falsario corregge d’istinto particolari fuori misura e o in qualche modo stonati e questo orecchio è a dir poco singolare anche se, stante l’evidenza, si spiega più che bene. La radiografia* Fot. 17, posta poi a confronto con l’immagine reale Fot.18 mostra, a chi ha familiarità con Piero, un testo pittorico ancor più aderente al modus operandi dell’artista.
Gli occhi paiono meno allungati e più rotondi come in tutta la ritrattistica pierfrancescana e la bocca dotata di labbra più carnose, meno sottili e più aderenti ai canoni di bellezza posti in essere dal maestro di Borgo Sansepolcro. D’altro canto e purtroppo ritocchi al testo pittorico originale (le analisi ci segnalano pigmenti del XV sec. con ridipinture/ritocchi del XIX) sono ben evidenziati dalla fluorescenza ad Ultra Violetti (Fot. 19).
In conclusione del presente studio abbiamo repertato una ulteriore tavoletta raffigurante analogo soggetto. Sicuramente copia da Piero della Francesca come attestato dagli esperti della prestigiosa casa d’aste Christie’s che l’ha battuta per 5.736 Sterline il 23 aprile del 2004 in asta dal vivo 9830 lotto 206 (Fot. 20). Pertanto ci sembrano opportune ulteriori significative considerazioni:
1) la figura ha il collo leggermente più lungo (quasi modiglianesco) rispetto a quello della donna ritratta da Piero (in San Francesco e, crediamo, nella tavola oggetto di studio) intanto che l’ovale ha dimensioni più contenute in altezza. Come se la stessa fosse copiata dal basso (abbiamo sopra ipotizzato l’impossibilità di copie dirette della figura a meno di avere in disponibilità il cartone) con vista scorciata ancorché abilmente ridimensionata dall’interprete che eseguì la copia. In (Fot. 21) le immagini a confronto ridimensionate sul passo linea mento/linea occhi.
2) La copia è stata eseguita in assenza di velo e pur in presenza dell’impalcatura/copricapo (anche quella allungata rispetto all’originale) atta a sostenerlo. Forse che dal basso, al momento della copia e prima dei restauri novecenteschi il velo era impercettibile?
3) Con questa ultima copia e con i due originali affrescati unitamente a quello dipinto su tavola contiamo quattro ritratti del medesimo soggetto. Vero che tre potrebbero aver ritratto una donna in vita (modella) e quest’ultimo potrebbe averne, invece, perpetuato la memoria, ma ci pare che la donna potesse essere importante. Piero era solito attraverso lo stesso cartone o il ribaltamento del medesimo ripresentare gli stessi modelli, ma in questo caso (contrariamente agli angeli -astrazione – ribaltati che sostengono la tenda della Madonna del Parto) abbiamo anche una tavoletta. Un dono ad una donna di prestigio della famiglia dei Bacci (non dimentichiamoci dei pigmenti del XV sec.) la moglie e o la madre dei committenti? Una figlia promessa sposa che necessitava di un ritratto da spedire? Non ci è dato di sapere, ma anche questa successiva copia, che ipotizziamo eseguita dal basso in epoca certamente successiva, all’operare di Piero potrebbe stare a significare la presenza di una dama importante e reale.
4) la tavoletta oggetto di studio presenta un paesaggio sullo sfondo, molto vicino anche come modus operandi al paesaggio sullo sfondo dei ritratti dei Duchi di Urbino oggi agli Uffizi. I ritratti furono eseguiti probabilmente intorno alla metà degli anni ‘60 del Quattrocento (proprio negli anni in cui Piero ultimava il ciclo aretino). Mario Salmi (1989) ipotizza, con corredo di foto di paesaggio reale, che possa trattarsi della vicina Val di Chiana ed io qui aggiungo che i ritratti del dittico possano essere stati eseguiti a Sansepolcro (da disegni presi in Urbino) e poi spediti nella capitale del Ducato… Niente di strano! La copia si presenta con fondo scuro e anche questo era comune a Piero. Ricordiamo la piccola tavola con il ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta oggi al Louvre. Tuttavia lì il nero assoluto servi a Piero per dare risalto e carattere al principe. In questa copia lo scuro che non è nero ed è scuro per modo di dire… testimonia a nostro avviso il tirar via di un copista indegno che pur, quasi, or sono venti anni, fu valutato circa 6.000 sterline ed oggi crediamo molto di più.
5) L’inquadratura del soggetto e le misure della tavoletta (molto vicine a questo tipo di costruzione) rendono plausibile la realizzazione del ritratto secondo lo schema geometrico del ribaltamento della diagonale del quadrato. Schema utilizzato da Piero anche nella costruzione del famosissimo dittico che ritrae i Duchi Federico II e Battista Sforza i cui pannelli misurano esattamente 47cm x 66cm cadauno. Si trattava della costruzione di un particolare rettangolo (Fot.22) utilizzato da Piero anche per il suo Battesimo (Stilizzazione grafica di G.Joppolo) oggi alla National particolarmente armonioso e piacevole.
Per tutto quanto sopra, considerato la diagnostica, sono ragionevolmente propenso a ritenere con la classica formula: ‘in my opinion’ che il dipinto oggetto di questo studio sia riconducibile all’operare di Piero della Francesca.
* la prima campagna diagnostica coordinata dalla prof.ssa Roberta Lapucci è stata eseguita dal dott. Teobaldo Pasquali (Panart s.a.s.) ,dalla dott.ssa Mirella Baldan (R&C Art S.r.l) e dal dott. Peter Matthaes (Museo d’Arte e Scienza).
Un supplemento di indagine sulla natura e datazione del legno da me richiesto ha visto operare la Prof. Nicoletta Martinelli (Dendrodata). Per considerazioni più approfondite sulla diagnostica posta in essere: https://www.academia.edu/49630034 Una_tavola_inedita_di_Piero_della_Francesca