L’ironico-malinconico mercato degli amorini di Canova. Che dolore staccarsi dai figli e dagli amati

Antonio Canova dipinse una scena singolare: gli eroti venduti in piazza, cresciuti, amati, e lasciati volare via dalle nutrici. Una metafora del sentimento, tra possesso e altruismo, tra felicità e dolore.


Antonio Canova, Mercato degli amorini,1799,Tempera su carta, 340x 2880 mm. Particolare
Antonio Canova, Mercato degli amorini,1799,Tempera su carta, 340x 2880 mm. Particolare
Mercato degli amorini,1799Tempera su carta, 340x 2880 mm. Particolare. Centro del dipinto. Ermes, come un vendiitore di ucceli al mercato consegna alle ninfe gli amorini che vengono trattaati come figli adorati dalle giovane donne
Mercato degli amorini,1799Tempera su carta, 340x 2880 mm. Particolare. Centro del dipinto. Ermes, come untrasformato in un venditore di uccelli consegna alle ninfe gli amorini che vengono trattati come figli-adorati dalle giovane donne. Ma nemmeno gli Dei possono pensare che nulla cambi…

 

Mercato degli amorini,1799, Tempera su carta, 340x 2880 mm.Particolare. Dopo averli accuditi e amati, per gli amorini è arrivato il momento del distacco. Un momento doloroso - una ninfa piange - ma indispensabile. La buona madre e la buona amante devono avere il coraggio di far librare coloro che tanto hanno amato
Mercato degli amorini,1799, Tempera su carta, 340x 2880 mm.Particolare. Dopo averli accuditi e adorati, per gli amorini è arrivato il momento del distacco. Un momento doloroso – una ninfa piange – ma indispensabile. La buona madre e la buona amante devono avere il coraggio di far librare coloro che tanto hanno amato

dropcap]L]a malinconia come una perdita di senso – senso che in un tempo mitico era enucleabile in un centro di gravità al quale tendere per essere salvificamente assorbiti in una dimensione di pienezza – viene percorso ampiamente da Canova: le sue divinità non sono elementi assegnati alla statica immortalità marmorea del neoclassicismo. Dalle opere del vicentino emergono un desiderio di vita e un marmoreo mondo di morte, un senso di eternità parziale che non diviene mai immortalità. Questo senso di malinconico distacco dagli affetti più cari, nel ciclo della vita, è sottolineato da Canova, in particolar modo nel quadro Mercato degli amorini. Un divertimento, al contempo, dolce e amaro. Un pensiero ironico e malinconico affidato alla tempera. Un pensiero pittorico che, per lo scultore, era un indispensabile alleggerimento, rispetto all’impegno dell’argilla e del marmo.

Annotava, a questo proposito, Leopoldo Cicognara, il biografo di Canova: “Soleva chiamare ozzi suoi que’ disegni gentili, che poi intagliati su un fondo bruno alla maniera dei soggetti ercolanesi sembrano riunire quanto di più vezzoso può accozzare l’arte del ‘bello’, e sono conosciuti alle stampe sotto il nome Scherzi, Baccanti, Danzatrici, Mercato di amore, Muse ecc., nei quali si trovano i leggiadri motivi di parecchie sue statue”.

L’opera, realizzata dall’artista nel 1799, si sviluppa, sotto il profilo d’impaginazione, come un lungo fregio ricco di figure colorate, che emergono da un fondo nero, secondo uno dei canoni della pittura d’area vesuviana, che egli aveva avuto modo di ammirare durante la visita agli scavi pompeiani all’inizio del 1780 (il 15 febbraio di quell’anno, Canova si recò da Roma – dove era arrivato il 4 novembre 1779 – a Salerno e a Paestum; il 16 era a Pompei, il 24 a Caserta; alla fine di quel febbraio, era già di ritorno nell’Urbe).
L’autore si rivela qui molto interessato agli aspetti compositivi e coreografici e alla frequenza del ritmo, che egli tratta, secondo la sensibilità di scultore, come se, appunto, il quadro fosse il lungo nastro di un bassorilievo. Ritmo che si rivela generalmente ternario – tre sono, in diversi casi, le figure che interloquiscono sul fondo scuro, nell’ambito della micro-sequenza delineata – nella sezione collocata a destra e a sinistra dell’opera, mentre il centro è dominato da un ritmo binario convergente, come somma di coppie di figure.

Il dipinto, in chiave lievemente ironica – ma di un’ironia non priva di un velo malinconico -, sembra ricordare l’estinguersi degli affetti o comunque il rapporto affettuoso tra madri e figli, tra donne e amore. Un amore che viene a lungo coltivato e sostenuto, e che poi deve spiccare inesorabilmente il volo. E’ a questo punto che il sentimento del distacco si permea di malinconia,  L’amore nei confronti dei bambini o degli amanti, in fondo, presuppone, per la sua eterna pienezza, un investimento affettivo grandioso, una generosità che porta, raggiunto il momento della pienezza, al pensiero di un necessario distacco, verso l’autonomia e la libertà.

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