La prospettiva zenitale ha sempre avuto un ruolo centrale nel documentare lo stato del territorio italiano e del suo patrimonio culturale, così come ha contribuito a orientare le nuove ricerche archeologiche. Solo due esempi: dalle immagini del Foro Romano di fine ‘800 riprese dal pallone aerostatico dalla Brigata Specialisti del Genio al servizio dell’archeologo Giacomo Boni fino alle foto aeree scattate durante la seconda guerra mondiale dalle forze alleate e che sono oggi conservate dall’Aerofototeca Nazionale dell’ICCD - Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione.
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Il territorio di San Prisco, originariamente, era in buona parte compreso nelle mura della città di Capua. La restante parte era adibita prevalentemente come necropoli della città di Capua. Questo è confermato dal ritrovamento presso la località chiamata Ponte di San Prisco, vicino al limite della cinta muraria della Capua antica, di resti di una necropoli del IV secolo a.C. Di eccezionale importanza è stato il ritrovamento nel 1997 da parte della Soprintendenza dei Beni Archeologici dell'impianto dell'antico tempio di Giove della città di Capua in San Prisco nella località Costa delle Monache, come sostenuto anche dal Beloch e da autori classici. L'edificio è datato fra il III e il II secolo a.C.
Il team di archeologi è stato infatti in grado di identificare un sistema di pozzi-tunnel che suggerisce origini romane. Il tunnel si trova a pochi metri sopra il passaggio di Bad Ems, che avrebbe consentito ai romani di estrarre quantità enormi di argento, proseguendo sino a 200 anni fa, se la storia gliel'avesse concesso
Il volume è stato trovato all'interno della sepoltura di un personaggio chiamato Ahms o Ahmose e risale all'inizio del periodo tolemaico (305-30 aC). Esso contiene 113 capitoli del Libro dei Morti. Il testo è vergato quasi completamente con inchiostro scuro. Solo per la stesura di poche righe è stato usato un inchiostro rosso. L'impaginazione è distribuita su 150 colonne di varia giustezza.
Gli ambienti sono realizzati in opera mista e presentano in molti casi tracce di intonaco sulle pareti, talvolta con decorazioni. Un ambiente ha conservato inoltre un pavimento in opera spicata, con laterizi disposti a spina di pesce, purtroppo danneggiato dagli scavatori dell'Ottocento forse alla ricerca di qualcosa di valore"
I longobardi inumavano i defunti con gioielli, armi, oggetti d'uso quotidiano. In qualche caso le tombe recavano particolari protezioni
Gli archeologi ritengono di aver trovato l'unico dildo romano conosciuto a grandezza naturale, scoperto in un fosso in quelli che erano i margini settentrionali più estremi dell'impero. L'oggetto è stato esposto in queste ore nello spazio museale di Vindolanda
Cardone ha avvisato la Soprintendenza del ritrovamento e ha correttamente deciso di consegnare il reperto alla Soprintendenza stessa. E' presumibile che l'ente disporrà un sopralluogo nella zona per capire se il pezzo sia stato anticamente gettato o se esso sia scivolato, con il tempo, da un deposito archeologico
Sul lato Sud di un'antica strada riemersa è stata messa in luce anche una piccola struttura votiva in muratura a pianta quadrangolare aperta sul lato est. A testimonianza della defunzionalizzazione rituale avvenuta in antico, è emersa una lastra di rivestimento in terracotta decorata a rilievo con due palmette contrapposte e due spirali oblique su cui era collocata una moneta in bronzo inquadrabile cronologicamente all’ultimo quarto del I secolo a.C.
Il recupero è avvenuto con il criterio d'urgenza perchè l'animale, scavando alla ricerca di radici e di larve, ha reso evidente il tesoretto tra la terra. Si ritiene che la grotta possa contenere altri depositi monetari forse creati in previsione dell'arrivo di invasori, nel V secolo, durante il periodo drammatico di disfacimento dell'Impero romano