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Questo vaso contiene 52.503 monete romane. Come appare un vero tesoro. Profondità. Epoca. Valore. Storia. Emozioni


Immagina di trovare un tesoro di monete antiche sotto le zolle di un campo. Questo è ciò che è successo a David Crisp, un appassionato di metal detector che si è imbattuto nel Frome Hoard, il più grande deposito di monete romane mai scoperto in Gran Bretagna.
Ora puoi vedere di persona questa straordinaria scoperta al Frome Museum, che aprirà il 12 marzo 2024 con una mostra che racconta la storia del tesoro e il suo significato storico.


Il tesoro è composto da 52.503 monete romane fu trovato nell’aprile 2010 a Frome nel Somerset, in Inghilterra. Le monete erano contenute in un vaso di ceramica di 45 cm di diametro e risalgono al periodo compreso tra il 253 e il 305 d.C.. La maggior parte delle monete sono in bronzo, altre in argento.

Ma torniamo a quelle ore e a quei giorni. Crisp, prima di muoversi, considerò antiche testimonianze. Nei terreni di una fattoria non lontana da Frome, nel 1867 erano state trovate 111 monete romane. Il cercatore ipotizzò che le monete indicassero la presenza di un una villa romana o di un luogo di culto inesplorati. A metà dell’Ottocento i ritrovamenti furono causali, ma ora – pensò il cercatore, con il metal detector siamo in grado di trovare ciò che allora non era possibile individuare.

Seguendo questa idea, dopo aver ottenuto – come prevede la legge britannica – il consenso del proprietario del campo, Crisp iniziò la ricerca. I risultati non tardarono ad arrivare. Il cercatore iniziò a trovare monete d’argento, tardo romane, sparse. Ciò significava che un contenitore era stato rotto, durante lavori di aratura, e il terreno spostato dall’aratro con parte delle monete. Ne esistevano altre? O c’era la possibilità di ipotizzare che nei dintorni avessero sepolto altri tesori?

L’uomo proseguì la propria indagine. In quel giorno di primavera, il metal detector iniziò a segnalare qualcosa di consistente. “Era un segnale divertente” ha detto Crisp, una di quelle indicazioni allegre, piene, inequivocabili, perentorie, stabili a relativamente ampie sotto il profilo dell’estensione. La macchina suonava su un diametro non trascurabile come se avesse rintracciato una “pentola del tesoro”. L’uomo prese la vanghetta e iniziò a scavare. A 35 centimetri dalla superficie trovò una moneta e la parte superiore del vaso. Avendo capito immediatamente di trovarsi di fronte a un deposito intatto, Cisp chiuse la buca, componendo la superficie con le zolle rimosse. Doveva avvertire gli archeologi, poiché gli strati erano intatti. Era un altro tesoro. Un altro deposito.

Il 15 aprile il cercatore informò Katie Hinds, ufficiale di collegamento del Portable Antiquities Scheme Finds per il Wiltshire, di aver trovato il tesoro di monete. Il 22 aprile Hinds, insieme ad Anna Booth (ufficiale di collegamento del Somerset) e Alan Graham, un archeologo indipendente assunto dal Somerset County Council, hanno compiuto un sopralluogo per effettuare uno scavo di emergenza. Lo scavo, guidato da Graham e assistito da Hinds, Booth, Crisp e da membri della famiglia del proprietario terriero, è stato eseguito nell’arco di tre giorni, dal 23 al 25 aprile. Gli archeologi hanno cercato de recuperare le monete, a strati, così da poter rispettare l’originale disposizione delle monete stesse. Esse furono raccolte in 66 sacchi etichettati. In totale pesavano circa 160 chili. Era evidente che anche quando erano state sepolte esse furono portate in quel luogo in sacchi e che il contenitore di ceramica era stato collocato vuoto, nella buca.
Delle monete identificabili, 14.788 erano state coniate sotto l’Impero Romano Centrale, 28.377 sotto l’Impero Gallico separatista e 766 sotto l’Impero Britannico di Carausio. Circa il 5% delle monete identificate finora risalgono al periodo di Carausio, che governò la Gran Bretagna dal 286 al 293.

In base alla legge sui tesori, le monete vennero acquistate per 320.250 sterline, una cifra oggi equivalente a 374.839, da una cordata di enti pubblici. La legge britannica sui tesori prevede che la cifra raccolta, durante la vendita di tesori, sia divisa tra il cercatore e il proprietario del terreno in cui è avvenuta la scoperta. Indagini geofisiche condotte nella zona non hanno, per ora, consentito di individuare resti di una villa o di un insediamento romano.