La fortuna di Giuseppe Arcimboldo , Arcimboldi o Arcimboldus (Milano, 1527-1593), pittore manierista, è legata ai numerosi ritratti impropri ricavati dall’accostamento di elementi naturali – frutti, animali, pesci – o prodotti dell’uomo, che, giustapposti, o visti ribaltati, denotano un volto umano. Grande pittore e disegnatore - pure sotto il profilo tecnico - eccelse nell'invenzione, recuperando alcune suggestioni leonardesche e rilanciandole con arditezza, soprattutto all'interno della corte imperiale di Praga, dominata dall'alchimia e dal pensiero neoplatonico. Di rilievo l'invenzione di diverse slitte sontuosamente decorate, che furono ideate,si pensa, proprio durante il suo soggiorno nella lontana capitale. Eccole
La seconda opera potrebbe essere un ritratto di Ginevra de' Benci, protagonista di un celeberrimo dipinto di Leonardo da Vinci. La vicenda complessa dell'opera. La lettura e la transcodifica di presunti anagrammi che consentirebbero una narrazione della vita della giovane donna. Meccanismo che non potrebbe essere distante dal maestro, appassionato anche d'enigmistica
L'artista: "Suddivido in tasselli le mappe di città appartenenti ai cinque continenti e li combino, mostrando la visione simultanea di un organismo in continua trasformazione. Segni, punti ed andamenti, dialogano tra loro alla ricerca di una nuova armonia. L’accostamento di elementi visivi statici e dinamici, disegna un processo di alterazione ed adattamento, assimilabile ai continui interventi dell’uomo sull’ambiente. Ogni uomo lascia il proprio Segno sulla Terra, compiendo quotidianamente scelte ed azioni".
MILANO - Allestita straordinariamente in Sala Fontana, l’esposizione è inserita nel percorso museale dal 15 giugno al 12 settembre
L'artista: "I miei soggetti preferiti sono le figure; non faccio nessuna differenza tra quelle umane o quelle animali. L'opera Withe Chicken parte direttamente dal pennello, senza la delimitazione della matita. Il pennello mi ha lasciato libero di disfare quello che un minuto prima poteva sembrare una figura ben definita. Il gallo così acquista ironia: parte da un piumaggio a nocche, elegante ,ed arriva allo sguardo strabuzzato quasi di un piccione"
L'artista: "Queste forme possono dare un senso di pesantezza, ricordarci come la forza di gravità agisca oppure semplicemente evocare la natura con i suoi alveari e nidi d'insetti. Ma esse non vogliono rappresentare nulla di tutto ciò; stanno solo ricercando la propria identità, la propria essenza per poi manifestarsi a noi. A volte sono leggere e ci rammentano un Altro mondo; altre si fanno materia palpabile, altre ancora trovano la loro dimensione in un quaderno e sembrano non volerne più uscire. Viaggiano da una dimensione all'altra tramutandosi di volta in volta, arricchendosi e ricercando la propria sublimazione interiore che le purifichi e le renda uniche".
L'artista:"L'opera fa parte di una serie più vasta, riguardante il paesaggio e il modo in cui influisce su noi stessi. Il lavoro comincia sempre da foto del soggetto che mi incuriosisce. Nel caso specifico di questo lavoro, l’edificio è situato in una vecchia zona industriale, al quale però è stata cambiata destinazione d’uso. Tutta la zona intorno all’edificio è ormai commerciale, supermercati e negozi. L’unico ricordo dell’era industriale è questa costruzione, che sembra quasi non appartenere più al paesaggio circostante".
In particolare risulta degna di considerazione l’individuazione, alla base degli strati di pittura, di un apprestamento sommario del ritratto basato sull’incisione del supporto. Una sorta di mappa della fisionomia con la quale l’artista aveva ripreso, nei suoi elementi lineari fondamentali, la verità della donna che aveva di fronte
"I codici a barre che ho utilizzato provengono da scatole ed etichette di prodotti di consumo di ogni tipo che, con l’aiuto di familiari ed amici, ho raccolto nel corso di un anno circa, poi ritagliato e incollato manualmente in modo minuzioso e attento a rispettare i contorni geografici precedentemente tracciati, per creare l’opera finale che ho presentato al concorso"
Nel dipinto di Hans Holbein intitolato “Gli ambasciatori” (1533). Il disco fortemente scorciato che appare obliquamente, in sospensione sul pavimento, è, come ben sappiamo, la raffigurazione di un teschio... Ma come era collocato il quadro e quale funzione poteva avere nella sala del castello in cui era stato sistemato?