Lo studio appena ultimato, dimostra come nella conservazione e nel restauro dei quadri, fino a un recente passato, ci si si basasse su preconcetti storico-artistici. Siccome si riteneva - e qualcuno, ancora oggi, lo ritiene - che Caravaggio sia soprattutto portatore di contrasti violentissimi di luce e ombra, senza senza semitoni e graduazioni chiaroscurali, le puliture del passato si sono svolte in modo selettivo, solo in certe aree - volti, punti di massima luce - e sul primo piano, ignorando lo sfondo della composizione e le zone in penombra.
Immagini e ricostruzione fotografica del periodo più oscuro di Michelangelo Merisi, dalla nascita all'apprendistato nella bottega milanese di Simone Peterzano. Il futuro artista venne alla luce a Milano, ma fu trasferito, da bambino, a Caravaggio, presso la casa del nonno amatissimo, che fu per il bambino una guida straordinaria. Nella cittadina bergamasca frequentò, a livello parrocchiale, le scuole fino all'età di 14 anni. Poi tornò a Milano, dove inizò la formazione artistica
Caravaggio costruiva i dipinti, basandosi su un assetto geometrico e su un avanzatissimo sistema ottico di figure ambigue, in grado di creare continui sommovimenti nella percezione. Un sistema che egli - evidentemente - sviluppa nella Milano arcimboldesca degli anni della formazione e che si pone al di là dell'ottica in sé e del piano tecnico. L'approccio di Caravaggio è filosofico. Ed è strettamente collegato alle dottrine ermetiche. Ciò che percepiamo è parte di una verità più ampia. Ciò che percepiamo può essere, al contempo, vero e illusorio. L'ombra illumina la luce. La luce adombra l'ombra
Bellori (1672) non si cura dei lineamenti di David e indica come autoritratto solo la testa di Golia. "Se Manilli avesse guardato con più attenzione l’autoritratto del pittore che compare nel Martirio di San Matteo in San Luigi dei Francesi, sulla sinistra - scrive Claudia Renzi - "avrebbe notato che, barba a parte, Caravaggio ritrasse sé stesso nel David. Perché? Perché il giovane guarda la sua vittima con aria dolente, con l’aria di chi sa che il male a volte si commette senza intenzione. L’artista si è dunque autoritratto come vittima e come carnefice, sdoppiando due lati della sua anima".
Caravaggio cercava di raggiungere rapidamente, pur essendo a piedi, Porto Ercole, sull'Argentario, dopo un misterioso problema con la giustizia a porto Palo, una cittadina situata più a Sud. Qui era stato arrestato e trattenuto per due giorni. Forse pagò una cauzione per poter uscire di prigione. Sulla feluca, che aveva proseguito il viaggio, erano rimaste tele, effetti personali e due quadri raffiguranti San Giovanni Battista e uno che rappresentava la Maddalena.
Novità assoluta di queste ore è l'isolamento, da parte di chi scrive - di un cane simile a un maltese, in grado di trasformarsi, alla distanza, grazie alle figure ambigue dipinte dal Caravaggio, in una sorta di unicorno - dipinto nella regione occipitale del cranio di San Pietro e in diretta interlocuzione con il volto di Cristo nella Vocazione di San Matteo ( particolare che vediamo qui sotto). L'intenzione di dipingere un animale è evidente non solo per la modellazione del muso, ma per la presenza, incongruente, di una piccola forma scura e sferica che non si collega in alcun modo alla testa del santo. Un corpo estraneo che appartiene al simpatico animale, che rappresenta la Fedeltà
Il bordo estremo del panneggio che si protende verso l'anziano Matteo, intento,con difficoltà a stendere la propria diretta testimonianza, è incisivamente trasformato da Caravaggio in una figura composita. Vista da lontano essa appare come un animale che s'avventa contro il santo, con rabbia. Il motivo del comportamento aggressivo è provocato dalla lentezza con la quale, l'anziano apostolo, stende la Buona Novella. Matteo è come un alunno che non sa scrivere, forse vorrebbe sottrarsi al compito, ma viene obbligato da un grido a starsene sul banco - in una posizione di instabile di sofferenza - mentre l'Angelo enumera, sulla mano la concatenazione degli eventi che il pigro e riottoso allievo deve scrivere. Una sorta di dettato scolastico
Maurizio Bernardelli Curuz: "Caravaggio punta al massimo risultato. Non deve seguire un protocollo accademico. Non deve documentare nulla, del processo creativo. Vuole raggiungere un risultato che crei ammirazione sconcerto. Quindi utilizza tutto ciò che possa consentirgli di raggiungere il risultato migliore. Disegni, lacerti di tele, sagome, cartoni, mascherine, ombre, sigilli impressi sull'imprimitura, piccoli calchi, dita, vernici, pennelli grandi e pennelli da miniatore. Oggi ragioniamo per protocolli sempre più assillanti. Per schemi. E sembra spiacerci che Caravaggio abbia disegnato, usato stencil e ombre. Vorremmo che avesse fatto immagini gigantesche in pochi secondi, utilizzando il solo pennello. Perchè lo mitizziamo. Le ombre le utilizzavano gli antichi. Plinio il Vecchio dice..."
Ciò che è certo, analizzando tutti di documenti d’archivio è che Costanza- di solo sedici anni più vecchia di Michelangelo – ci fu, più o meno segretamente, dietro ogni spostamento di Merisi, offrendogli sempre protezione e aiuto, proprio fino agli ultimi giorni.
E’ un’autentica rivoluzione del “sistema Merisi”, una delle maggiori, articolate scoperte nel campo della storia dell’arte e della cultura: cento disegni del giovane di Caravaggio, realizzati in Lombardia, - di cui ottantatre saranno ripresi più volte nelle opere dalla maturità - dieci ritratti inediti realizzati ad olio, un autografo biglietto di protesta, l’identificazione del volto di Costanza Sforza Colonna, la protettrice del pittore, un possibile autoritratto milanese dell’artista, i diversi esercizi compiuti dal giovane pittore per prepararsi al trasferimento romano.