Un sarcofago scavato in un unico blocco di pietra calcarea e riempito di gesso per preservare il corpo, è stato portato alla luce, con altre tombe, durante lavori stradali. La scoperta è avvenuta in piena campagna. È probabile che il piccolo cimitero, in cui furono sepolte le persone di una famiglia dell’élite, probabilmente proprietaria di una villa non distante, ma non ancora scoperta, o con posizioni simili a quella di fattori, si riferisse proprio a un insediamento rurale gentilizio. Alcuni proprietari forse morirono qui, durante il periodo di villeggiatura. Il sarcofago di pietra calcarea pesa circa 750 chili.
Si può ritenere, come prima impressione diagnostica, che il piccolo cimitero, che si affacciava sulla strada – mentre probabilmente la villa era più lontana dalla rotabile romana – si fosse sviluppato intorno al defunto posto nel sarcofago. La tomba di “famiglia” era circondata da un fossato. Alcune persone furono sepolte all’interno del recinto, altre – forse lavoratori al servizio dei proprietari? – fuori. Da una prima osservazione, il cimitero parrebbe riferirsi a un periodo attorno al IV secolo, epoca nella quale, in seguito alla diffusione del Cristianesimo, si superò progressivamente l’incinerazione. In questo recinto sepolcrale che era visibile dai viaggiatori, di giorno e di notte, grazie all’uso di lumi – e che probabilmente doveva parlare della cospicua famiglia proprietaria del luogo – fu posta anche una donna giovanissima, poco più che adolescente, con un corredo di gioielli e un anello con sigillo. Si può pensare che appartenesse alla stessa famiglia dell’uomo del sarcofago o che ad esso fosse profondamente legata.
Le scoperte sono avvenute nelle campagne attorno a Peterborough, nel Cambridgeshire, a circa 120 chilometri a nord di Londra. A Peterborough furono portati alla luce numerosi reperti di epoca romana, indicando una significativa presenza degli uomini dell’impero nella regione.
Un fitto reticolo romano
Il piccolo cimitero, per quanto fosse in un luogo isolato di campagna, non era distante da importanti insediamenti romani. Uno dei siti più importanti era Durobrivae, una città romana fortificata situata vicino all’attuale Water Newton, a circa 8 chilometri a ovest di Peterborough. Fondata intorno alla metà del I secolo d.C., Durobrivae si trovava lungo la strada romana Ermine Street ed era un centro di produzione ceramica noto per la “Nene Valley Ware”, commerciata fino in Cornovaglia e lungo il Vallo Antonino in Caledonia.
Nella località di Castor – a 6 chilometri da Peterborough – furono scoperti i resti di un Praetorium, un imponente edificio romano costruito intorno al 250 d.C. Questo complesso monumentale, situato su un’altura con vista sulla valle del Nene, comprendeva almeno 11 stanze con pavimenti a mosaico, due terme e diversi ipocausti. Il sito è stato oggetto di scavi fin dal XIX secolo, con contributi significativi da parte dell’antiquario Edmund Artis. Il pretorium, tecnicamente era l’alloggio del comandante romano di un esercito o di una legione o di unità militari ausiliarie. Il nome deriva da uno dei principali magistrati, il praetor. Il toponimo del luogo – Castor – indicherebbe la presenza, nell’area di un forte romano – castrum -, che probabilmente attorniava il palazzo.
Inoltre, a Longthorpe, un sobborgo di Peterborough – a circa 4 chilometri dal centro storico – sono stati identificati i resti di un grande forte romano del I secolo, progettato per ospitare circa 3.000 soldati. Questo forte potrebbe essere stato fondato a partire dall’anno successivo all’occupazione della Britannia – già tra il 44 e il 48 d.C., sottolineando l’importanza strategica dell’area durante l’occupazione romana.
Siamo quindi in una zona fortemente militarizzata e romanizzata.
Dettagli della scoperta
Il sarcofago è stato trovato durante i lavori di ampliamento dell’autostrada A47, che corre nei pressi di una strada romana, in una piccola necropoli composta da 14 tombe, caratterizzata dalla presenza di altre sette tombe scoperte al di fuori del fossato di delimitazione. Diversi tipi di sepolture, tra cui ciste, cremazioni, probabili bare di legno con chiodi in ferro e decapitazioni – poi vedremo a chi potrebbero riferirsi -. La sepoltura in gesso al centro del sito rende questa scoperta unica.
Il rito della sepoltura in gesso
La pratica della sepoltura in gesso è poco compresa e raramente documentata nelle fonti antiche. Consisteva nel versare gesso liquido sul corpo vestito del defunto, posto in un sudario e in bare di piombo o calcare, per poi sigillare il sarcofago con pietre di copertura. Sarebbe importante capire la composizione esatta di questo liquido. Se gesso puro o qualcosa di simile all’intonaco, contenente calce. La combinazione tra gesso e una moderata presenza di calce avrebbe avuto una funzione disinfettante. Certo è il fatto che, con la diffusione del Cristianesimo, anche in ambienti che permanevano pagani, l’atteggiamento nei confronti del corpo mutò. Si passò dal fuoco dell’incinerazione alla conservazione, in attesa di un possibile ritorno. Ciò dovette cambiare anche l’atteggiamento di chi si occupava del commiato.
Gesso in attesa del sarcofago?
Un’ipotesi va esplorata. Il proprietario della villa rurale romana del luogo potrebbe essere morto qui durante la villeggiatura, pertanto durante il periodo estivo. Il sarcofago, che pesa 750 chili, doveva essere evidentemente trasportato in loco. Forse esisteva un deposito, in uno dei centri maggiori dell’area, di questi manufatti. Per quanto la pietra fosse recuperata in cave situate a 50 chilometri dall’area cimiteriale ora scoperta è probabile che qualche commerciante della città avesse a disposizione diversi sarcofagi. Ma tra la morte della persona che forse villeggiava in campagna e il commiato funebre dovettero passare molte ore. Ciò avrebbe potuto richiedere una preventiva sigillatura del corpo nel sudario, attraverso il gesso, in attesa dell’arrivo del sarcofago. E il blocco avrebbe potuto essere poi collocato nel sepolcro e forse cosparso di altro gesso.
Esplorazione del sarcofago
Il sarcofago, dopo il ritrovamento, è stato trasportato in laboratorio per essere esaminato in condizioni controllate. Le analisi, condotte da Morgan Creed di York Archaeology e dall’osteologo Don Walker del Museum of London Archaeology, hanno rivelato frammenti del sudario e piccoli pezzi del tessuto conservati nel gesso.
Sebbene non siano stati trovati beni di corredo nel sarcofago, il ritrovamento di un vaso di vetro – nello foto, qui sopra – e frammenti di cuoio, ceramica e ossi d’animali nel riempimento della fossa circostante suggerisce rituali funebri compiuti dai familiari. I romani solevano consumare i riti nel recinto e poi abbandonavano i resti dei pasti e le stoviglie nel cimitero o nel fossato che lo delimitava. E ciò per non riportare a casa ciò che era stato, in qualche modo, contaminato dal mondo delle ombre.
Indicazioni di alto status
La qualità del sarcofago e l’uso del gesso indicano che il defunto era una persona di alto rango. La pietra utilizzata per il sarcofago, proveniente da cave a circa 50 chilometri di distanza, e la posizione centrale della sepoltura rafforzano l’idea che potesse trattarsi del capo di una famiglia di rilievo.
Altre sepolture di rilievo accanto al sarcofago
Tra le altre tombe scoperte, all’interno del recinto, anche quella di una giovane donna di 16-20 anni con numerosi gioielli, tra cui orecchini d’argento, braccialetti di bronzo, anelli e un anello sigillo in argento.
Questi oggetti erano ai piedi della defunta, forse parte di una dote. Un’altra tomba di un bambino conteneva un ricco corredo di braccialetti di bronzo e osso, un pettine lavorato in osso e orecchini simili a quelli della giovane donna.
Implicazioni archeologiche. Uno rito strano
Gli archeologi sperano che l’analisi dei resti umani e dei beni di corredo fornisca una comprensione più completa della durata di utilizzo della necropoli, delle relazioni genetiche tra i defunti e dei legami della comunità con l’area circostante. Importante sarà anche raccogliere informazioni sui defunti qui collocati – forse nella parte esterna dell’area cimiteriale – dopo decapitazione. Esiste qualche possibilità – se fosse scartata l’ipotesi di sepolture secondarie, cioè avvenute in seguito a traslazione dei resti – che si tratti di cittadini o soldati romani che incorsero nella pena capitale. Nel continente europeo romanizzato e in Britannia, sono presenti diverse sepolture di questo tipo. L’accuratezza dei riti – al di là di improbabili decapitazioni legate a culti particolari, non documentati – lascerebbe intendere la possibilità che questi individui appartenessero alla comunità romana e che, pur a fronte di un’esecuzione capitale per un grave reato, godessero di una autentica sepoltura e non di una copertura sommaria del corpo.