Lo Stato non può contestualizzare una lieve infrazione a una legge, compensandola con il bene che ne è derivato? Pare di no. La storia. Un detectorista svizzero viene condannato dalla Suprema corte bernese – nelle scorse ore – per violazione delle norme relative alla necessità di un permesso di ricerca con metal detector che deve essere accordato – in Svizzera – dall’autorità di vigilanza archeologica.
Lui, invece, non aveva richiesto il permesso perchè non indagava un’area potenzialmente archeologica. La somma che deve versare equivale a 2370 euro, più – par di capire – le spese legali. Questo, su un piatto della bilancia. Sull’altro piatto c’è una splendida mano di bronzo di 3500 anni fa, che ha un valore inestimabile e che egli ha correttamente consegnato, dopo il rinvenimento, allo Stato, indicando agli archeologi il punto del ritrovamento. Ne è conseguito uno scavo, che l’ente cantonale ha pagato 170 000 franchi.
Il giudice ha ritenuto che la spesa non andasse imputata al detectorista. E pertanto si è limitato alla multa.
Ora, verrebbe da pensare, che la multa dovrebbe essere salomonicamente compensata da un premio per il rinvenimento. Giungere allo zero, insomma. Niente dare, niente avere. Non è cosi, naturalmente, perchè si ritiene che l’infrazione a una legge abbia un valore assoluto ben superiore a qualsiasi vantaggio pubblico derivante dall’infrazione stessa. Non è così, in altri Paesi – come la Gran Bretagna – dove le perlustrazioni sono persino incentivate, a patto che il ritrovamento sia segnalato all’autorità. In Gran Bretagna l’oggetto rimane, di fatto, di proprietà del ritrovatore e del proprietario del campo e, gli organi pubblici hanno il diritto di prelazione nell’acquisto del pezzo stesso, a prezzi di mercato.
Non sappiamo come la pensiate. Sono due sistemi assolutamente diversi. Ma possiamo dire che, fondatamente, il detectorista svizzero ha spiegato che le sue ricerche si svolgono sui terreni arati e frantumati dall’aratro, quindi non sconvolgono nulla. Semmai – ed è inconfutabile – consentono di recuperare materiale e di consegnarlo allo Stato, evitando che sia frantumato dal trattore e contribuendo all’incremento dei beni dello Stato stesso. I due sistemi sono assolutamente diversi e implicano due visioni politiche contrapposte. Dalla politica discendono le leggi. Oggi assistiamo, specie in Italia, a uno screditamento dei valori politici. Non vorremmo, qui, tentare di spiegarne il motivo. Ma la politica è visione del mondo ed è pertanto fondamentale nella direzione delle idee che dirigono la macchina burocratica degli Stati.
Il ritrovamento della mano di bronzo era avvenuto durante un sabato di perlustrazione in un campo agricolo a Prêles, nel cantone di Berna. L’appassionato di metal detector, con il consenso dei proprietari, “rastrellava” i fondi agricoli – elettronicamente parlando – recuperando le parti metalliche che stanno nelle distese arate.
Normalmente egli trova ferri di cavallo, vecchi chiodi, qualche vecchio utensile. Quel sabato no. Quando il metal detector ha suonato perentoriamente lo ha fatto per segnalare il metallo di una splendida scultura dell’età del bronzo che raffigura una mano e che si presenta decorata da elementi d’oro.
Lo scavo ha identificato la sepoltura di un uomo adulto e una costruzione sottostante, forse interrata proprio in occasione della realizzazione della tomba di un personaggio che doveva avere un elevatissimo rango sociale. La mano potrebbe essere stata proprio il simbolo del potere. Qualcosa di simile alle mani che stavano alla sommità degli scettri.
Le datazioni al radiocarbonio di materiali organici coevi alla scultura collocano i reperti fra il 1.500 e il 1.400 avanti Cristo, durante la media età del bronzo (1550-1400 a.C.).