Nell’Età del Bronzo, le paludi erano porte sospese tra mondi, luoghi sacri dove il visibile e l’invisibile si sfioravano. Qui, la natura impenetrabile dell’acqua stagnante incarnava il mistero, rendendola perfetta per i sacrifici rituali. Armi piegate, gioielli preziosi e oggetti d’uso quotidiano venivano deposti come offerte alle divinità, non solo per il loro valore materiale, ma per ciò che simboleggiavano: potere, prosperità e protezione. Questi atti, profondamente simbolici, riflettevano una volontà di connettersi con le forze ultraterrene, ringraziandole o placandole.
In questo 2024, nelle paludi di Veksø, una scoperta straordinaria ha rivelato un frammento di storia dimenticata collegata proprio a questi mondi: un deposito sacrificale risalente alla fine dell’Età del Bronzo. Probabilmente offerte alla divinità che vivevano nella palude stessa. Claus Falsby, un neofita rilevatore di metalli, si è imbattuto nel suo primo ritrovamento significativo. Contattata l’organizzazione museale ROMU, gli archeologi prendono rapidamente in mano la situazione, portando alla luce oggetti di straordinaria importanza che gettano luce su un periodo di transizione cruciale per la storia europea.
Un tesoro nascosto tra le paludi
Durante lo scavo a Veksø sono stati rinvenuti i seguenti reperti:
- Spada in bronzo con rivetti in ferro, piegata ritualmente.
- Collana in bronzo con decorazione a spina di pesce, rara per la Danimarca.
- Due asce di bronzo, conosciute come celte.
- Anelli alla caviglia (vulsring), grandi e voluminosi, cavi all’interno.
- Frammento di una grande spilla da abito.
- Misterioso oggetto di funzione sconosciuta, osservato in altri contesti ma non ancora identificato.
- Frammenti di perline, probabilmente legati a decorazioni o altri ornamenti sacrificali.
Poiché gli oggetti non sono stati trovati tutti nello stesso punto, si presume che siano deposizioni offertoriali avvenute attorno alla pozza d’acqua originaria o che siano stati lanciati nella stessa palude, anche se non è possibile escludere che essi siano legati a corredi funerari, pur in assenza- almeno per ora – di urne o di resti ossei umani.
Il collare torque, come ben sappiamo, è legato alle culture celtiche. Probabilmente esso deriva la propria forma dai serpenti che, divinità, re e sacerdoti, sapevano ammansire al proprio collo, letteralmente piegandoli al loro volere. Del resto anche il motivo decorativo trovato sul collare torque oltre a ricordare la lisca di pesce rinvia a certi disegni delle squame di serpente.
“Questo è quello che descriverei come un ritrovamento molto raro,” ha affermato Emil Winther Struve, archeologo di ROMU e responsabile degli scavi nel comune di Egedal. “Della prima e media età del bronzo abbiamo molti reperti, ma quelli dell’ultima fase sono decisamente meno numerosi. Questo ritrovamento testimonia come, nonostante le tradizioni sacrificali fossero in declino, con la nuova era, esse non erano ancora scomparse del tutto.”
La spada e il passaggio all’età del ferro
La spada ritrovata è un oggetto particolarmente significativo: coniuga bronzo e ferro, simbolizzando fisicamente il passaggio dall’età del bronzo all’età del ferro, avvenuto – in quest’area – intorno al 500 a.C.
“Le spade di quest’epoca iniziano ad avere forme e funzioni diverse rispetto al passato,” ha spiegato Struve. “Mentre quelle più antiche erano fragili e destinate al pugnale, queste nuove armi sono più pesanti, robuste e progettate per colpire con forza. È un chiaro segnale dell’influenza della cultura di Hallstatt, caratterizzata da un’ideologia guerriera e una struttura sociale più aggressiva.”
Prima di essere deposta come offerta, la spada era stata piegata ritualmente, un gesto che la rendeva inutilizzabile come arma ma che accresceva il suo valore simbolico.
Un oggetto straordinario: torque di bronzo
A pochi giorni dalla scoperta iniziale, Claus Falsby si è imbattuto in un secondo ritrovamento, a soli 70 metri dal primo: un torque di bronzo eccezionalmente raro, decorata con motivi sofisticati. È solo la seconda collana di questo tipo mai trovata in Danimarca.
“Probabilmente, la collana è stata prodotta lungo la costa baltica polacca e poi giunta nella zona di Værebro Ådal attraverso commerci,” ha osservato Struve. Questo suggerisce che, nonostante i cambiamenti culturali e tecnologici, le élite locali mantenessero forti legami con le reti commerciali europee.
Segni di un cambiamento culturale
Il ritrovamento di Egedal segna una fase di transizione cruciale nella storia europea. La presenza di oggetti come la spada con rivetti di ferro e la collana di bronzo sottolinea l’interazione tra le culture dell’età del bronzo danese e le nuove influenze provenienti dal sud, in particolare dalla cultura di Hallstatt.
Struve ha spiegato come questa cultura, con i suoi valori bellicosi e la sua struttura sociale dominata da guerrieri, abbia lasciato un’impronta indelebile sull’Europa dell’epoca: “La cultura di Hallstatt si diffonde rapidamente, portando con sé un nuovo ideale di forza e conquista. I manufatti ritrovati mostrano come queste influenze abbiano raggiunto anche le remote terre di Danimarca.”
Un filo conduttore attraverso i secoli
Il ritrovamento di Egedal si unisce ad altri due grandi ritrovamenti danesi dell’età del bronzo: il tesoro di Smørumov, con i suoi 163 oggetti dell’inizio del periodo, e gli elmi di Veksø, risalenti alla fase centrale. Questi reperti, insieme, offrono un quadro completo delle tradizioni sacrificali danesi, dalla loro nascita al loro declino.
“Nonostante le recessioni culturali ed economiche della fine dell’età del bronzo, le élite locali continuavano a effettuare sacrifici costosi,” ha sottolineato Struve. “Gli oggetti ritrovati mostrano che, sebbene le tradizioni stessero cambiando, il legame con il passato non era stato completamente abbandonato.”
Il futuro del ritrovamento
I reperti sono ora in fase di conservazione presso il Museo Nazionale, dove saranno sottoposti ad analisi approfondite. “Sarà particolarmente interessante studiare la spada, sia il bronzo che il ferro, per determinare la loro origine precisa,” ha concluso Struve.
Il ritrovamento di Egedal non è solo un’eccezionale scoperta archeologica, ma anche una finestra su un mondo in evoluzione, che ci aiuta a comprendere meglio il passaggio da un’epoca di grandi tradizioni sacrificali a una nuova era di trasformazioni sociali e tecnologiche.