Venezia arrivò in America prima di Colombo? Che ci facevano in Alaska perle di vetro di Murano nel primo Quattrocento?

Le perline di vetro veneziano, utilizzate per collane o braccialetti sono state trovate in strati di sottosuolo che risalgono alla prima metà del Quattrocento, accanto a residui organici che sono stati datati. Quindi le perline di vetro di Murano - dopo aver percorso 10mila miglia - sono arrivate nel nuovo continente ben prima che l'America fosse ufficialmente scoperta. Come?

Gli scavi in ​​tre siti eschimesi in Alaska hanno rivelato la presenza di perle di vetro veneziano in contesti datati al radiocarbonio che precedono la scoperta dell’emisfero occidentale da parte di Colombo. In sostanza: le perline veneziane si trovavano in strati di sottosuolo che risalgono alla prima metà del Quattrocento, accanto a residui organici che sono stati datati. Quindi le perline di vetro di Murano – dopo aver percorso 10mila miglia – sono arrivate nel nuovo continente ben prima che l’America fosse ufficialmente scoperta.
La varietà di perline trovate in Alaska, comunemente note tra gli studiosi americani come “Early Blue” e “Ichtucknee Plain”, sono state esaminate e riportate alla produzione veneziana dall’esame di esperti e dall’analisi comparativa svolta grazie all’attivazione dei neutroni strumentali (INAA).

Questi grani di vetro – spesso utilizzati, dopo la scoperta dell’America, come eleganti merci di scambio con le popolazioni locali – sono presenti anche in siti dei Caraibi, sulla costa orientale dell’America centrale e settentrionale e nella regione orientale dei Grandi Laghi, dove si trovano comunemente in siti datati tra il 1550 e il 1750 d.C. circa. Perline di questa varietà non sono state precedentemente segnalate in Alaska. Ed è stata una notevole sorpresa, quando i ritrovamenti sono avvenuti, constatare il fatto che esse fossero già presenti in questi luoghi nella prima metà del Quattrocento.

Lo studio sui reperti temporalmente incongruenti sono stati compiuti da Mike Kunz dell’Università dell’Alaska Museum of the North e Robin Mills del Bureau of Land Management e pubblicati nel 2021 da American Antiquity.

“In assenza di comunicazione transatlantica – hanno spiegato gli studiosi – il percorso più probabile che queste perle hanno compiuto dall’Europa all’Alaska nordoccidentale è attraverso l’Eurasia e lo stretto di Bering. Questo è il primo caso documentato della presenza di indubbi materiali europei in siti preistorici nell’emisfero occidentale come risultato del trasporto via terra attraverso il continente eurasiatico”. Quindi le perline di vetro o le collane già legate sarebbero partite da Venezia e trasportate a Est. Dopo scambi sarebbero giunte al punto estremo dell’Oriente e di qui, attraverso lo stretto di Bering, sarebbero giunte nel nuovo Continente.

Lo stretto di Bering – come ben sappiamo – è il punto in cui l’Occidente americano e l’Oriente si sfiorano. Lo stretto ha una lunghezza di circa 83 chilometri, con una profondità compresa tra 30 e 50 metri e lungo il percorso presenta la possibilità di approdo all’arcipelago delle isole Diomede. Lungo questa tratta marina viaggiarono le perle stesse. A meno che non si voglia supporre che le perline siano giunte ai Vichinghi e portate da loro, durante le esplorazioni compiute sulle coste settentrionali dell’America, prima dell’arrivo di Colombo.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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