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[S]cene di ordinario erotismo. La pittura indaga talvolta anche momenti di quotidiana intimità, relativi a persone comuni, per nulla speciali. Un esempio può essere riscontrato a San Gimignano, dove, dipinti sulle pareti della Camera del Podestà, sono visibili due affreschi di Memmo di Filippuccio, pittore stabilitosi nella cittadina toscana nel 1303 e autore di altre opere, come quelle che ornano il Palazzo Pubblico.
La prima scena racconta il momento della toeletta di due giovani sposi che, assistiti da una serva, siedono immersi nell’acqua calda di una tinozza scambiandosi tenere carezze. La sequenza continua con i coniugi che si coricano: la donna è già a letto, mentre l’uomo sta scostando le coperte per entrare a sua volta, sempre sotto l’ala attenta e vigile della domestica. I colori, caldi e accoglienti, trasmettono l’idea di un luogo protetto e felice.
Memmo di Filippuccio (Siena, circa 1250 – San Gimignano, circa 1325) ebbe una fiorente bottega proprio a San Gimignano. Si formò forse con Duccio di Boninsegna – a Siena – e fu presente ad Assisi, durante la realizzazione degli affreschi nella basilica, risentendo, in questo modo della verità e della solidità di Giotto. Una sua figlia divenne moglie di Simone Martini,