Come spiegare queste strane strutture? L’occhio allenato dell’archeologo legge immediatamente le dimensioni contenute del vano, la presenza di cocciopesto e di malta isolante. Siamo in un luogo “meraviglioso” della villa romana o di quella struttura articolata – una mansio con fattoria di Stato? – che si dispiega tutto intorno, nella zona.
Nella Combe de Savoie, ai piedi del Massif des Bauges, scavi archeologi in corso (2024) hanno portato alla luce strutture vitivinicole gallo-romane. La scoperta è stata compiuta sulle pendici soleggiate e fertili del versante Attemont, immerso nei vigneti, da parte l’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives).
Lo scavo, esteso su un’area di 700 m², ha svelato le tracce di un edificio e di impianti destinati alla lavorazione dell’uva e alla vinificazione, un ritrovamento di grande rarità per la Savoia. Ciò che vediamo nella foto è parte del sistema di pigiatura dell’uva e di decantazione del mosto in una cantina gallo-romana.
Un sito conosciuto dal XIX secolo
Il sito non è una novità per gli archeologi: già nel 1865, durante i lavori stradali tra Montmélian e Cruet, vennero rinvenuti numerosi resti di strutture gallo-romane. Gli scavi, condotti dal marchese d’Oncieu de La Bathie tra il 1869 e il 1870, portarono alla scoperta di 70 ambienti distribuiti lungo 130 metri, tra cui stanze pavimentate a mosaico e officine forse destinate alla fonderia.
Tra il 1977 e il 1981, nuovi interventi diretti da Jacques Pernon e dal Club Archeologico del Lycée Vaugelas de Chambéry ampliarono la conoscenza del sito. Su una superficie di 4.500 m², vennero identificati cinque edifici, incluse terme private e altre strutture, con una cronologia che va dal I al V secolo d.C.
Evidenze archeologiche: un raro esempio di vinificazione in Savoia
Le tracce di produzione vinicola rinvenute durante l’ultimo scavo rappresentano una scoperta eccezionale. Mentre nel sud della Gallia i ritrovamenti di cantine e infrastrutture vinicole sono più frequenti, in Savoia – che una regione montana – questi elementi erano finora sconosciuti.
Il segmento indagato corrisponde all’estremità sud-orientale di un grande edificio. Una sala principale di circa 250 m², strutturata con montanti assiali di oltre 1 metro di diametro, ospitava un complesso di lavorazione del vino. Tra gli elementi identificati:
- Una pigiatrice con malta di coppi, dove l’uva veniva calpestata.
- Due vasche di decantazione sottostanti, collegate a uno scarico per il mosto.
- Due officine per la pigiatura, con fosse che probabilmente supportavano torchi.
A completare l’area produttiva vi erano una cisterna e un bacino, sebbene non sia ancora certa la contemporaneità delle strutture.
L’uva coltivata in epoca romana differiva in molti aspetti da quelle moderne. Nonostante le limitazioni della genetica antica, la viticoltura romana era già avanzata e sfruttava una varietà di vitigni adattati ai climi e ai terreni locali.
Per quanto riguarda la regione della Savoia, le condizioni climatiche e geografiche offrono interessanti spunti di analisi sulla possibile coltivazione e sulle caratteristiche organolettiche del vino prodotto.
L’uva romana: caratteristiche generali
Le uve romane si distinguevano per:
- Alta acidità: Vitigni meno selezionati producevano uve con un contenuto acido elevato, utile per la conservazione del vino.
- Bassa concentrazione di zuccheri: Il clima e le pratiche agricole portavano a vini meno alcolici rispetto a quelli moderni.
- Resistenza al clima: Le varietà erano scelte in base alla resistenza ai fattori climatici e ai terreni.
- Diversità genetica: Si utilizzavano diverse tipologie di uve, che non corrispondono direttamente ai vitigni moderni. Alcuni erano bianchi, altri scuri, ma entrambi tendevano ad avere buccia spessa per resistere al trasporto e alla pigiatura.
Vitigni plausibili per la Savoia romana
La regione della Savoia, con il suo clima alpino temperato caratterizzato da forti escursioni termiche e pendii ben drenati, era particolarmente adatta a vitigni resistenti al freddo, capaci di maturare bene in estati relativamente brevi. Probabilmente, i Romani coltivavano:
- Vitigni bianchi resistenti: Potrebbero essere assimilabili a precursori di vitigni come l’odierna Altesse o il Gringet, che si sviluppano in condizioni simili.
- Vitigni rossi robusti: Precursori del Mondeuse (nativo della zona e ancora oggi coltivato in Savoia), caratterizzati da alta acidità e tannini moderati, adatti a un vino longevo e facilmente trasportabile.
Caratteristiche organolettiche del vino prodotto
Considerando le pratiche romane e le condizioni della regione, il vino prodotto sarebbe stato diverso dagli standard moderni. Possibili caratteristiche organolettiche includono:
- Colore:
- Bianchi: Giallo dorato intenso, dovuto alla tecnica di macerazione sulle bucce.
- Rossi: Colore rubino o granato, con bassa densità cromatica.
- Profumo:
- Bianchi: Note di miele, erbe aromatiche (timo, rosmarino), e mela cotogna, con accenni minerali.
- Rossi: Frutti rossi acerbi, spezie leggere (pepe bianco), e accenti terrosi o affumicati.
- Sapore:
- Bianchi: Acidità pronunciata, corpo medio, finale amarognolo (dovuto alle tecniche di vinificazione).
- Rossi: Freschezza tannica, sapore asciutto, con una leggera astringenza.
- Alcolicità:
- Relativamente bassa (8-10%), compatibile con i vini di epoca romana.
- Conservazione:
- I vini erano spesso arricchiti con spezie o miele per migliorarne il gusto e la conservabilità.
Conclusioni sulle uve della Savoia romana
La produzione di vino nella Combe de Savoie, testimoniata dal sito di Arbin, si inserisce in una tradizione vitivinicola romana più ampia, adattata ai contesti alpini. Le uve coltivate dovevano essere resistenti al freddo, con profili organolettici rustici ma interessanti.
La scoperta di strutture come la pigiatrice e le vasche di decantazione indica che i Romani sapevano ottimizzare le risorse locali per ottenere vini adatti al consumo e al commercio, contribuendo alla diffusione della cultura del vino anche in aree climaticamente meno favorevoli.
Una storia lunga e stratificata
Le continue modifiche e rimaneggiamenti del sito rendono difficile stabilire con precisione l’inizio dell’occupazione. Tuttavia, l’uso della malta di coppi per le strutture e le tracce di interventi vitivinicoli indicano uno sfruttamento continuativo, con un culmine intorno alla metà del V secolo d.C..
La storia romana della Savoia, oggi parte della regione Alvernia-Rodano-Alpi, si intreccia con le vicende delle Alpi occidentali, un’area di grande interesse strategico per Roma, soprattutto per il controllo delle vie di comunicazione tra l’Italia e la Gallia. La Savoia attuale si trovava nell’antichità all’interno del territorio dei Galli Allobrogi, una potente tribù celtica, la cui influenza si estendeva sulla valle del Rodano e sull’Isère.
La conquista romana
Roma entrò in contatto con gli Allobrogi a partire dal II secolo a.C., durante l’espansione nella Gallia meridionale. La sconfitta definitiva degli Allobrogi avvenne nel 121 a.C., quando il console Quinto Fabio Massimo li sottomise nella battaglia del fiume Isère. Questa vittoria segnò l’integrazione del territorio nella Provincia romana della Gallia Narbonense, una regione chiave per il controllo delle Alpi e per il collegamento tra l’Italia e la Spagna.
La romanizzazione
La romanizzazione della Savoia fu favorita dalla costruzione di infrastrutture e dall’integrazione economica e culturale del territorio:
- Strade romane: La regione fu attraversata dalla via Domizia e dalla via Agrippa, che collegavano rispettivamente la Gallia Narbonense all’Italia e Lione alle Alpi. Questi assi viari favorirono lo sviluppo dei commerci e la mobilità militare.
- Urbanizzazione: Le città principali della regione, come Vienna (Vienne) e Genava (Ginevra), divennero centri amministrativi e culturali. Sebbene la Savoia non avesse grandi città romane, vi si svilupparono insediamenti più piccoli e villae rusticae dedicate all’agricoltura e, come dimostrano gli scavi recenti, anche alla viticoltura.
L’organizzazione amministrativa
Durante l’Impero, la regione fece parte della Gallia Lugdunense o della Gallia Narbonense, a seconda delle riorganizzazioni territoriali. Dal punto di vista amministrativo, le popolazioni alpine furono gradualmente integrate nella struttura provinciale romana. Le tribù locali, come gli Allobrogi, mantennero una certa autonomia iniziale, ma con il tempo furono romanizzate, adottando lingua, costumi e religioni romane.
Il cristianesimo e il declino romano
La diffusione del cristianesimo nella regione iniziò nel III secolo d.C. e accelerò nel IV secolo, con la fondazione delle prime diocesi, tra cui quella di Vienne. Questo periodo segnò anche l’avanzare delle incursioni barbariche, che colpirono duramente la Gallia nel V secolo.
Con il declino dell’Impero Romano d’Occidente, la Savoia entrò nella sfera di influenza dei Burgundi, che stabilirono un proprio regno nella regione nel V secolo. Questa transizione segnò la fine del dominio romano e l’inizio di una nuova era nella storia locale.
Patrimonio archeologico
La presenza romana in Savoia è testimoniata da numerosi siti e ritrovamenti:
- Le strutture gallo-romane di Arbin, legate alla viticoltura.
- I resti della villa di Aix-les-Bains, una delle località termali più famose dell’epoca.
- La rete stradale e le infrastrutture di supporto, che dimostrano l’importanza strategica della regione nel collegare la Gallia all’Italia.
Questi elementi riflettono l’impronta duratura lasciata da Roma su una regione che, grazie alla sua posizione strategica e alla ricchezza naturale, fu cruciale per il controllo e lo sviluppo economico dell’Impero.