Un segno deciso, più chiaro, ma netto nella linearità, rispetto alla colorazione del campo. Le immagini aeree dell’area viste sullo schermo del computer non lasciano dubbi all’appassionato di archeologia aerea. Bisogna andare a verificare. Ed ecco cosa trova.

La scoperta – comunicata ufficialmente in questi giorni al gruppo Lidar and Aerial Archaeology – è stata compiuta da un “cacciatore” di vestigia romane e di acquedotti della stessa epoca, Brian Southgate, a Eygalières (in occitano Aigalieras o Eigaliero), un comune francese di 1811 abitanti situato nel dipartimento delle Bocche del Rodano, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. E’ probabile che questo tratto di acquedotto romano alimentasse o contribuisse ad alimentare la città di Arles. Eygalières, percorrendo le strade attuali, dista, da Arles, 37 chilometri. La zona è bellissima, siamo vicini a Saint Remy, il paese in cui Van Gogh fu internato in manicomio, comprensorio che egli ha dipinto con accesi colori, sottolineandone la bellezza paesaggistica.

“Adoro i cropmark (i segni di costruzioni antiche che si rivelano sulla superficie del terreno, dall’alto, per diverse colorazioni rispetto al campo circostante, ndr) quando cerco acquedotti romani sotterranei! – dice Brian Southgate – Ecco uno degli acquedotti di Eygalieres in Provenza. Ciò che lo ha reso ancora più interessante è la macchia quadrata nera appena a est, che quando ho visitato il sito, si è rivelata essere un “regard”, un tombino che consentiva l’accesso al tunnel dell’acquedotto”.


“Ciò che è stato ancora meglio è stato che quando ho guardato il cropmark più a est, ho trovato un altro pozzo di sorveglianza a 60 metri di distanza. Se solo riuscissi a capire come usare il LIDAR (sistema di rilevamento aereo basato su immagini laser, con annullamento di ogni barriera del terreno sovrastante, ndr), ma sembra al di là delle mie possibilità. Apprezzerei qualsiasi aiuto con il LIDAR!”.


L’acquedotto romano di Arles e il raccordo con le acque di Eygalières
L’acquedotto di Arles fu costruito nel I secolo d.C. sotto il regno di Augusto o, secondo alcune fonti, sotto il regno di Claudio. La struttura è composta da una serie di canali, ponti e tunnel che si estendono per circa 50 chilometri. Il tratto più famoso è il Pont des Deux Eaux, una spettacolare opera d’ingegneria che attraversa la valle del Gardon. Questo ponte è noto per i suoi archi multipli, che permettono di mantenere il flusso dell’acqua attraverso diverse altitudini.
Recenti studi suggeriscono un possibile raccordo con le acque provenienti delle Alpilles – le piccole Alpi – a monte di Eygalières, situata a circa 30 chilometri a nord-est da Arles.
Vestigia archeologiche a Eygalières
Durante l’epoca romana, l’area di Eygalières era parte di un importante asse di comunicazione che collegava Arles a Cavaillon. I ritrovamenti archeologici includono resti di ville romane, mosaici e ceramiche, che testimoniano una vivace attività agricola e commerciale. Questi siti suggeriscono che Eygalières fosse una zona di insediamento rurale, circondata da vasti terreni coltivati e vigneti. L’area era attraversata da un condotto romano che trasportava a sud le acque delle Alpilles, le montagne retrostanti il paese.

Gli acquedotti romani rappresentano uno dei più grandi successi dell’ingegneria antica, e tra essi, gli acquedotti sotterranei spiccano per la loro complessità e funzionalità. Questi canali, scavati nel sottosuolo, erano progettati per trasportare l’acqua da sorgenti lontane fino alle città, spesso attraversando terreni difficili e dislivelli significativi. La loro costruzione e manutenzione richiedevano competenze avanzate e un’organizzazione meticolosa.
Costruzione e materiali
Gli acquedotti sotterranei venivano spesso scavati direttamente nella roccia o nel terreno. Quando il terreno era particolarmente friabile o instabile, si utilizzavano rivestimenti in pietra o laterizi per rinforzare le pareti del canale e renderle impermeabili. Il fondo del condotto era generalmente rivestito in malta idraulica per prevenire perdite d’acqua e garantire un flusso regolare.

Le dimensioni dei condotti variavano a seconda delle necessità, ma generalmente erano sufficientemente ampi da permettere il passaggio degli operai durante la costruzione e la manutenzione. L’altezza media era di circa 1,5 metri, mentre la larghezza poteva variare da 0,5 a 1 metro.
Calcolo delle pendenze
Uno degli aspetti più critici nella costruzione degli acquedotti sotterranei era il calcolo delle pendenze. Una pendenza troppo ripida avrebbe potuto causare un flusso troppo rapido, con il rischio di danneggiare le strutture, mentre una pendenza troppo lieve avrebbe potuto rallentare o arrestare il flusso dell’acqua.
Per calcolare le pendenze, gli ingegneri romani utilizzavano strumenti come la diottra, un antenato del teodolite moderno, e il chorobates, una sorta di livello a bolla dotato di un piano orizzontale e di indicatori per verificare l’inclinazione del terreno. Con questi strumenti, si assicuravano che il declivio fosse costante e lieve, generalmente intorno all’1%, garantendo un flusso uniforme e continuo.
Funzione di prese d’aria e pozzetti
Le prese d’aria e i pozzetti di ispezione erano elementi fondamentali negli acquedotti sotterranei. Le prese d’aria, disposte a intervalli regolari lungo il percorso, consentivano la ventilazione del condotto, prevenendo la formazione di gas nocivi e migliorando la qualità dell’acqua. Erano inoltre indispensabili per la regolarizzazione del flusso dell’acqua stessa.
I pozzetti di ispezione, spesso accessibili tramite botole a livello del suolo, permettevano invece agli operai di entrare nel condotto per eseguire controlli e manutenzioni periodiche, come la pulizia del fondo, con l’eliminazione di detriti. Questi pozzetti erano generalmente costruiti ogni 30–50 metri, facilitando l’accesso al sistema senza necessità di interrompere il flusso dell’acqua.
Distribuzione dell’acqua in città. E le “bollette”?
Una volta giunta in città, l’acqua trasportata dagli acquedotti sotterranei romani veniva immessa in serbatoi di distribuzione, detti “castella aquae”. Da questi serbatoi, l’acqua veniva distribuita attraverso una rete di tubature in piombo o terracotta verso diverse destinazioni: fontane pubbliche, terme, giardini, e abitazioni private.
Il sistema di distribuzione era altamente gerarchico, con priorità date agli usi pubblici e religiosi. Le case private avevano spesso accesso regolato da concessioni specifiche, con tasse calcolate in base al volume d’acqua scelto a livello di portata.
Calcolo del consumo e pagamenti
Il consumo d’acqua veniva monitorato attraverso il numero di erogatori installati nelle abitazioni e negli edifici pubblici. Ogni erogatore, o “calix”, aveva una capacità specifica, e il totale del consumo veniva calcolato moltiplicando il numero di calici per il volume d’acqua che ciascuno poteva erogare in un giorno.
I pagamenti erano generalmente basati su un sistema di pagamento proporzionale al consumo. Le famiglie e le aziende che utilizzavano una maggiore quantità d’acqua pagavano tasse più elevate, contribuendo al mantenimento del sistema idrico pubblico. Questo sistema garantiva una distribuzione equa delle risorse idriche e incentivava un uso responsabile dell’acqua.