Straordinario. Scoperta la ricca domus di un veterano romano e il diploma che concedeva privilegi a lui, alla moglie e ai 6 figli

L'edificio era dotato di un ampio impianto di riscaldamento a pavimento - ipocausto - di terme private, e di numerose stanze. In una di queste è stata trovata la lastra di bonzo. Numerosi i reperti recuperati.

di Federico Bernardelli Curuz
Un villa con ipocausto – il sistema per riscaldamento pavimentale ad aria calda, diffuso nelle abitazioni romane di rilievo -, un’area termale privata e reperti di grande interesse sono stati portati alla luce durante gli scavi preventivi per la realizzazione di un hotel a Alba Iulia, città di origine romana, in Romania, il cui nome originario era Apulum.

Tra i resti dell’edificio romano è stato trovato anche un diploma bronzeo di congedo di un militare romano – probabilmente il primo proprietario dell’edificio, emesso a Roma nel II secolo d. C. – che era stato conservato dai discendenti dell’uomo, all’interno della struttura, forse come inalienabile omaggio all’antenato al quale, evidentemente, erano legati da affetto e riconoscenza poiché dovette essere proprio grazie a lui che la famiglia ricevette una fortuna, che proseguì almeno fino al terzo secolo, quando la domus era ancora certamente abitata. L’uomo aveva militato nella cavalleria romana. La piastra di congedo, che presenta lacune, e si è conservata soltanto per metà, è ora oggetto di studio da parte degli epigrafisti.

Dal diploma si apprende che il veterano e la moglie erano dardani e avevano quattro maschi e due femmine. I Dardani? Con questo nome si identificavano due popolazioni antiche. Quella a noi territorialmente più lontana abitava in una regione dell’Asia Minore, facente parte dell’attuale Turchia moderna. L’altra Dardania fu un’antica regione dei Balcani che comprendeva approssimativamente l’attuale Kosovo e le zone limitrofe dell’Albania, della Macedonia del Nord, della Serbia e del Montenegro. Era abitata dalla tribù illirica dei Dardani, da cui prese il nome. Veniva forse da qui, il veterano.

Grazie al servizio prestato per lo Stato venne nominato cittadino romano – con moglie e figli, che a loro volta lo hanno tramandato alle generazioni successive – e gli fu certamente corrisposta una liquidazione, che egli potrebbe aver investito ad Apulum, facendola rendere sotto il profilo finanziario.

Essere cittadino romano significava acquisire un notevole potere e ciò – in particolar modo – nelle aree lontane da Roma. Significava ricevere anche importanti vantaggi legali e fiscali, compresa l’esenzione dalla tassa elettorale (tributum capitis), dovuta da tutti i non-cittadini, sudditi dell’Impero. La concessione della cittadinanza romana investiva il destinatario di uno status notevole sotto il profilo sociale e il rispetto assoluto da parte dei propri concittadini, che in genere non godevano di questo privilegio. La cittadinanza romana era anche un lasciapassare da utilizzare a fini economici.

I diplomi militari dell’esercito romano erano documenti scritti su tavolette in bronzo, che fungevano da riconoscimento di fine servizio nell’esercito. I soldati andavano in pensione, generalmente, dopo 20 o 25 anni di servizio. I diplomi attestavano che il titolare di quel documento era stato congedato con onore (honesta missio) da parte delle forze armate romane e/o aveva ricevuto la concessione della cittadinanza romana da parte dell’Imperatore (nel caso si trattasse di un ausiliario, poiché i legionari già la possedevano), come ricompensa del servizio.

Questi diplomi erano copie autentiche di un originale (constitutio), rilasciato dall’Imperatore. I documenti bronzei indicavano l’unità militare nel quale il militare aveva prestato servizio e contenevano l’indicazione di privilegi. La constitutio era registrata, a Roma, su una grande tavola di bronzo affissa su di un muro (dietro il tempio di Augusto). Gli originali della capitale sono andati perduti perchè furono fusi nelle epoche successive, per il recupero del metallo. Si sono invece conservate le attestazioni di servizio, inviate, in copia, in vari luoghi dell’Impero. Esibire, presso i governi amministrativi locali periferici, questo diploma significava entrare a far parte, automaticamente di una élite.

La ricerca archeologica preventiva che si sta svolgendo ad Alba Iulia – che ha portato alla luce anche la domus del cavaliere romano -rappresenta probabilmente la più vasta ricerca archeologica nella città romana di Apulum, attualmente condotta da un team del Museo Nazionale dell’Unione di Alba Iulia (Dr. Anca Timofan, Dr. Anca Matiș) e laureati dell’Università “1 dicembre 1918 Alba Iulia” (Andrei Buta, Iulian Florea, Ștefan Borza).

L’antica città di Apulum (oggi Alba Iulia) sorgeva all’incrocio di antiche vie di commercializzazione dell’oro e del sale venne fondata dai Romani durante la conquista della Dacia già a partire dal 102, con un nucleo di veterani. Fu il centro urbano principale e più esteso dell’intera Dacia e un importante fortezza legionaria, sede della legio XIII Gemina.


“Probabilmente il contesto più interessante che stiamo attualmente ricercando nell’edificio romano dell’ultima fase (III secolo aC) – una grande casa – è uno spazio domestico (forse la cucina della casa) interessato da un forte incendio – dicono gli archeologi – Sotto le macerie e i resti carbonizzati della struttura del tetto e delle pareti, abbiamo scoperto alcune delle stoviglie e degli utensili lasciati all’interno: due contenitori tipo mortai, un setaccio romano in bronzo e un cesto in ferro di cui si conserva ancora il manico in legno.
Nel locale in cui sono evidenti le tracce dell’incendio era presente il forno di cottura che, contemporaneamente, assicurava il riscaldamento dell’aria dell’impianto di ipocausto (riscaldamento a pavimento) nel locale attiguo dove si trovava il bagno (balneum). L’ipocausto era un sistema di riscaldamento che generava aria calda e la propagava sotto il pavimento di una stanza, riscaldando anche le pareti con l’ausilio di tubi ceramici o mattoni con sporgenze- Il diploma militare in bronzo è stato rinvenuto in una delle stanze della casa romana”.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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