Trovati ora, nei pressi di una strada romana del II secolo. Cosa sono? Che simboli recano? A chi appartenevano? Chi li perse o chi li nascose? Le indagini. Rispondono gli archeologi

E’ una scoperta sorprendente. Vicino alle pietre di quarzo di una vecchia strada romana, durante lo scavo, emerge questo antichissimo anello d’oro. Pietra blu. Bellissima. E’ incisa con una Venere Victrix, la dea trionfante. Poco distante, sotto strati di detriti e radici intrecciate, ecco la pila di un tesoretto di monete, coniate secoli dopo la produzione dell’anello.



Un team di archeologi dell’Inrap ha così recentemente portato alla luce, nel corso di scavi preventivi per una futura urbanizzazione a Pacé, nella Bretagna francese, una serie di importanti vestigia che coprono un periodo compreso tra l’Età del Bronzo fino al Medioevo. Tra i reperti più significativi spicca un anello d’oro di epoca romana, datato tra il II e il III secolo d.C., rinvenuto in un tratto di strada romana.

L’anello d’oro e il suo significato

Anello in oro con intaglio, II-III secolo © Emmanuelle Collado, Inrap

L’anello, straordinariamente ben conservato, è composto da una montatura in oro cesellato e da un intaglio in nicolo, una pietra semipreziosa largamente utilizzata per le gemme nell’antichità. La gemma raffigura Venus Victrix, la dea romana che incarna la vittoria, simbolo di bellezza e forza. La scelta di questa figura non è casuale: “Venus Victrix era una figura iconica dell’antica Roma, venerata come la dea che garantiva il successo in guerra e nella vita. La sua rappresentazione in gioielli come questo non aveva solo uno scopo ornamentale, ma anche un significato spirituale e personale”, hanno dichiarato gli archeologi dell’Inrap. L’immagine profondamente legata alla cultura romana, agli eserciti e agli imperatori può farci ipotizzare che l’anello, indossato da un personaggio con ruolo elevato nella società dell’epoca, potesse anche essere un ex militare divenuto colono, che curava i propri interessi anche in campagna. Certo è un’ipotesi. Ma gli indizi parrebbero portare in quel contesto o in contesti ad esso contigui.

Gli anelli con intagli come questo erano comuni tra le élite romane. Oltre al loro valore estetico, svolgevano spesso la funzione di sigilli distintivi per autenticare documenti e oggetti personali. L’accurata cesellatura e la scelta della pietra pregiata confermano che questo anello apparteneva a un individuo di alto rango. L’incisione della figura era una password dell’antichità. Nel caso qualcuno avesse voluto inviare corrispondenza a nome di una terza persona per fini non legali, la lettera sarebbe risultata incompleta in mancanza del personale sigillo impresso nella ceralacca che fungeva da certificatore di identità. Naturalmente ciò valeva nei casi in cui la lettera fosse inviata a familiari, conoscenti, collaboratori, colleghi o istituzioni che conoscessero perfettamente il sigillo e che lo avessero “registrato”-. Se pur con lo stesso soggetto, tutti i sigilli erano incisi singolarmente dagli artigiani e pertanto erano pezzi unici. Per aumentare l’unicità a volte inserivano nell’immagine la rappresentazione di un oggetto ulteriore o una modifica iconografica o una lettera dell’alfabeto apparentemente invisibile. Oppure rendevano l’immagine reversibile. Osservata da un altro punto di vista, l’incisione rappresentava un’altra figura.

Quindi un avversario o un truffatore se anche avesse saputo che una data persona portava un anello con l’incisione di Venere vincitrice difficilmente avrebbe potuto usare un’altra immagine dello stesso soggetto per accreditare una corrispondenza falsa. Gli anelli, oltre all’immagine principale, contenevano particolari nascosti e unici.

La Venus Victrix incisa, significato e funzione

Ingrandimento della figura intagliata © Emmanuelle Collado, Inrap
L'immagine che appare sulla gemma è certamente quella della Dea, nella sua connotazione di madre delle vittorie. La Venere vittrice, nell'iconografia romana, è solitamente seminuda ma a volte può indossare un'armatura leggera. I suoi attributi abituali sono la mela di Paride che porta in mano con il braccio teso, lo scudo e la lancia rivolti verso il basso (a volte tradotto come scettro). La mela è talvolta sostituita da un elmo o da una piccola vittoria alata (o Venere stessa è alata), e la lancia da una palma, simbolo del vincitore. Lo scudo e l'elmo possono essere posizionati a terra. Venere generalmente poggia su una colonna (visibile o meno) e può avere il capo circondato da una corona di alloro.

La figura di Venus Victrix rappresenta un’incarnazione della dea Venere come portatrice di vittoria, un ruolo che emerge durante l’età augustea e si consolida in epoca imperiale. Nella mitologia romana, Venere non era solo la dea dell’amore e della bellezza, ma anche una progenitrice divina: madre di Enea e, di conseguenza, antenata della gens Iulia, la famiglia di Giulio Cesare. Il titolo di “Victrix” si lega alla capacità della dea di garantire il trionfo nelle battaglie, conferendo legittimità divina ai conquistatori romani.

La strada romana: struttura e funzione

L’anello è stato trovato durante lo studio di una strada romana, parte di un’antica rete viaria che giocava un ruolo cruciale nella strutturazione del territorio. La carreggiata, larga circa otto metri e delimitata da fossati, era composta da pietrisco di quarzite posato direttamente sul terreno naturale. Le tracce di solchi visibili sul piano stradale testimoniano il passaggio di carri.

Gli archeologi scavano presso l’antica strada romana. Qui è avvenuto il ritrovamento dell’anello © Emmanuelle Ah Thon, Inrap

“Nell’antichità una rete di sentieri giocava un ruolo importante nella strutturazione di questo territorio” – spiega gli archeologi dell’Inrap – “Quella studiata nell’ambito dello scavo è costituita da una carreggiata larga circa 8 m delimitata da fossati. Il piano stradale è costituito essenzialmente da pietre di quarzo poste direttamente sul terreno naturale, sui quali sono visibili tracce di solchi legati al passaggio di carri. Probabilmente serviva un vicino edificio, occupato tra l’inizio del II e il IV secolo”.

In epoca romana, le strade non erano solo vie di comunicazione per il commercio e i viaggi, ma rappresentavano anche collegamenti fondamentali tra insediamenti rurali e centri urbani. Nel caso di Pacé, il sentiero rinvenuto potrebbe essere stato legato a un insediamento romano – collegato al mondo rurale – attivo tra il II e il IV secolo d.C.

Il nicolo: pietra di vittoria, bellezza e mistero

Il nicolo, pietra utilizzata come gemma, in questo anello, è una varietà di calcedonio, caratterizzata da striature che combinano il nero intenso con il blu, spesso attraversate da sfumature bianche. Questa pietra semipreziosa deve il suo nome al termine greco antico “niké,” che significa vittoria, un’allusione al suo legame con amuleti protettivi. Quindi inserire l’immagine di Venere Vincitrice nella pietra della Vittoria, significava raddoppiare la potenza dell’amuleto. L’anello, oltre a rappresentare uno status sociale elevato, a identificare – come avvenne poi con gli anelli nobiliari – una data persona attraverso uno stemma aveva anche la funzione di evocare spiriti o antenati che proteggessero chi lo portava. Il nicolo è apprezzato per la sua capacità di creare un suggestivo contrasto di colori, con effetti ottici che ricordano l’occhio umano o il cielo al crepuscolo. Le sue principali fonti di estrazione nell’antichità si trovavano in aree come l’India, l’Arabia e l’Egitto, zone note per il commercio di pietre preziose e semipreziose verso il Mediterraneo. Nei tempi dei Romani, il nicolo poteva essere importato tramite le rotte commerciali dell’Impero, come quella che attraversava l’Arabia Felix, o attraverso il porto di Alessandria, che fungeva da hub per il commercio con l’Oriente. Un anello ornato di nicolo avrebbe potuto essere realizzato a Roma o in altre città con laboratori specializzati, utilizzando gemme provenienti da queste regioni lontane. Attualmente, il nicolo è ancora molto ricercato da collezionisti e appassionati di gioielli artigianali.

Pacé: un territorio ricco di storia

Pacé, sul cui territorio sono avvenute ora queste scoperte, oggi è un comune di circa 9.800 abitanti nel dipartimento dell’Ille-et-Vilaine. Sebbene non vi siano resti monumentali romani a Pacé, nei dintorni si trovano siti di grande rilevanza. Uno dei più significativi è la città romana Condate, l’odierna Rennes, situata a circa 8 chilometri da Pacé. E’ assai probabile che la proprietà rurale in cui fu smarrito l’anello, fosse di un romano o di un gallo romano che abitava nella vicina città di Condate e che possedeva una o più tenute suburbane in cui si produceva ricchezza, attraverso l’agricoltura o l’artigianato. Condate era un importante centro romano lungo la strada che collegava Nantes ad Avranches. La città era dotata di strutture tipiche delle città romane, come terme, un foro e un anfiteatro. In quest’area i romani dovevano avere attività agricole. Il bell’anello potrebbe essere stato perso proprio durante una visita del proprietario alle attività rurali.

Nei pressi di Janzé, a circa 30 km da Pacé, è stato identificato un sito di villa romana, probabilmente appartenente a una famiglia patrizia che amministrava le ricche terre della regione. Inoltre, tracce di fortificazioni romane sono state rinvenute lungo il fiume Vilaine, a dimostrazione dell’importanza strategica della zona per il controllo del commercio fluviale. Questi luoghi rappresentano un’eredità tangibile della romanizzazione della Bretagna, un processo che ha lasciato un’impronta duratura sul paesaggio e sulla cultura locale.

Le monete carolinge trovate sepolte

Nell’area dello scavo, raggiunta dalla strada romana, sorge, nei secoli successivi, forse in continuità abitativa con i nuclei sparsi romani, una sorta di villaggio agricolo. “È in questo territorio già ben strutturato che tra il V ed il X secolo si sviluppò un importante insediamento . ; sembra raggiungere il suo pieno sviluppo tra il VII e l’VIII secolo . – spiegano gli archeologi dell’Inrap – È organizzato secondo una struttura parcellare ortonormale ed è costituito da un insieme di appezzamenti di forma quadrangolare delimitati da fossati. Tali appezzamenti sono collegati tra loro da vialetti e hanno dimensioni prevalentemente comprese tra 800 e 2000 mq “. Nei pressi di uno degli edifici gli archeologi hanno trovato un deposito di monete d’argento risalenti a Carlo Magno, re dei Franchi (dal 768 all’814) e dei Longobardi (dal 774 all’814), nonché l’imperatore del Sacro Romano Impero (dall’800 all’814).

Fu forse un contadino a nasconderle in un buco. Probabilmente erano i suoi risparmi.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa