La bocciatura del primo progetto dell'insigne architetto veneto. La mostra racconta il mito del ponte, ma contemporaneamente parla di un ponte concreto e reale da 500 anni, il ponte di Bassano, disegnato da Palladio, distrutto e ricostruito più volte in un’epopea che dal Settecento del Ferracina giunge al presente del ‘Ponte degli Alpini’. Il racconto della mostra si snoda a partire da disegni originali di Palladio, libri cinquecenteschi, mappe antiche, dipinti del Settecento, fotografie di fine Ottocento, modelli di studio contemporanei
Modigliani, Canaletto, Botticelli o di Michelangelo. Ciò che viene colto è l'insieme dialogante dei colori e della tonalità, in quella che - alla francese - viene definita palette e che, in italiano, è la tavolozza. Ogni pittore ha una propria tavolozza, nel senso che, quando spreme i tubetti o colloca le preparazioni sulla tavoletta di legno, sceglie i colori secondo precise e personali sensibilità. La palette o tavolozza - intesa come accordo cromatico reiterato nella produzione dell'artista - costituisce uno dei principali elementi di autografia
L'artista lavora su un interessante substrato di matrice alchemica, con rinvii e citazioni di stilemi di antiche civiltà, nel colloquio con l'invisibile. L'artista: "Paolo Rossi è stato il mio primo grande amore platonico di bambina. Avevo 5 anni nell'82 e ho imparato a amare questo splendido sport, anche grazie a lui. Quando ho appreso che ci aveva lasciati, l’emozione è stata grande, sono affiorati i ricordi ed è stato naturale il desiderio di tributargli un omaggio"
Un saggio di pulitura ha dato subito un risultato emozionante: celato sotto uno strato scuro e compatto è infatti emerso il chiarore di un metallo di colore diverso dal bronzo e in breve la restauratrice ha potuto accertare che il metallo era proprio argento. Benvenuto Cellini aveva dunque adottato una tecnica usata fin dall’antichità, inserendo lamine d’argento all’interno degli occhi
Dall'assoluto valore delle formule pierfrancescane si diparte un filo - che vibra e si attorciglia, come il filo di fumo del tabacco - che percorre tutta l'arte occidentale. Il tentativo di rappresentare la realtà non dimenticando mai il lato nascosto, nell'unione tra il volto e la schiena, nel superamento della bidimensionalità della pittura attraverso la pittura stessa
Opere che portano con sé lo sfarzo, gli eccessi e la visione vitalisticamente trasgressiva che percorse la società italiana tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta. Quindi specchio di un'epoca che sapeva sognare e trasformare i propri sogni in progetti ed oggetti. Nella ricerca della libertà assoluta. Una cura per lo sguardo appassito dei nostri ultimi anni asfittici, tra recessione, pandemia e un insopportabile dominio del politicamente corretto
L'individuazione di nuovi materiali iconici, portati alla luce dal nostro gruppo di ricerca, consente di affermare che Caravaggio concepì la scena come atto finale dell'uccisione di un toro, al termine di un rituale di morte, paragonabile a una tauromachia. Il toro è il possente Oloferne che, a causa del desiderio sessuale imperioso e della violenza che caratterizza i capi degli eserciti invasori, finisce per essere preda della sua stessa preda, Giuditta, che qui è concepita da Caravaggio come un matador, che finisce la bestia con la spada, recidendole la testa.
Claude Monet amava - naturalmente - la pittura all'aria aperta, i fiori e la buona tavola. La sua grande casa a Giverny, molto accogliente, disponeva di un'ampia, comoda e luminosa cucina. Rispetto a qualsiasi altro buon gourmet, egli era in grado di creare accostamenti creativi tra sapori e colori. E spesso, durante i trasferimenti per le lunghe cacce alle immagini, strappava qualche erbetta selvatica, per portarla a casa. Volete una bella e semplice ricetta primaverile di Monet? L'idea è ottima. La ricetta è per due persone. Naturalmente le quantità possono essere aumentate proporzionalmente.
Qualche settimana fa conigli selvatici che stavano scavando una tana hanno accumulato all'esterno dei cunicoli materiale di riporto costituito da materiale archeologico di una civiltà umana primitiva. Ora probabilmente altri animali selvatici, impegnati in scavi analoghi, hanno permesso ad un appassionato camminatore di inciampare letteralmente in un tesoro dell'età del Bronzo: cinquanta gioielli e reliquie appartenenti al ricco corredo di una donna di potere vissuta 500 anni prima dell'Avvento di Cristo
Il materiale con cui è stato realizzato, l'avorio di elefante, lo rende il secondo quadrante di questo tipo finora noto in letteratura, insieme a un altro esemplare di età tolemaica proveniente da Tanis, nel Delta egiziano, ricavato da un dente di ippopotamo. Finora sono 19 gli orologi in miniatura ritrovati e risalenti all'età greco-romana e quello di Pisa è l'unico in avorio di elefante