Il volontario-archeologo racconta: “Sentivo il tesoro. Ascoltare se stessi. Ecco come ho trovato questa meraviglia d’oro di 3000 anni fa”

“Un altro giorno di ricerca su Somló. Riproviamoci, mi sono detto” Con queste parole, Kristian Király, archeologo volontario, ha deciso di tornare sul monte Somló, una delle più affascinanti montagne vulcaniche dell’Ungheria occidentale, noto per la sua storia millenaria e il mistero che lo circonda. Era un giorno di quest’estate.

L’ora è calda, gli insetti friniscono, Qualche colpo di vento sommuove le foglie. I vigneti sono carichi d’uva, sul sacro monte. Dentro di sé Kristian ha una sensazione persistente persistente: “Sembrava che io avessi lasciato lì, qualcosa, sul monte.” C’era stato il giorno precedente. Nulla di fatto. La sensazione è stata proprio quella di aver dimenticato qualcosa, anche se non si è perduto nulla. Un senso di vuoto, di mancanza. E di richiamo.

E’ una sorta di sesto senso che si sviluppa, evidentemente, con esperienza e ragione. Certi posti emanano energia, semplicemente perché sono stati manipolati dagli uomini, migliaia di anni fa. E perché il luogo ha una luce sacra, un’esposizione particolare. Sono le sensazioni del cacciatore, che spesso si traducono in un ritrovamento importante.

Il monte Somló: un luogo di storia e mistero

Situato nella regione del Transdanubio, il monte Somló è uno dei rilievi vulcanici più antichi dell’Ungheria. Lo guardiamo dall’alto, mentre il cercatore percorre i sentieri polverosi per raggiungere il punto in cui egli sente di “aver dimenticato qualcosa”.

Il monte è un vulcano spento che si erge come una fortezza naturale tra le pianure circostanti. Per secoli, questo monte è stato un punto di riferimento per le popolazioni locali, non solo per la sua maestosità paesaggistica, ma anche per i racconti leggendari di tesori nascosti tra le sue rocce e le sue foreste. La montagna è costellata di resti archeologici che testimoniano la presenza di insediamenti sin dall’età del bronzo, e molti di questi ritrovamenti hanno alimentato il mito di un grande tesoro sepolto sotto le sue ceneri vulcaniche. Nel XIX secolo, alla base del monte, hanno trovato ricchi tumuli di guerrieri. Altri scavi, nel passato, hanno portato alla luce le testimonianze di una comunità di guerrieri, particolarmente ricca. Il monte era il loro fulcro. Luogo di casa, di difesa. La sommità ospitava il sacro. Depositi di ricchezze e doni alla divinità venivano collocati sotto il terreno.

È proprio questa antica terra che ha attratto Kristian, spinto dalla passione per la storia e dalla curiosità di svelare i segreti nascosti sotto i piedi. “Mi sembrava davvero di aver lasciato qualcosa lì,” ripete. E non aveva torto.

Il ritrovamento: emozioni inaspettate

Il giorno della scoperta era iniziato come tanti altri. Kristian, armato di metal detector e pinpointer, si aggirava tra le rocce vulcaniche e il terreno accidentato, ripercorrendo attentamente la traccia GPS che aveva analizzato la sera prima. Il sole picchiava forte, e il caldo si faceva sentire, ma nulla poteva fermare la sua determinazione. “Dopo quasi un’ora e mezza di ricerche, il mio strumento mi ha dato un suono breve, ma deciso.” E’ stato in quel momento che il cuore di Kristian ha iniziato a battere più forte. “Ci siamo”.

“Ho iniziato a scavare. All’inizio è uscito un ferro da stiro, di quelli che venivano scaldati sulla stufa” racconta. Una delusione che ogni cercatore conosce bene, un oggetto comune che fa scivolare via per un attimo la speranza. Ma qualcosa non andava, nonostante il ferro fosse stato spostato: “Il segnale era ancora lì, più forte di prima.” E così, con una pazienza meticolosa, Kristian ha deciso di abbandonare gli strumenti più invasivi e ha cominciato a scavare con le mani, sentendo il contatto diretto con la terra sotto di lui.

“Ad un certo punto, le mie dita hanno sfiorato qualcosa di diverso, qualcosa di curvo… sembrava un bronzo.” L’emozione di quel momento è indescrivibile: l’adrenalina di una scoperta importante, la gioia di essere il primo a rivelare ciò che per migliaia di anni era rimasto nascosto. “Oh mio Dio! Questo è un pretzel!” esclama, sentendo un gioiello ricurvo come un biscotto. Si rende conto conto di aver trovato un antico gioiello in bronzo, forse parte di un deposito più grande.

La scoperta del deposito: un lavoro di squadra

Kristian, seguendo il protocollo, ha subito informato l’archeologo responsabile, Tamás Péterváry. “Sì, questo è proprio un deposito!” conferma il capo squadra, aprendo le porte a una scoperta che si sarebbe rivelata di portata eccezionale. Chiamati sul sito, gli archeologi professionisti del Museo Nazionale si sono uniti a lui, iniziando un lavoro minuzioso di scavo e documentazione.

Kristian ricorda ogni dettaglio di quei momenti: “È stata una grande esperienza vedere il lavoro meticoloso degli archeologi, rimuovere terra e polvere, accortamente, pazientemente intorno agli oggetti in bronzo.” Il tesoro emerso era notevole: un accumulo di oggetti di bronzo, forse offerti in sacrificio o conservati come tesoro. Ma la vera sorpresa doveva ancora arrivare.

Mentre il team rimuoveva attentamente gli oggetti dal deposito, il metal detector di Kristian ha segnalato la possibile presenza di altro materiale, nell’area. “C’è qualcos’altro qui,” ha detto con sicurezza il dottor János Tarbay. Con estrema cautela, gli archeologi hanno scavo ulteriormente e hanno portato alla luce un vaso di ceramica intatto.

“Non sapevamo cosa ci fosse dentro,” ricorda Kristian, ancora emozionato da quell’istante di suspense. Quando il vaso è stato finalmente aperto, tutti sono rimasti senza fiato: un collare – simile, per certi aspetti anche a un grosso diadema – ricoperta di lamina doro, perfettamente conservata, emergeva come un gioiello di rara bellezza.

Un viaggio lungo e appagante

“Ho avuto il privilegio di essere lì” racconta Kristian – mentre gli archeologi estraevano il gioiello d’oro dal vaso. La sensazione di euforia lo accompagnava fin dal primo segnale del metal detector, e ora, con il tesoro tra le mani dei suoi colleghi professionisti, il cerchio si chiudeva. “La mia felicità è indescrivibile,” ammette.

Per più di un anno e mezzo, Kristian e i suoi compagni volontari hanno dedicato il loro tempo e le loro energie alla ricerca su Somló. Il tesoro scoperto, frutto di un lavoro di squadra e di una perseveranza incrollabile, rappresenta non solo un importante contributo alla storia ungherese, ma anche la dimostrazione del valore dell’archeologia comunitaria. “Grazie agli archeologi che hanno visto la possibilità nel potere dell’archeologia locale e comunitaria,” dice con orgoglio.

Il tesoro di Somló: una finestra sul passato

La scoperta sul monte Somló ha portato alla luce non solo un deposito di oggetti in bronzo e una splendido, imponente gioiello d’oro, ma anche una finestra sulla vita e le credenze delle antiche popolazioni che abitavano questa regione vulcanica. Il tesoro, con la sua raffinatezza artigianale, testimonia l’importanza rituale di Somló nell’età del bronzo.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa