Van Gogh, che disegnava – attraverso il recupero del magistero di Rembrandt – come un maestro antico, inseriva spesso il proprio autoritratto, a livello di texture, nei propri disegni e nei propri dipinti.
Un interessante ritratto è stato portato alla luce in questi giorni dal Centro ricerca di Stile arte, impegnato da anni in indagini della pittura di texture. I ricercatori operano al recupero di immagini pittoriche non frutto della pareidolia, all’interno delle preparazioni dei dipinti antichi o nelle zone d’ombra dei dipinti stessi. Opere nelle opere.
Proprio nelle ore scorse il nostro Centro di ricerca ha evidenziato un altro ritratto di Van Gogh – probabilmente un autoritratto o un’immagine del fratello Theo – all’interno delle ombre dell’abito dipinto nell’opera Donna di Scheveningen che cuce – Femme de Scheveningen cousant. Scheveningen woman sewing – un acquerello di 48 × 35 centimetri, datato dagli studiosi di Van Gogh al 1881 e conservato dalla fondazione P. en N. de Boer di Amsterdam. Nelle scorse settimane gli stessi ricercatori di Stile arte avevano isolato un autoritratto di Van Gogh, in un uno schizzo paesaggistico del maestro olandese. (L’articolo relativo a questa immagine è in fondo alla pagina). Per vedere meglio l’immagine relativa alla Donna che cuce, qui sotto, è possibile cliccare su di essa per ingrandirla.
“Almeno a partire da Leonardo – dice il critico Maurizio Bernardelli Curuz, responsabile del progetto – si moltiplicano modi di comporre, in pittura, che uniscono il ‘macromondo” evidente del dipinto a un ‘micromondo’ di figure e di proclamazioni d’autografia sia nelle texture di preparazione delle opere – evidenti già a livello radiografico – che in alcuni parti della pellicola pittorica, cioè nella evidente superficie del quadro. Già nella pittura romana antica esistevano figure composite, quanto nelle monete della classicità romana. Tutto viene rilanciato da Leonardo e percorre una linea che si dirama in particolar modo nella pittura veneta e in Caravaggio, per estendersi poi in un campo che caratterizza la pittura europea dei secoli successivi. Il nostro fine è quello di mappare elementi autografici presenti, in modo ricorrente, nei disegni e nei dipinti di uno stesso autore – che potrebbero rivelarsi molto utili come supporto ai percorsi attributivi – e, al tempo stesso, recuperare minuscoli e deliziosi brani pittori minori che costituiscono l’opera nell’opera. In particolar modo, questa ‘pittura del micromondo’ vivacizza le parti in ombra dei dipinti, costituendone una sorta di motore iconografico e spirituale, in grado, peraltro, di conferire movimento e rilievo a livello chiaroscurale. Non sfugge a questa preoccupazione, mentre questa pratica era in fase di declino, lo stesso Van Gogh, che si accosta con estremo interesse a Rembrandt e che, dal grande autore del Seicento, ricava – durante il periodo di formazione – un modo di comporre”.
“Si tratta – dice il responsabile del Centro di ricerca di Stile arte – di “leggere tra le pieghe”, operazione filologica indispensabile per il pieno recupero degli autori”.
Di seguito pubblichiamo, l’altro ritratto recentemente isolato dal Centro di ricerca
https://stilearte.it/var/www/vhosts/stilearte.ithttpdocs/van-gogh-disegnava-anche-minuti-autoritratti-nelle-proprie-opere-riesce-a-trovarlo-in-questo-disegno/