In alcune composizioni poetiche l’interprete dell’espressionismo nietzschiano racconta l’origine del celeberrimo dipinto: una passeggiata con amici portò in evidenza il dolore atroce di ogni segmento di vita di fronte alla natura matrigna. E quel volto contorto che deforma il mondo con un suono deflagrante conferma la posizione dell’uomo senza dio: un’immensa sofferenza che diventa grido di guerra al cospetto del nulla
Le corna e gli scongiuri appaiono, in antico, legati soprattutto all'arte funeraria e, sporadicamente, a personaggi mitologici. Ad essere impegnata in questo gesto di scongiuro è sempre la mano sinistra. Il segno delle corna è presente in centinaia di urne cinerarie etrusche. E questa continuità iconografica può essere osservata in particolar modo nel museo di Volterra. La patera, contenitore votivo, viene tenuta ferma dalla sinistra del defunto, rappresentato sull'urna stessa, mentre, chiusi contro la palma il dito medio e l'anulare, esibisce indice e mignolo. Al di là della superficiale superstizione che oggi siamo portati ad immaginare attorno al gesto, questo segno doveva costituire un potente viatico per l'Aldilà
Il kintsugi o kintsukuroi è una pratica artistica e filosofica giapponese. Significa "riparare con l'oro". Siddartha di Hermann Hesse operò in modo analogo. Valorizzò le sue ferite
Fondamentali nell'ambito del percorso dell'arte della denuncia, I disastri della guerra (Los desastres de la guerra) è l'insieme di 82 incisioni, realizzate da Francisco Goya, in un periodo compreso tra il 1810 al 1820. Egli non sembra agire tanto sul piano del presente - per quanto divise e abiti siano contestualizzati temporalmente - ma in una dimensione che allude allo stolido, eterno ritorno del male, originato da dinamiche che l'umanità, incapace di guardare alle devastazioni del passato, riproduce regolarmente fin dalla notte dei tempi. Le opere raffigurano vari episodi di barbarie (uccisioni, massacri, stupri) ambientati durante il periodo della guerra d'indipendenza spagnola, frutto del sonno della ragione
Passano i decenni e muta l’approccio al racconto. Paradigmatico dei cambiamenti legati al comune sentire e al divenire stilistico, Gaetano Previati offre due opere, dipinte a vent’anni di distanza e assai diverse tra loro. In Paolo e Francesca, del 1887, il riferimento al dramma teatrale del secondo Romanticismo, vagamente grandguignolesco, è palese. I due corpi, come se fossero stati trafitti, in un solo colpo, dalla stessa spada, giacciono ai piedi di un letto che si riferisce alla liaison erotica. I due cognati amanti non sono stati in grado, come appare nella Divina Commedia, di sottomettere la pulsione e il sentimento alla ragione. Il primo quadro di Previati coglie un fotogramma dopo il duplice omicidio, compiuto dal marito di lei, fratello, al tempo stesso, dell'assassino
Dopo sedici mesi di lavoro a Napoli, nello studio di Sant’Aspreno ai Crociferi, l'opera è stata scoperta nelle ore scorse. Il video. La biografia di un giovane talento che sa usare i social e lo scalpello, unendo elementi che paiono inconciliabili
ARTE E PSICOSI - Il criminologo De Luca esamina le inquietanti analogie tra creativi e assassini. E prospetta un’infinità di esempi: da Dix a Grosz, da Goya a Dalí, da Pacciani ai maniaci internazionali dediti alla pittura. Fino a supporre che certi quadri inducano al delitto…
"Già il vento della Resurrezione soffiava intorno al legno sublime. Ma tutta l'ombra era in basso, tutta l'ombra sepolcrale era sopra una sola carne, era sopra la Madre oscurata, sopra il ventre che aveva portato il frutto di dolore".
Come si può accordare uno scapolare da terziaria francescana - dipinto nel suo bruno, dimesso colore - con le spalle nude, giovani e invitanti di questa donna, da poco colpita da un gravissimo lutto? Siamo chiamati ad essere testimoni di un momento cruciale della vita dell’effigiata, perfettamente colto da Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534). E’ proprio l’individuazione di una sequenza di eventi ravvicinati, tutti presenti, contemporaneamente, sulla superficie dello stesso quadro, che consente di comprendere, nella totale coerenza degli indici simbolici, il significato articolato dell’intenso ritratto
Non si allontanò troppo dal centro abitato, quell'ultimo giorno, Van Gogh. Posò il proprio cavalletto in via Daubigny, ad Auvers sur l'Oise, un piccolo centro a una trentina di chilometri da Parigi, dove si era trasferito da alcuni mesi dopo aver lasciato la Provenza. Uno studioso di Van Gogh avrebbe trovato il punto esatto in cui l'artista lavorò a quello che viene ritenuto il suo ultimo quadro, Le radici, un'opera rettangolare formata, a livello della tela, dall'accostamento di due quadrati; un formato singolare - che caratterizza altre sue opere dell'ultimo periodo - in cui era possibile dirigersi verso l'astratto e il presagio dell'informale