L'artista aveva la necessità di agire in un ambito fortemente narrativo, configurando, negli strati più profondi il "prima" e il "dopo". Il volto crudele del generale nemico, una seconda testa sul braccio della donna. Un'ancella giovane. Un gruppo di personaggi attorno al tavolo imbandito per la festa al condottiero. Una figura con barba. La quinta architettonica
La vicenda della morte di Caravaggio ha troppi elementi che non "tornano". E che lasciano aperte la pista dell'omicidio e quella dell'entrata in clandestinità, per evitare ritorsioni mortali
L'individuazione di nuovi materiali iconici, portati alla luce dal nostro gruppo di ricerca, consente di affermare che Caravaggio concepì la scena come atto finale dell'uccisione di un toro, al termine di un rituale di morte, paragonabile a una tauromachia. Il toro è il possente Oloferne che, a causa del desiderio sessuale imperioso e della violenza che caratterizza i capi degli eserciti invasori, finisce per essere preda della sua stessa preda, Giuditta, che qui è concepita da Caravaggio come un matador, che finisce la bestia con la spada, recidendole la testa.
La funzione divina e immane della geometria sviluppa in Caravaggio una potenza tellurica nei dipinti. Cagnoli ne coglie le radici, nel rapporto tra statica e dinamica Il suo libro dà conferme inequivocabili rispetto alla revisione - in corso da parte di più studiosi, in diverse discipline che possono afferire alla Storia dell'arte - del Caravaggio realista, che dipinge dal vero, senza disegno o disegni e con architetture puramente intuitive. In realtà Caravaggio coglie, a Milano, l'eredità di Leonardo ed è vicino al mondo ermetico del neoplatonismo, della Fisica-mistica e del pitagorimo
Il bordo estremo del panneggio che si protende verso l'anziano Matteo, intento,con difficoltà a stendere la propria diretta testimonianza, è incisivamente trasformato da Caravaggio in una figura composita. Vista da lontano essa appare come un animale che s'avventa contro il santo, con rabbia. Il motivo del comportamento aggressivo è provocato dalla lentezza con la quale, l'anziano apostolo, stende la Buona Novella. Matteo è come un alunno che non sa scrivere, forse vorrebbe sottrarsi al compito, ma viene obbligato da un grido a starsene sul banco - in una posizione di instabile di sofferenza - mentre l'Angelo enumera, sulla mano la concatenazione degli eventi che il pigro e riottoso allievo deve scrivere. Una sorta di dettato scolastico
La ricercatrice, ha lavorato nei termini del restauro virtuale, portando in luce la figura. La nostra verifica conferma la portata della scoperta.Il simbolo di Matteo è un angelo, come un'aquila indica Giovanni, un toro indica Luca, un leone indica Marco. L'angelo ha una funzione segnalatrice che viene velata dalla finestra, ma insiste dietro ad essa come un'ombra attiva, sia sotto il profilo visivo che semantico. Accanto a questo piano simbolico l'Angelo ha una funzione visiva - il rivelarsi come una presenza attiva sulla parete claustrofobica del dipinto -. L'angelo inoltre è saldamente connesso con l'Annunciazione, con l'accettazione della paternità da parte di Giuseppe, con l'Annuncio ai pastori, con La resurrezione e si trova negli episodi evangelici che qui abbiamo accennato, nel Vangelo di Matteo stesso
Caravaggio cercava di raggiungere rapidamente, pur essendo a piedi, Porto Ercole, sull'Argentario, dopo un misterioso problema con la giustizia a porto Palo, una cittadina situata più a Sud. Qui era stato arrestato e trattenuto per due giorni. Forse pagò una cauzione per poter uscire di prigione. Sulla feluca, che aveva proseguito il viaggio, erano rimaste tele, effetti personali e due quadri raffiguranti San Giovanni Battista e uno che rappresentava la Maddalena.
E’ un’autentica rivoluzione del “sistema Merisi”, una delle maggiori, articolate scoperte nel campo della storia dell’arte e della cultura: cento disegni del giovane di Caravaggio, realizzati in Lombardia, - di cui ottantatre saranno ripresi più volte nelle opere dalla maturità - dieci ritratti inediti realizzati ad olio, un autografo biglietto di protesta, l’identificazione del volto di Costanza Sforza Colonna, la protettrice del pittore, un possibile autoritratto milanese dell’artista, i diversi esercizi compiuti dal giovane pittore per prepararsi al trasferimento romano.