Proseguono gli scavi nella città romana di Ossonoba – oggi chiamata Faro, in Portogallo – che tanto sviluppo ebbe durante la dominazione latina. Spostando alcune lastre, gli archeologi hanno individuato tombe ad inumazione. La struttura funeraria si disegna come un parallelepipedo perfetto, entro il quale veniva posto il defunto. Un’usanza che, in qualche modo si discostava dalla prevalenza di cremazioni, nell’ambito della cultura romana.
Nel brevissimo filmato, in fondo alla pagina, girato da Era Arqueologia, durante i propri scavi, vedremo lo spostamento delle lastre e la discesa di un’archeologa – sempre più notevole e consistente è il ruolo delle donne nell’archeologia – che poi risale con un teschio tra le mani. La sepoltura presenta, verrebbe da dire, una solidità borghese.
Ossonoba prosperò dalla sua fondazione nell’antichità fino alla tarda epoca romana, rivestendo un ruolo cruciale nell’economia e nella politica della regione. La ricchezza era accumulata grazie alla produzione e dal commercio su larga scala di salse di pesce – garum e liquamen – che, di fatto, erano i dadi e gli insaporitori dell’epoca. Notevole era anche il mercato del pesce essiccato.
Singolare il fatto che a Ossonoba la maggior parte delle sepolture fosse ad inumazione. C’era un collegamento tra le tombe a inumazione e gli abitanti di origine locale? Si può instaurare, per converso, un collegamento tra le cremazioni e i funzionari, i commercianti, gli uomini romani qui inviati? Certo, non è così automatico, ma un’ipotesi in tal senso potrebbe essere oggetto di verifiche.
La cremazione, praticata sin dall’età del Ferro nell’Italia antica, divenne la forma dominante di sepoltura durante la Repubblica e l’Impero Romano fino al II secolo d.C. Questo rituale prevedeva la cremazione del defunto su una pira funeraria, seguita dalla raccolta delle ceneri e la loro deposizione in urne di vario materiale, spesso sepolte in necropoli situate fuori dalle mura cittadine o lungo le vie di comunicazione. La pratica della cremazione era accompagnata da cerimonie funebri elaborate e dalla commemorazione dei defunti attraverso iscrizioni e monumenti funerari, come le celebri stele miliari.
Tuttavia, a partire dal II secolo d.C., si ebbe un graduale cambiamento nelle pratiche funerarie romane, con un aumento dell’inumazione, in cui il corpo del defunto veniva sepolto intatto. Questo cambiamento può essere attribuito a una serie di fattori, tra cui l’influenza delle nuove religioni orientali, come il Cristianesimo, che promuovevano l’inumazione come pratica più consona alla resurrezione fisica dei corpi. Anche le influenze delle popolazioni provinciali e delle comunità militari, con le loro tradizioni funerarie locali, contribuirono a questo cambiamento di tendenza.
Le sepolture inumate generalmente avvenivano in sarcofagi di pietra o di marmo, spesso decorati con rilievi che raffiguravano scene di vita quotidiana o simboli religiosi. Questi sarcofagi erano collocati all’interno di mausolei monumentali o in tombe a terra, in alcune regioni anche nelle catacombe sotterranee, come a Roma e in altre città del Mediterraneo orientale.
Nonostante l’aumento dell’inumazione, la cremazione continuò ad essere praticata in alcune regioni e da alcune famiglie nobili per tutto il periodo imperiale. Questa diversità di pratiche funerarie rifletteva la varietà culturale e religiosa dell’Impero Romano, che abbracciava tradizioni locali pur mantenendo una coesione attraverso l’omogeneizzazione delle istituzioni e della civiltà romana.
L’insediamento che ora è oggetto di scavo risale all’età del Ferro, ma fu con l’avvento della dominazione romana che Ossonoba emerse come centro urbano significativo. A partire dal I secolo d.C., la città sviluppò una fiorente industria di salatura del pesce lungo le sue coste, sfruttando abilmente le risorse marittime che le erano disponibili. Questo settore non solo fornì una fonte vitale di cibo conservato, ma anche una base economica stabile che contribuì, come dicevamo, alla prosperità della città.
Il sito scelto per Ossonoba sfruttava saggiamente la sua topografia: situata su una leggera elevazione. La città era parzialmente circondata dalle acque, con un estuario che formava barriere naturali di sabbia, isole e lagune costiere. Questi elementi non solo proteggevano la città dalle mareggiate, ma facilitavano anche l’accesso al commercio marittimo e alle abbondanti risorse marine, fondamentali per l’economia locale.
L’estensione e le caratteristiche del nucleo originale preromano di Ossonoba rimangono in gran parte sconosciute, ma l’insediamento romano, che si sviluppò dalla fine del II secolo a.C., occupava un’area significativa corrispondente alla moderna Vila Adentro, delimitata poi dalle mura islamiche medievali, che a loro volta seguivano probabilmente il percorso delle mura romane della prima età imperiale.
A partire dall’epoca augustea, Ossonoba beneficiò di un nuovo sistema viario che collegava l’intero litorale, rafforzando ulteriormente il suo ruolo di centro commerciale e amministrativo. È probabile che durante questo periodo la città acquisì lo status di comune, con i confini della civitas ossonobensis che furono definiti e consolidati.
L’economia di Ossonoba non si limitava solo al commercio marittimo: l’entroterra fertile supportava un’agricoltura prospera, mentre le risorse minerarie nelle vicinanze contribuivano ulteriormente alla ricchezza della città. Questo complesso tessuto economico e sociale, insieme alla sua posizione strategica e alle sue risorse naturali, garantì a Ossonoba un ruolo prominente nelle reti commerciali dell’Impero Romano e la sua importanza durò fino alla tarda antichità.